Latina

Il conflitto sociale di Valle de San Quintín rappresenta una delle nuove frontiere di resistenza alla flessibilità e al precariato selvaggio

Messico: la resistenza degli operai agricoli della Bassa California

Le imprese agroesportatrici sfruttano i jornaleros alla stregua di schiavi
13 aprile 2015
David Lifodi

internet

La Bassa California è una delle zone del Messico dove maggiori sono le condizioni di sfruttamento e i diritti dei lavoratori pressoché nulli. È in questo contesto che, alla fine di marzo, gli operai agricoli della Valle de San Quintín, i cosiddetti jornaleros, hanno indetto uno sciopero e organizzato blocchi stradali per protestare contro condizioni di lavoro disumane.

La maggior parte degli operai agricoli provengono dal sud del paese, in particolare dallo stato di Oaxaca, e sono indigeni che hanno lasciato le loro zone d’origine nella speranza di migliorare le condizioni vita, ma che invece sono utilizzati dai padroni delle imprese agroesportarici come manodopera a basso costo. In Messico sono presenti circa una dozzina di imprese agricole che si distinguono per il mancato rispetto dei più elementari diritti umani e lavorativi, ma sono tutelate dai governi statali e da quello nazionale, in particolare Santa María de los Pinos e Valladolid Aragonés. Gli operai agricoli, riuniti nell’Alianza de Organizaciones Nacional, Estatal y Municipal por la Justicia Social, sono migranti, indigeni e campesinos che vivono quotidianamente sulla loro pelle sfruttamento e oppressione, costretti a lavorare per non più di 300 pesos al giorno, senza alcun diritto ad un giorno di riposo settimanale nonostante la giornata lavorativa duri almeno 11-12 ore e in mancanza assoluta di tutele dal punto di vista previdenziale e contributivo. La marginalizzazione e l’esclusione sociale ed economica rappresentano il pane quotidiano per i lavoratori della Valle de San Quintín: i loro blocchi della carretera Transpeninsular hanno sorpreso i proprietari delle imprese che peraltro hanno subito richiesto, e ottenuto, l’intervento della polizia. Definiti come una sorta di proletariato agricolo multietnico, i jornaleros sono almeno 70000: soffrivano la fame nei loro stati di provenienza (Oaxaca, Michoacán e Guerrero), ma anche in Bassa California. Gli indigeni mixtecos, zapotecos e triquis inseguono come un miraggio la giornata di otto ore lavorative e il pagamento degli straordinari: per tutta risposta, in occasione delle mobilitazioni e degli scioperi avvenuti a marzo, la polizia ha arrestato oltre duecento lavoratori. Gli operai agricoli rappresentano un’altra vertenza non da poco per un governo ormai screditato dagli scandali: dai licenziati dell’ente petrolifero Pemex, passando alla riforma costituzionale che mira a negare il diritto di sciopero, fino al massacro dei normalistas avvenuto a Iguala lo scorso settembre, a Los Pinos si vive ormai in stato d’assedio, ma nonostante tutto la triade governativa Pri, pan, Prd continua a distinguersi per la repressione nei confronti della società civile messicana. Somos hombres y mujeres de carne y hueso, no sólo manos para trabajar el campo, dicono i lavoratori agricoli, che hanno fatto proprie le parole d’ordine del Frente Indígena de Organizaciones Binacionales (Fiob) per un boicottaggio a tempo indeterminato del mercato statunitense dei prodotti coltivati nella regione della Valle de San Quintín. L’incremento del lavoro agricolo proveniente dal sud del Messico è aumentato nel corso degli anni ed è cresciuto grazie alla ratifica del Trattato di libero commercio che ha liquidato, nel tempo, i piccoli agricoltori, finendo per peggiorare le condizioni di vita del campesinado, uno strato sociale costretto a lavorare in schiavitù. Le decine di migliaia di jornaleros che lavorano in Bassa California hanno provato ad attraversare il confine per raggiungere gli Stati Uniti o sono stati espulsi dagli Usa a causa di politiche migratorie sempre più repressive ed hanno finito per diventare manodopera di proprietà delle grandi imprese agricole. Al tempo stesso, gli operai agricoli della Valle de San Quintín rappresentano una delle nuove frontiere di resistenza alla flessibilità e al precariato selvaggio che il presidente messicano Enrique Peña Nieto, il Congresso e i governi statali intendono imporre a tutta la classe lavoratrice messicana: per questo la mobilitazione di migranti, campesinos e indigeni in Bassa California diventa centrale per tutto il paese.  Intere famiglie di jornaleros, esposte a sostanze tossiche ed escluse dalle politiche pubbliche divengono vere e proprie cavie su cui testare uno sfruttamento selvaggio intensivo (incluso il lavoro minorile e gli abusi sessuali sulle donne) al cui confronto le maquiladoras appaiono, paradossalmente, non più come zone franche, ma come il paradiso. I vantaggi per le imprese agroesportatrici sono facilmente immaginabili: un operai agricolo in Messico guadagna meno della retribuzione che spetta ad un migrante impiegato nello stesso lavoro, ma negli Stati Uniti.

Fino a poco tempo fa i jornaleros agrícolas erano invisibili: per farsi vedere sono stati costretti a bloccare le strade e per riaffermare i loro diritti sono dovuti ricorrere allo sciopero. La battaglia della Valle de San Quintín rappresenta un nuovo conflitto sociale in un paese stremato dalle politiche neoliberiste.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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