Latina

Sospesa la costruzione della centrale idroelettrica Barro Blanco

Panama: premiata la resistenza della comunità indigena Ngäbe Buglé

Fondi di investimento europei dietro i finanziamenti alla diga
6 aprile 2015
David Lifodi

internet Dopo quasi dieci anni di lotta una buona notizia per la comunità indigena panamense Ngäbe Buglé: la costruzione della centrale idroelettrica ad opera delle imprese Generadora del Istmo (Genisa) e Hidráulica San José è stata sospesa dall’Autoridad Nacional del Ambiente (Anam) di Panama per la mancanza di un piano ambientale affidabile. Non solo: gli Stati Uniti, che pure avevano caldeggiato e sostenuto la grande opera, hanno ritirato il visto ad alcuni responsabili di Genisa, impresa di origine honduregna, per episodi di corruzione.

Eppure, questo non ha impedito a Genisa di perseverare. Il direttore Aldo López sostiene che il progetto idroelettrico di Barro Blanco aveva ottenuto luce verde dalla comunità Ngäbe Buglé, che invece si è sempre battuta per una sospensione dei lavori, rifiutando qualsiasi tavolo di negoziato e indennizzi che l’impresa aveva tentato di proporre allo scopo di comprare gli indigeni. “Smonteremo la costruzione della diga pietra per pietra, aveva promesso la comunità Ngäbe Buglé, impegnata a difendere il territorio dal progetto che sarebbe sorto nel distretto di Tolé, provincia di Chiriquí, al confine con il Costarica. La centrale idroelettrica Barro Blanco aveva ottenuto finanziamenti dal Banco Interamericano de Desarrollo e da istituti di credito europei quali il tedesco Deg e l’olandese Fmo. Da anni, denuncia l’organizzazione ecologista Salva la Selva, le banche erano a conoscenza delle conseguenze sociali ed ecologiche derivanti dall’edificazione della diga, ma si sono guardate bene dal ritirare i loro investimenti, soprattutto la tedesca Deg. Il costo totale dell’opera ammonta a 78 milioni di dollari, dei quali almeno 25 provengono dalle banche, incuranti del fatto che la costruzione della centrale idroelettrica avrebbe inondato il territorio della comunità Ngäbe Buglé a causa della deviazione del fiume Tabasará, da cui sarebbe derivato il desplazamiento di almeno tremila famiglie indigene. Inoltre, durante gli anni in cui si sono svolti i lavori per la diga, giunti ad uno stato molto avanzato, la repressione contro le proteste dei movimenti sociali è stata spietata. La Autoridad Nacional de los Servicios Públicos aveva già disposto lo sgombero degli indigeni che abitavano sulle rive del fiume Tabasará con l’appoggio dell’allora presidente panamense Ricardo Martinelli, che aveva sempre fatto orecchie da mercante di fronte alle critiche per l’impatto ambientale devastante dell’opera provenienti non solo dagli Ngäbe Buglé, ma anche dal relatore Onu per i diritti dei popoli indigeni James Anaya. Purtroppo, nonostante Genisa e Hidráulica San José non abbiano mai esposto con chiarezza quali sarebbero state le ripercussioni ambientali del progetto Barro Blanco, Panama ha avuto gioco facile nel respingere le contestazioni della comunità Ngäbe Buglé poiché  non ha mai ratificato il Convenio 169 sobre Pueblos Indígenas, che obbliga lo stato e le imprese a consultare preventivamente i popoli indigeni prima di procedere con la costruzione di una grande opera sul proprio territorio. I lavori, iniziati nel 2010, prevedevano l’inondazione di almeno dieci ettari di territorio indigeno fin dal 2006, anno in cui la Autoridad Nacional de los Servicios Públicos aveva consegnato la licenza a Genisa, nonostante le organizzazioni ambientaliste abbiano sempre smentito che la costruzione della centrale idroelettrica di Barro Blanco fosse vitale per le esigenze energetiche di Panama. Dal 2009, ancora prima che cominciassero i lavori, Genisa chiese allo stato una maggiore concessione di territorio per poter iniziare i lavori di costruzione della diga. A partire dal 2010, con l’inizio dei lavori, la zona dove vive la comunità Ngäbe Buglé ha registrato la progressiva distruzione di boschi e specie di piante uniche che sorgevano sul fiume Tabasará. La sospensione della costruzione della diga, è bene evidenziarlo, deriva dall’Autoridad Nacional del Ambiente e non da un improvviso pentimento dell’impresa. Recentemente gli indigeni avevano minacciato anche di bloccare la Carretera interamericana, una delle più importanti arterie del paese, se la grande opera non fosse stata sospesa. Attualmente, Genisa e Hidráulica San José rischiano da una sanzione pecuniaria alla totale cancellazione del progetto Barro Blanco per non essere giunte ad un accordo con la comunità indigena. Ancora oggi, le due imprese cercano di comprare il consenso indigeno offrendo denaro e facilitazione dal punto di vista sanitario e continuano a sostenere la riforma del Código Minero, assai tollerante verso le multinazionali.

La vittoria (temporanea?) della comunità Ngäbe Buglé rappresenta comunque un precedente significativo nella lotta degli indigeni in difesa dei territori ancestrali, nonostante il progetto Barro Blanco fosse sponsorizzato anche da potenti istituti di credito: il fondo di investimento tedesco Deg appartiene alla banca Kfw, e gli stessi Fmo e Banco Interamericano de Desarrollo avevano messo sul piatto cifre significative. Una volta tanto, i diritti delle comunità indigene hanno vinto sul profitto.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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