Latina

Le denuncia proviene dal sociologo e politologo argentino Atilio Borón

Colombia: allarme per la possibile presenza di un armamento nucleare

Gli Stati Uniti intendono utilizzare la Colombia come gendarme dell’America latina
4 maggio 2015
David Lifodi

 

internet Gli sforzi per la pace del presidente colombiano Juan Manuel Santos e del suo governo, impegnati da oltre un anno nelle trattative con la guerriglia delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc), rappresentano un controsenso sotto molteplici punti di vista, ma il più clamoroso riguarda l’installazione di un possibile armamento nucleare nel paese andino, come sostiene il sociologo e politologo argentino Atilio Borón.

Santos, eletto a Palacio Nariño anche con i voti delle forze di sinistra nella speranza di poterlo condizionare e vincolarlo al processo di pace, oltre ad esser ritenuto il male minore rispetto ad Álvaro Uribe, con cui entrò in conflitto prima delle elezioni presidenziali dopo esserne stato suo delfino e ministro degli Interni, potrebbe perseguire la strada della pace al solo scopo di trasformare il suo paese nel gendarme degli Stati Uniti in America latina, un ruolo che del resto la Colombia ha da sempre interpretato al meglio in chiave filo Usa. L’allarme maggiore sollevato da Atilio Borón riguarda però la possibilità, tutt’altro che remota, come lui stesso ha dichiarato nel corso di una conferenza tenuta a Bogotà, che gli Stati Uniti possano installare armi nucleari in Colombia, in aperta violazione all’accordo che fa dell’America latina una regione di pace e denuclearizzata. Lo stesso trattato sottoscritto e ratificato dall’ex presidente Uribe e Obama, che sanciva la presenza di sette basi militari Usa in Colombia, è stato dichiarato nullo dalla Corte costituzionale di Bogotà, ma questo non ha impedito la prosecuzione delle operazioni militari statunitensi nel paese andino. Il timore di Borón è lo stesso del Polo Democrático, l’opposizione di sinistra che tra intimidazioni e minacce di ogni tipo cerca comunque di battersi per un’altra Colombia possibile. L’intervento del sociologo argentino, avvenuto nell’ambito della Cumbre Mundial de Arte y Cultura para la Paz, ha prospettato uno scenario fosco per la Colombia. La presenza sempre più costante della Cina a livello economico e geopolitico in America latina ha spinto infatti gli Stati Uniti a rafforzare l’Alleanza del Pacifico sia per contrastare la penetrazione di Pechino in Sudamerica sia per minare il processo integrazionista del continente tramite Mercosur, Alba, Unasur e le altre forme di unione e mutuo aiuto sviluppatesi nel corso degli ultimi anni a sud di Washington. In pratica dall’Alleanza del Pacifico, a cui dettero impulso, a suo tempo, il colombiano Santos, il messicano Peña Nieto, il peruviano Humala e il cileno Sebastian Piñera, il concentrato delle destre impegnate a mantenere l’ordine imperiale proveniente dagli Stati Uniti, potrebbe derivare un’ulteriore militarizzazione nella regione utile a rafforzare, tra le altre cose, le imprese che commerciano in armi sia negli Stati Uniti sia in America latina. Inoltre, il pretesto della lotta al narcotraffico rappresenta un’altra motivazione per far passare come indispensabile la militarizzazione della Colombia. A questo proposito è quasi superfluo ricordare che le campagne militari di Cia, Pentagono e dipartimento di Stato sono da sempre servite per arricchire le campagne politiche ed elettorali delle lobby statunitensi legate al commercio delle armi e trasversali agli schieramenti politici ed è altrettanto noto, ha ricordato lo stesso Borón, che almeno dal 1960 l’intelligence israeliana del Mossad ha operato in Colombia rafforzando militarmente i gruppi legati al paramilitarismo e al narcotraffico. È stato lo stesso presidente Juan Manuel Santos, in più di un’occasione, a definire la Colombia come l’”Israele del Sudamerica”.  Borón, che nel 2013 ha ottenuto il Premio Libertador al Pensamiento Crítico per il suo libro América latina en la geopolítica del imperialismo, ha parlato di un Mar del Caribe totalmente controllato dal Pentagono a livello militare, un aspetto che fa temere il peggio insieme ai trattati di libero commercio, ai colpi di stato andati a segno e a quelli tentati e al saccheggio quotidiano delle risorse naturali dell’America latina. È per questi motivi che Santos mira alla pace con la guerriglia, ha spiegato Borón, un fatto di per se stesso positivo, se non fosse che il presidente colombiano intende utilizzarlo per favorire un’ulteriore presenza statunitense nel continente, caratterizzata anche dalla volontà di Palacio Nariño di entrare nella Nato su richiesta della Casa Bianca.

La possibilità che la Colombia possa ospitare armi nucleari rappresenta un nuovo scenario nella strategia di Washington per destabilizzare l’America latina: una pace vera e duratura con la guerriglia delle Farc (non contrassegnata da tradimenti e doppiogiochismi che hanno caratterizzato i precedenti tentativi di smilitarizzazione della più longeva formazione armata sudamericana), servirebbe invece a dare scacco all’imperialismo Usa e ai suoi seguaci.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it.
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