Honduras: "Ci riempiono di palma africana e ci lasciano senza cibo"
Cresce il dibattito sugli effetti devastanti dell’espansione delle piantagioni di palma africana
29 settembre 2014
Giorgio Trucchi
Durante gli ultimi decenni, l'Honduras ha assistito, impotente, all’espansione accelerata della monocoltivazione su grande scala di palma africana (da olio), che ha prodotto gravi impatti ambientali, economici e sociali e ha causato profonde ferite nella popolazione nera, indigena, contadina, che è stata privata del legittimo diritto all’accesso alla terra, all’alimentazione e a una vita dignitosa. Parallelamente, questo fenomeno è stato accompagnato da una crescente e inarrestabile criminalizzazione della protesta e la lotta sociale di resistenza a un modello depredatore.
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Il bisogno di analizzare, dibattere a fondo e cercare strategie comuni per affrontare un modello di produzione che accaparra territori e sposta comunità, è stato uno dei principali obiettivi dell’incontro “Agrocarburanti, palma africana e i loro effetti sulla sovranità alimentare”, che si è svolto in settembre nella città di La Ceiba e che ha coinvolto più di 170 persone e decine di organizzazioni e movimenti sociali, popolari e sindacali, tra cui la Rel-UITA.
L’attività è stata convocata dall’Organizzazione fraterna nera dell’Honduras (Ofraneh), dalla Piattaforma dei movimenti sociali e popolari dell’Honduras e dalle reti internazionali Alleanza Biodiversità, Amici della Terra America Latina e Caraibi (Atalc), Rete latinoamericana contro le monocoltivazioni di alberi (Recoma) e il Movimento mondiale dei boschi tropicali (Wrm).
"Vogliono sostituire la produzione di alimenti con quella di un prodotto, la palma africana, che arricchisce solo pochi grandi latifondisti e non dà da mangiare alle popolazioni. Vogliono darci da mangiare olio di palma e costringere il Paese a importare alimenti. Ci stanno condannando a una carestia senza precedenti. Per questo dobbiamo riunirci urgentemente per discutere, dibattere e prendere decisioni concrete", ha detto Miriam Miranda, coordinatrice della Ofraneh.
Winfridus Overbeek, coordinatore del Wrm, ha spiegato che il grande capitale nazionale e internazionale sta presentando all’opinione pubblica delle ‘false soluzioni’, con le quali vuole giustificare l'ingiustificabile e promuovere, allo stesso tempo, la produzione di agrocarburanti.
"Mai nella mia vita ho sentito una comunità dire che è stata consultata prima di assistere all’invasione delle proprie terre per piantare palma africana o altri tipi di monocoltivazioni. Si tratta di un'imposizione che genera la distruzione della biodiversità, la deforestazione, la perdita di risorse idriche, l’inquinamento da pesticidi.
Inoltre – ha continuato Overbeek – l’espansione senza controllo delle piantagioni di palma acuisce gli effetti del cambiamento climatico, produce l’accelerata militarizzazione dei territori e la criminalizzazione della lotta sociale. L'unica soluzione possibile è un cambiamento di paradigma”, ha detto il coordinatore della Wrm.
Palma neocolonialista
Un esempio di razzismo ambientale
Marcela Gómez, di Amici della Terra Colombia, ha approfondito l'analisi e ha detto che l'espansione della palma africana e il consolidamento del modello dell'agrocommercio minacciano la vita stessa delle persone.
La situazione drammatica delle famiglie contadine del Bajo Aguan, delle comunità garifuna della costa caraibica e della popolazione indigena Lenca, sono un esempio chiaro ed evidente degli abusi e delle umiliazioni perpetrate dal grande capitale, nazionale e multinazionale, con il sostegno vergognoso delle autorità honduregne.
“La palma africana non rappresenta nessuna fonte di benessere per i popoli, né crea sviluppo economico per la maggioranza della popolazione. Si tratta invece di una forma di neo-schiavitù e di razzismo ambientale, che colpisce soprattutto le popolazioni nere, indigene e contadine", ha detto Gómez.
Attualmente, le piantagioni di palma africana in Honduras si sviluppano su una superficie di circa 160 mila ettari e ci sono nuovi progetti per raddoppiarne l’estensione, minacciando in questo modo i territori della Mosquitia. Intanto, si stima che non meno di 300.000 famiglie contadine honduregne non abbiamo accesso alla terra, che la metà della popolazione rurale sopravviva con meno di 1 dollaro al giorno e che il Paese stia vivendo una grave carenza di produzione di alimenti.
Strategie comuni di lotta
Rafforzare le alleanze
Concluse le varie esposizioni, i participanti all’incontro si sono divisi in gruppi di lavoro durante i quali si è sviluppato un dibattito profondo e arricchente e sono state definite posizioni sul tema dell’espansione della palma in Honduras e nel mondo.
"Dobbiamo unirci e costruire alleanze, sia a livello nazionale che internazionale, creando strategie che vincolino con maggior forza i tanti esempi di resistenza a questo modello che esistono nel continente", ha dichiarato Alfredo López, vicecoordinatore della Ofraneh.
I rappresentanti delle reti internazionali che per due giorni hanno analizzato la tematica relativa all’espansione del modello agro-esportatore in America Latina, hanno reso pubblico un comunicato di solidarietà con il popolo honduregno in lotta e hanno chiesto la fine della repressione e dell'inerzia delle istituzioni.
"Sia nell'attività di oggi che nella riunione interna delle reti internazionali si è evidenziata la necessità di continuare con il lavoro di articolazione tra movimenti”, ha detto Lizzie Díaz, membro della Segreteria internazionale del Wrm.
“La chiave per il successo di queste lotte è in mano a quei popoli che, ogni giorno, affrontano il potere dei grandi gruppi economici che accaparrano la terra, sfollano popolazioni, distruggono comunità. Oggi, più che mai, dobbiamo sostenere e rafforzare queste lotte, facendo sentire loro che non sono soli e che ci sono migliaia di occhi puntati su quanto sta accadendo”, ha concluso Díaz.
Note: © Articolo e foto di Giorgio Trucchi per Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org
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