Venezuela: dietro al casus belli con la Guayana si nascondono gli Stati Uniti
Quest’ultima riguarda la presenza della multinazionale a stelle e strisce dedita all’estrazione petrolifera nell’ex colonia britannica, con la quale il Venezuela ha un contenzioso sulle acque dell’Esequibo, riconosciuto fin dal 1777 come territorio venezuelano. Exxon Mobil ha firmato accordi con il presidente della Guayana David Granger per oltre duecento milioni di dollari nei prossimi dieci, oltre ad averlo sostenuto politicamente per la sua elezione. Nonostante gli accordi di Ginevra del 1966 abbiano svolto la funzione di mediazione per questo contenzioso internazionale, le relazioni tra i due paesi restano tese e, come ha denunciato più volte il Venezuela, gli Stati Uniti intendono utilizzare le multinazionali, in questo caso la complicità della piccola Guayana, per frantumare l’unità latinoamericana, che ogni giorno di più va rafforzandosi tramite organismi quali Celac, Unasur, Alba e Petrocaribe, solo per citare i più noti. In questo contesto David Granger ha autorizzato le trivellazioni petrolifere sulle acque contese dell’Esequibo, provocando la scontata reazione venezuelana, anche perché il presidente della Guayana è ritenuto da Miraflores come un agente delle multinazionali e dei loro interessi. Non a caso Granger ha cercato di passare come vittima nel tentativo, peraltro riuscito, di scatenare un nuovo casus belli tra Washington e Caracas. Sulla questione Guayana-Exxon Mobil si è buttata subito l’opposizione venezuelana, sempre alla ricerca di argomenti utili per far vacillare il procesobolivariano e, in questo caso, sfruttare la disputa sull’Esequibo in vista delle elezioni parlamentari in programma a dicembre di quest’anno. Nonostante Maduro abbia scelto di coinvolgere l’Onu in qualità di mediatore, la stampa della destra venezuelana ha affilato le armi, anche se in realtà non aveva mai abbandonato la sua campagna di odio anti-bolivariana. Di recente, i responsabili delle guarimbas sono stati presentati come eroi incarcerati ingiustamente e senza motivo da un governo illiberale in quella che è stata definita una campagna di falsos positivos a mezzo stampa che presenta la Mesa de la Unidad Democrática (Mud), il picchiatore fascista di Voluntad Popular Leopoldo López e i guarimbeiros come sinceri democratici. Del resto, la stampa dell’opposizione, che in Venezuela è legata ad imprese e organizzazioni non governative tutt’altro che neutrali (oltre all’immancabile appoggio di Usaid), cerca di coprire così l’assenza di serie proposte politiche da parte della destra rivendicando esclusivamente lo slogan della salida per Maduro e per tutto il movimento bolivariano. E così la stessa destra ha gioco facile nel proseguire con il mantra della elezioni fraudolente (senza peraltro essere mai riuscita a dimostrarlo) e nel dipingere il governo bolivariano come dittatoriale. In pratica, il governo di Caracas è costretto a dover respingere quotidianamente una vera e propria campagna di discredito internazionale nella quale anche la maggior parte della stampa italiana ha le sue responsabilità, oltre alla feroce opposizione del cosiddetto “latifondo mediatico” latinoamericano.L’unico obiettivo della destra e dell’oligarchia è quello di creare le condizioni affinché il Venezuela sia dipendente esclusivamente dal mercato internazionale e allineato ai diktat del Fondo Monetario Internazionale, come dimostrato dall’entusiasmo con cui hanno approvato il piano di privatizzazione delle imprese di stato, tra cui la petrolifera Pdvsa, più volte proposto dalla Banca Mondiale. L’attenzione degli Stati Uniti verso il Venezuela deriva principalmente dal fatto che il paese bolivariano rappresenta una delle riserve petrolifere più grandi del mondo e la Casa Bianca intende tutelare le sue imprese petrolifere. Nasce da qui il casus belli con la Guayana, che peraltro aveva avuto un precedente nel 2013, quando Caracas aveva bloccato una nave dell’impresa petrolifera texana Anadarko Petroleum, anch’essa sorpresa a fare rilievi per l’estrazione petrolifera nella Guayana Esequiba. Nel caso di Exxon Mobil il presidente Granger si è presentato come il paladino del diritto al progresso del suo paese, ma è evidente che il suo scopo è in realtà quello di tutelare gli interessi petroliferi della multinazionale Usa e degli stessi Stati Uniti.
Come dire: a Washington hanno perso momentaneamente il controllo sul loro cortile di casa, ma sono tutt’altro che intenzionati ad abdicare, come dimostrano le manovre militari negli stati del sud (Texas, Arizona, California, Nuevo México) e anche i tentativi per minare l’unità latinoamericana.
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