Chiederanno udienza alle Nazioni Unite i familiari delle vittime delle guarimbas, le proteste organizzate in Venezuela dall’opposizione antibolivariana sfociate in blocchi stradali e veri e propri assalti organizzati contro i militanti chavisti allo scopo di destabilizzare il paese tra i mesi di febbraio e giugno di quest’anno, che hanno provocato la morte di 43 persone e centinaia di feriti.
La costituzione del Comité de Familiares de las Victímas de las Guarimbas y del Golpe Continuado non ha come unico scopo quello di ottenere giustizia per i simpatizzanti bolivariani uccisi dall’opposizione, ma intende anche raccontare al mondo un’altra verità, quella nascosta dalla stampa che si autodefinisce democratica: le guarimbas erano tutt’altro che proteste spontanee, ma organizzate, come dimostra, tra gli altri, l’attacco alla Fiscalía dello scorso 12 febbraio organizzato da Leopoldo López, leader della destra oltranzista Voluntad Popular e attualmente detenuto nel carcere di Ramo Verde nonostante un’incredibile e paradossale campagna di stampa che lo dipinge come un moderato condannato ingiustamente alla prigione soltanto perché contrario alla presidenza di Maduro. Il Comité de Familiares de las Victímas de las Guarimbas y del Golpe Continuado raggruppa circa 60 familiari delle vittime delle guarimbas, caratterizzate dalle violenze di matrice fascista dell’ultradestra venezuelana, responsabile, tra le altre cose, di aver ucciso Ramso Ernesto Bracho Bravo, capitano della Guardia nazionale bolivariana. Tra le vittime delle guarimbas ci fu anche Gisella Rubilar Figueroa, cilena, residente in Venezuela dal 2006 e figlia di un docente perseguitato dal regime pinochettista: la donna fu assassinata nel tentativo di rimuovere uno dei tanti blocchi stradali dell’opposizione. Eppure, nonostante il ruolo apertamente eversivo di personaggi come Leopoldo López, arrestato come mandante e ispiratore delle violenze di piazza, l’Onu per adesso ha mantenuto un’inaccettabile equidistanza, sollecitando il governo venezuelano a liberare quello che non è un semplice detenuto, ma un noto provocatore. Il programma televisivo Zurda Konducta, trasmesso dal canale tv Venezoelana de Televisión, ha mostrato le azioni violente che intendevano portare a compimento Lorent Saleh e Gabriel Valles, due noti destabilizzatori di professione, nello stato di Táchira. Saleh e Valles pianificavano l’attacco a discoteche, ospedali e altri locali pubblici per creare un clima di caos nel paese nel segno di una vera e propria strategia della tensione, come testimoniato dalla messa in onda del programma Zurda Konducta, che ha mandato in onda una videochiamata tra i due in cui progettavano azioni violente. Il quotidiano colombiano El Tiempo ha mostrato alcune fotografie di Valles e Saleh armati di tutto punto e in abbigliamento paramilitare. Saleh, espulso dalla Colombia e in carcere dallo scorso settembre per aver partecipato a manifestazioni violente avvenute nello stato di Carabobo nel 2010, falsificato documenti ed essere entrato clandestinamente in Venezuela, è strettamente legato all’ex presidente colombiano Álvaro Uribe, il fanatico leader dell’ultradestra latinoamericana noto per la sua ossessione verso la guerriglia delle Farc, e ad Antonio Ledezma, sindaco della Gran Caracas: sono loro che sono stati scoperti mentre progettavano di assassinare dirigenti e quadri del movimento bolivariano. Probabilmente Saleh, Valles e Ledezma sono responsabili anche dell’omicidio di Robert Serra, il giovane deputato del Partido Socialista Unificado de Venezuela (Psuv) ucciso lo scorso 1 ottobre insieme alla moglie María Herrera: gli assassini volevano mettere a tacere Serra non solo in quanto dirigente bolivariano, ma soprattutto perché aveva indagato a fondo negli ambienti dell’ultradestra venezuelana. Infine, come è noto, più volte i paramilitari colombiani e venezuelani hanno progettato piani per uccidere il presidente bolivariano Nicolás Maduro. “Non ho partecipato ad alcun piano volto a destabilizzare il paese” e “quante persone chiedono di fotografarsi con me?”: con queste parole Ledezma ha provato a difendersi dall’accusa di tramare contro el proceso bolivariano, nonostante ci siano foto inequivocabili che lo ritraggono negli ambienti della destra eversiva venezuelana. I cospiratori dell’opposizione “anti-castro-madurista”, per utilizzare un termine assai caro a Saleh, Ledezma e compagni, agirono fin dai giorni successivi alla vittoria presidenziale di Maduro dello scorso 14 aprile. Prima l’eterno sconfitto dell’opposizione erroneamente definita democratica, Henrique Capriles, rifiutò di riconoscere i risultati emersi dalle urne, poi seguirono giorni di scontri tra le opposte fazioni che lasciarono sul campo almeno dieci venezuelani morti, in gran parte chavisti. Non è bastato nemmeno smascherare i piani della Mesa de Unidad Democrática (Mud), ribattezzata popolarmente dai venezuelani simpatizzanti del chavismo Mesa de Unidad de Ultraderecha, che alla luce del sole, in conferenza stampa, parlava dei piani eversivi “La Salida”, “Cambio ya” e “La Calle vence” attraverso i suoi portavoce Leopoldo López e María Corina Machado (altra esponente dell’opposizione radicale), che invitavano apertamente ad azioni violente contro i dirigenti chavisti e i simpatizzanti del processo bolivariano. Quelli che la stampa definiva come studenti scesi in piazza per chiedere la fine del “regime chavista”, erano, in alcuni casi, mercenari a libro paga di Leopoldo López per creare violenze e devastazioni a Caracas e nelle principali città venezuelane, in altri energumeni legati al paramilitarismo. Pare che un altro eversore, il sindaco di Chacao, Ramón Muchacho, ad un certo punto abbia smesso sconsolato che anche “La Salida” non era riuscita a far cadere il governo bolivariano. Nonostante le vittime delle guarimbas e i tentativi per far piombare il Venezuela nel caos, il paese è riuscito a tener botta.
Lo Stato venezuelano, per bocca del presidente Nicolás Maduro, ha garantito che sosterrà il Comité de Familiares de las Victímas de las Guarimbas y del Golpe Continuado, accusando inoltre gli Stati Uniti di aver finanziato le guarimbas.
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