Argentina: attacchi razzisti alla comunità boliviana di Río Cuarto
La morte del giovane, all’apparenza un episodio di cronaca nera, ha però fornito il pretesto per un’ondata di violenza xenofoba nei confronti dei boliviani immigrati in Argentina: non è la prima volta che avvengono fatti simili, in una guerra tra poveri fomentata da gruppi razzisti che sfruttano in maniera strumentale episodi di questo tipo. Per l’omicidio di Jorge Alexis Rodríguez il giudice Julio Rivero ha disposto l’arresto di quattro persone: tre boliviani e un argentino (un altro incriminato, sempre argentino, è minorenne). Nonostante tra i responsabili dell’omicidio figurino anche argentini, gli amici del giovane hanno dato l’assalto alla comunità boliviana in una sorta di notte dei cristalli latinoamericana. Le abitazioni dei boliviani di Río Cuarto sono state date alle fiamme al grido di que se vayan del barrio todos los bolivianos. In Argentina il razzismo contro gli immigrati provenienti da altri paesi del continente latinoamericano ha raggiunto livelli preoccupanti: nel mirino finiscono soprattutto boliviani, peruviani e paraguayani. Si salavano solo gli uruguayani, molto simili per cultura e fisionomia agli argentini, che non a caso definiscono Montevideo come la Buenos Aires que perdimos. Eppure l’Argentina è un paese meticcio, considerando l’alto numero di abitanti di origine italiana, spagnola, ebraica e francese, ma nel corso degli ultimi anni il paese ha finito per mettere in discussione il suo stesso meticciato e, aspetto ancora più sconcertante, il razzismo è in crescita soprattutto negli strati sociali più poveri delle città. La caccia ai boliviani scatenatasi subito dopo l’omicidio di Jorge Alexis Rodríguez non aveva soltanto un carattere punitivo, ma mirava a cacciare dal quartiere tutti i boliviani e paraguayani. Gli argentini che hanno dato l’assalto ai boliviani, prelevandoli dalle loro case e picchiandoli selvaggiamente, lo hanno fatto sotto lo sguardo della polizia, che non è intervenuta per fermare le violenze. Inoltre, il barrio Las Delicias, dove emarginazione sociale e povertà sono di casa, dista pochi metri dalla residenza del governatore José Manuel De la Sota, anche lui rimasto inerme di fronte alla spedizione razzista. Spesso sono le stesse istituzioni a soffiare sul fuoco del razzismo e ad essere le principali responsabili degli episodi di violenza, ad esempio attraverso la precarizzazione del lavoro e lo sfruttamento della manodopera immigrata a basso costo, che scatena una guerra tra poveri per il lavoro da cui le classi medio-alte hanno tutto da guadagnare all’insegna della politica del divide et impera. La giornalista Virginia Sagàrnaga ha denunciato più volte, attraverso i microfoni di Radio Erbol, emittente radiofonica boliviana, che i suoi connazionali residenti a Río Cuarto sono vittime da tempo di umiliazioni di ogni tipo da parte degli argentini che abitano in quella zona senza che le forze dell’ordine intervengano per proteggerli. Yolanda Herrera, presidenta dell’Asamblea Permanente de Derechos Humanos della Bolivia ha chiesto alla sua omologa argentina garanzie per i boliviani residenti in Argentina: “I boliviani sono sottoposti a discriminazioni quotidiane, aggressioni e trattamenti inumani, commessi anche ai danni di donne, bambini e anziani”, ha denunciato, mentre almeno una quindicina di famiglie ha già abbandonato il barrio Las Delicias per paura di nuove ondate di violenza, anche se alcune famiglie argentine hanno promosso con coraggio delle collette per aiutare i boliviani che, oltre alla violenza fisica, hanno subito il saccheggio delle proprie case. Nel frattempo, il console boliviano in Argentina, Ramiro Tapia, ha preso contatto con il suo omologo argentino, garantendo che i boliviani coinvolti nella morte di Jorge Alexis Rodríguez dovranno scontare la giusta pena nelle carceri argentine, ma che si tratta di episodi isolati che poi vengano caratterizzati strumentalmente connotando la nazionalità dei responsabili dell’omicidio. L’episodio del barrio Las Delicias ricorda i drammatici fatti del dicembre 2010, quando un gruppo di squadracce guidate da personaggi rimasti legati alla dittatura militare e da alcuni elementi delle barras bravas (gli ultras delle squadre di calcio) dettero l’assalto alle famiglie boliviane e paraguayane residenti al Parco Indoamericano di Villa Soldati, alla periferia di Buenos Aires. Anche allora, la polizia scelse di non intervenire, per poi schierarsi decisamente dalla parte degli aggressori. Fu proprio la Polizia Metropolitana a macchiarsi dell’omicidio di due giovani, il paraguayano Bernardo Salgueiro, di 22 anni, e Rosemary Churupuña, boliviana di 28 anni. Eppure, proprio nel 2010, era stata promulgata una legge che prevedeva il riconoscimento delle stesse condizioni di uguaglianza e diritti per i migranti boliviani e per gli argentini.
L’unità culturale e democratica dell’America Latina è troppo importante per lasciarla nelle mani di chi vorrebbe balcanizzare il continente, ottenerne vantaggi politici e rompere l’integrazionismo latinoamericano.
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