Migliaia di cooperative stanno cambiando il Nicaragua
Orlando Núñez Soto, direttore del Centro per la promozione, la ricerca e lo sviluppo rurale e sociale, Cipres, spiega che, nel 2015, il Consiglio nazionale delle cooperative, Conacoop, si è contraddistinto per la sua dinamicità e ha rappresentato il movimento cooperativo in tutti i tavoli di lavoro che la Banca centrale ha organizzato con i settori produzione, consumo, commercio e turismo. “Le associazioni dei piccoli produttori e le cooperative producono, commerciano e consumano gran parte degli alimenti nazionali, in modo particolare mais, fagioli, sorgo, riso, frutta e verdura”, ha detto Núñez.
In Nicaragua ci sono 5000 cooperative legalmente costituite e un totale di quasi 390mila soci, che operano pressoché in tutti i settori dell’economia nazionale, dal latte, la carne, i cereali e gli ortaggi fino ai trasporti, gli immobili, il turismo ed il settore del credito e risparmio.
Molte cooperative sono raggruppate in Centrali o Unioni di cooperative (più di cinque cooperative) e a loro volta possono riunirsi in Federazioni.
Le cooperative del caffè, per esempio, esportano il 25% della produzione nazionale (circa 22.700 tonnellate), sono il quinto maggiore esportatore del Paese ed esportano il 90% del caffè organico che è destinato al mercato del commercio equo.
Núñez ha poi spiegato che il settore cooperativo produce, processa ed esporta l’80% del sesamo del Nicaragua, mentre quelle che si dedicano ai trasporti controllano il 95% del settore del trasporto terrestre (autobus, taxi, moto-taxi)
"Le cooperative agricole raccolgono circa un milione di litri di latte al giorno, mentre i piccoli allevatori, in gran parte organizzati in associazioni, gestiscono il 60% dell’allevamento di bestiame a livello nazionale. Le cooperative di credito, insieme alle associazioni di microcredito, garantiscono crediti agevolati al 60% dei piccoli produttori e consumatori, includendo i cosiddetti “fondi di rotazione” che sono stati concessi a oltre 200mila donne che beneficiano dei programmi del Buono Produttivo Alimentare e Usura Zero”, ha spiegato il direttore del Cipres.
Cresce il PIL
Núñez Soto ha poi sottolineato che l'economia sociale (popolare e associativa) genera il 53% del reddito nazionale lordo, il 60% delle rimesse dei lavoratori all’estero ed è responsabile del 70% dell’occupazione a livello nazionale (circa 2,5 milioni di persone).
Ha anche ricordato che le sole cooperative danno da lavorare a 450mila persone – il 18% della popolazione economicamente attiva –, includendo le famiglie contadine e urbane che beneficiano dei programmi sociali del governo come Fame Zero, Usura Zero, ecc.
“L’impresa privata ha oramai raggiunto il suoi limite massimo in quanto alla capacità di creare posti di lavoro, mentre il settore dell’economia sociale e popolare organizzata e non organizzata – contadini, artigiani, pescatori, commercianti, lavoratori autonomi, persone migranti – pur generando la maggior parte dell’occupazione, della ricchezza e degli alimenti del Paese, continua a vivere nella precarietà e nella povertà.
Bisogna quindi migliorare i loro ingressi – ha continuato Núñez – permettendo loro di scalare la catena del valore e di essere sempre al centro delle politiche pubbliche”, ha detto Núñez Soto.
Secondo il sociologo ed economista nicaraguense, sono proprio questi settori ad avere una grande incidenza all’interno del Consiglio consultivo dell’Accordo d’Associazione tra l’Unione europea e l’America centrale, AdA, e del Parlamento nazionale, contribuendo all’analisi sulle normative fiscali e sulle disposizioni in materia di imposizioni fiscali alle cooperative.
Hanno rivestito infine un ruolo fondamentale nella discussione in Parlamento sulla riforma della legge sulle cooperative e in molto altri ambiti per la costruzione di alleanze e la coordinazione di azioni e proposte.
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