Trentuno giornalisti assassinati nel 2014 in America Latina e Caraibi
Non è un caso, quindi, che la Società interamericana della stampa, Sip, che raggruppa i più grandi proprietari di giornali degli Stati uniti e dell’America latina, abbia riportato solamente 19 giornalisti assassinati nella regione e 60 a livello mondiale. Un dato che viene invece duplicato da importanti centri di studi internazionali con sede in Europa
Chi uccide i giornalisti nella regione latinoamericana?
Generalmente si tratta di sicari pagati da “poteri di fatto” legati non solo alla politica e all’economia locale o nazionale, ma anche al crimine organizzato, che hanno interessi diretti e crescenti nel narcotraffico, contrabbando, nella tratta di esseri umani, nell’accaparramento di terre e territori e nella costruzione di megaprogetti. Pochi osano segnalare gli autori intellettuali che restano nell'ombra, proprio perché potrebbe costare loro la vita.
La scarsità di notizie e l'impunità sono il denominatore comune di questa realtà. Quando la vittima lavora in una delle grandi testate giornalistiche, la “giustizia” è capace d’individuare qualche sicario, ma difficilmente arriverà ai mandanti e alle loro relazioni con il mondo della politica e degli affari. In Colombia sono state portate in tribunale alcune alte cariche della politica, ma i cosiddetti “colletti bianchi” ne sono sempre usciti indenni.
Gli omicidi nel 2014 sono stati 9 in Messico, 7 in Honduras, 5 in Brasile, 3 in Colombia, 3 in Paraguay 2 in El Salvador, 1 a Panama e 1 in Perù. In Messico si sono verificate anche 21 sparizioni forzate di giornalisti e comunicatori, un dato che rende ancora più drammatica la situazione.
Le nazioni più colpite continuano a essere il Messico, l’America Centrale – con il caso emblematico dell’Honduras del dopo colpo di Stato – il Brasile e il Paraguay.
Di seguito il nome delle vittime:
Messico: Miguel Guzmán Garduño (55 anni) di Guerrero, Gregorio Jiménez de la Cruz (42 anni) di Veracruz, Omar Fabián Reyes (35 anni) di Oaxaca, Jorge Torres Palacio di Guerrero, Nolberto Herrera Rodríguez, cameraman di Zacatecas, Octavio Rojas Hernández (35 anni) di Oaxaca, Raúl López Mendoza, fotoreporter di Cambio di Michoacán, Atilano Román Tirado conduttore radiofonico di Sinaloa, Jesús Antonio Gamboa Urías, direttore della rivista Nueva Prensa di Ahome, Sinaloa, scomparso il 10 ottobre e trovato morto il 22 ottobre.
Honduras: Carlos Mejía Orellana (35 anni) Radio Progreso, Luis Alonso Fúnez Duarte (47 anni) conduttore radiofonico, Hernán Cruz (52 anni) conduttore radiofonico, Herlyn Iván Espinal Martínez (32 anni) giornalista televisivo, Nery Francisco Soto Torres (32 anni) Canale 23, Dagoberto Díaz Suárez, proprietario Canale 20 e Cable Visión, Reynaldo Paz Mayes (48 anni) direttore, proprietario e conduttore di RPM TV e Canale 28.
Brasile: Santiago Andrade (49 anni) cameraman, Pedro Palma (47 anni) proprietario di un giornale, José Lacerda da Silva (50 anni) cameraman, Geolino Lopes Xavier (44 anni), Marcos de Barros Leopoldo Guerra (51 anni) giornalista e avvocato.
Colombia: Yonni Steven Caicedo (21 anni) cameraman, Luis Carlos Cervantes Solano direttore di radio, Mónica Andrea Rocha (42) giornalista dell'università di Bucaramanga.
Paraguay: Fausto Gabriel Alcaraz (28 anni), Pedro Juan Caballero, Edgar Pantaleón Fernández Fleitas (42 anni) giornalista di Concepción, Pablo Medina del giornale ABC Color.
El Salvador: Mélida Antonia Amaya (29 anni) e suo figlio di 6 mesi, Carlos José Orellana (23 anni) cameraman.
Panama: Ramón "Monchi" Cano (80 anni) conduttore radiofonico
Perù: Donny Buchelli Cueva, conduttore radiofonico di Pacasmayo.
In Colombia sono stati riportati 20 casi di violenze e 56 minacce contro 31 giornalisti e comunicatori. In questa stessa nazione, 172 giornalisti hanno perso la vita dal 1977 a oggi. Nella maggior parte dei casi gli omicidi sono rimasti impuni, dice la Fondazione per la libertà di stampa, Flip.
Dal Messico, Teodoro Rentería, leader della Federazione di associazioni di giornalisti messicani, Fapermex, descrive come “incoraggiante” il fatto che, per la prima volta da quando si sono acutizzati gli attentati contro i giornalisti, il governo federale abbia riconosciuto in un comunicato l’esistenza di un “grave fenomeno che attenta soprattutto contro la società” e che ubica il Messico come “il Paese in cui è più pericoloso esercitare la professione giornalistica”.
Una situazione altrettanto grave è quella che si vive in Honduras, dove alla macabra recrudescenza di attentati e omicidi di giornalisti – sono oltre 30 i comunicatori assassinati negli ultimi 5 anni – si aggiunge l’approvazione di leggi che restringono ulteriormente la libertà d’espressione, già oggetto di gravi attacchi a partire dal colpo di Stato patrocinato dagli Stati Uniti nel 2009.
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