Brasile: Dilma Rousseff si riconferma al Planalto
L’esito delle elezioni presidenziali in Brasile e Uruguay non poteva essere dei migliori: in Brasile Dilma Rousseff ce l’ha fatta, anche se di un soffio (51,6% contro il 48,3% di Aécio Neves), mentre in Uruguay sarà ballottaggio tra Tabaré Vázquez (Frente Amplio) e Luis Lacalle Pou (Partido Nacional), con il candidato frenteamplista in netto vantaggio, con circa il 44% dei consensi rispetto al 34% ottenuti dal suo rivale blanco.
Il percorso di Dilma per rimanere al Planalto si era complicato a seguito dell’inaspettato ballottaggio fratricida a destra che a sorpresa aveva incoronato Aécio Neves su Marina Silva per ottenere il diritto a sfidare
In Uruguay nessuno immaginava che le presidenziali si risolvessero al primo turno, ma erano davvero in pochi a prevedere che al ballottaggio del prossimo 30 novembre Tabaré Vázquez si sarebbe presentato con un vantaggio di circa dieci punti su Luis Lacalle Pou, l’astro nascente del conservatorismo uruguayano. Ampiamente staccato Pedro Bordaberry, figlio del dittatore che portò il paese nel Plan Condor tra gli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80: per lui e il Partido Colorado meno del 13% dei voti. Figlio dell’ex presidente conservatore Luis Alberto Lacalle, Lacalle Pou era indicato dai sondaggi come il Capriles venezuelano: un candidato presentabile, si autodefiniva “moderato”, in grado di strappare i consensi ad un Frente Amplio che schierava Tabaré Vázquez, già presidente del paese prima di Pepe Mujica e assai più moderato di quest’ultimo. Inoltre, si trattava anche di una sfida nel segno dell’età: il quarantunenne Lacalle Pou contro l’ultrasettantenne Tabaré Vázquez. Anche qui, la sfida si è giocata tra il modello integrazionista del Frente Amplio e quello “statunitense” dei blancos, decisi a portare il paese nell’Alleanza del Pacifico in caso di vittoria. La candidatura di Tabaré Vázquez era stata accolta con una certa diffidenza all’interno del Frente Amplio, dove la tendenza izquierdista della sua sfidante alle primarie, Constanza Moreira, era stata sconfitta nettamente, ma al tempo stesso in molti imputavano ai frentistas la stessa accusa rivolta al Pt brasiliano: quella di andare a braccetto con le multinazionali. E invece, anche in Uruguay, ha prevalso la volontà di difendere e consolidare le conquiste sociale raggiunte con il centrosinistra, per quanto Frente Amplio e Pt siano caratterizzati dalle stesse contraddizioni interne, riassumibili in una sola: quella di limitarsi a gestire un capitalismo dal volto più umano. A meno di sorprese clamorose, Tabaré Vázquez il 30 novembre si confermerà alla guida del paese. Del resto era stato proprio per merito suo che in Uruguay era a tornata a vincere la sinistra: correva l’anno 2005 e il paese era amministrato, addirittura dal 1830, dall’alternanza tra blancos e colorados. In caso di vittoria, quella di Tabaré Vázquez sarà una presidenza rosa, ma anche in questo caso, molto meglio di un successo di Lacalle Pou che avrebbe riportato il paese indietro di anni,
In definitiva, il centrosinistra si conferma in un contesto tutt’altro che scontato: per adesso l’integrazionismo latinoamericano è salvo.
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