Brasile: prove di golpe alla paraguayana
La marcia convocata dalle destre per il prossimo 16 agosto sotto l’ambigua denominazione “Movimento Brasile Libero”, aperta ufficialmente a tutti i cittadini che credono in una società più equa, libera e giusta, rappresenta in realtà una vera e propria chiamata alle armi. “La guerra è cominciata” è lo slogan che circola maggiormente sui social network dell’estrema destra che, a corto di programmi e di una reale proposta politica, intende sfruttare al massimo il caso Petrobras e lo schema di corruzione che girava intorno all’ente petrolifero di stato per fare cassa a livello elettorale in occasione delle prossime presidenziali. È in questo contesto che tutto fa brodo, e allora si sfrutta l’arresto di José Dirceu, capo di gabinetto del primo governo Lula e peraltro ai domiciliari dal 2012 proprio per il caso Petrobras, per agitare un fantomatico impeachment contro la presidenta Dilma Roussef ed attaccare frontalmente Lula. Nel caso Petrobras e nell’operazione Lava Jato sono coinvolti i politici di tutti i principali schieramenti, ma i mezzi d’informazione hanno buon gioco nel gettare fango solo sul Partido dos Trabalhadores (Pt), che peraltro ha grosse responsabilità in questa situazione, se non altro per aver cercato di perseguire politiche di destra, la cui copia però non è ritenuta sufficiente dai veri conservatori, e così un giudice come Sergio Moro, astro nascente dell’oligarchia brasiliana, dopo Dirceu potrebbe dichiarare in stato d’arresto anche Lula. Moro non è un personaggio qualunque, ma è stato insignito dall’impero mediatico O Globo, la catena d’informazione dichiaratamente di destra, del titolo di personalità dell’anno. Non si tratta dell’unica provocazione di stampo conservatore. Frei Betto, noto per le sue battaglie sociali, collaboratore del primo governo Lula per il programma “Fame Zero” e amico personale dello stesso ex presidente e di Dilma Rousseff, pur avendo più volte evidenziato, da sinistra, le contraddizioni del Pt e le sue aperture alle multinazionali, all’agrobusiness e alla costruzione di dighe e miniere, avverte che non c’è alternativa a Dilma e Lula, nonostante tutto i presidenti più attenti alle questioni sociali del paese. Il teologo della Liberazione, al pari di altri intellettuali, avverte che il Brasile si trova di fronte ad un tentativo di golpe mediatico-giudiziario. La violenza di stampo fascista della destra è tale che di recente, in due occasioni, è stato contestato e provocato in occasione della presentazione di un suo libro. Addirittura, a Rio de Janeiro, un uomo definitosi ufficiale della Marina, si è rivolto a Frei Betto per portargli i saluti dello scrittore Olavo de Carvalho allo scopo di interrompere il suo intervento. Olavo de Carvalho, tanto per inquadrare il personaggio, è uno scrittore che considera “comunista” l’impero O Globo. Sono molti gli analisti politici che evidenziano come, dopo ogni sconfitta elettorale (tuttora la popolarità di Dilma e Lula sembra essere intatta tra i movimenti popolari), una destra disorganizzata a livello politico e a corto di argomenti ha potuto contare sempre di più sull’appoggio mediatico dei principali organi di informazione, promuovendo delle vere e proprie campagna di diffamazione allo scopo di far cadere il governo. È per rispondere a questa grandinata di accuse e provocazioni che, nei giorni scorsi, è stata convocata prima la Marcha de las Margaritas, a cui hanno partecipato i sindacati e le principali organizzazioni femministe del paese, e poi una giornata nazionale di lotta in difesa della democrazia e contro il golpismo è già programmata per il 20 agosto e che vedrà la presenza anche di movimenti sociali della sinistra sociale, fortemente critici con Lula e Rousseff, ma convinti, in questo momento storico, della necessità di fare fronte comune contro le destre. Il timore generalizzato è quello che si stiano creando le premesse per un golpe alla paraguayana o in salsa honduregna, cioè trovare un cavillo costituzionale che possa consentire di mettere la presidenta in stato d’accusa. André Bezerra, presidente dell’Associazione dei giudici per la democrazia, ripete che per il momento non c’è alcun fondamento per dichiarare l’impeachment contro Dilma Rousseff, e del resto sarebbe una mancanza di rispetto verso i milioni di brasiliani che l’hanno votata, ma nei confronti della presidenta, così come verso il paraguayano Fernando Lugo e l’honduregno Manuel Zelaya, il golpe fu anticipato da una campagna mediatica volta a giustificare un colpo di stato ufficialmente soft e legale per frenare le conquiste sociali ottenute dai brasiliani parallelamente alle quattro grandi sconfitte elettorali subite dal Psdb (il Partito socialdemocratico brasiliano, di destra, nonostante la denominazione) negli anni Duemila. Si parla anche di una situazione politico-sociale molto simile a quella che portò al colpo di stato che, nel 1964, depose João Goulart. Allora, come negli ultimi dodici anni, il capitale e le forze reazionarie vedevano con sempre maggior preoccupazione l’impegno di Goulart e della coppia Lula-Dilma per ridurre l’esclusione sociale e difendere la sovranità popolare (peraltro, sotto i due presidenti petisti, imprese e agrobusiness hanno avuto mano libera anche grazi alla fortissima lobby ruralista presente al Congresso). Il giornalista Vicente Goulart, figlio del presidente João Goulart, deposto dai militari, ha fatto un appello alle forze di sinistra, ai sindacati, ai movimenti sociali e popolari per costituire un fronte comune in grado di difendere le conquiste sociali e i diritti dei lavoratori. Inoltra, nota ancora Goulart, l’attuale presidente della Camera, Eduardo Cunha, assomiglia molto, a livello politico, ad Aldo Moura de Andrade, il presidente del Senato che, nel 1964, dichiarò vacante la presidenza della Repubblica legittimando quindi il golpe militare. Da quello che si configura in tutto e per tutto come un attacco allo stato democratico di diritto ne trarrebbero ancora più giovamento le imprese straniere, e qui sta il principale errore del Partido dos Trabalhadores, fin troppo aperto su tematiche care alla destra. Ad esempio, la cosiddetta Agenda Brasil, proposta da Renan Calheiros del Partido del Movimiento Democrático, nonostante metta a rischio i diritti sociali sanciti dalla Costituzione e sia stata definita “disastrosa” dai movimenti popolari, non è stata accolta del tutto negativamente dalla presidenta Dilma Rousseff, soprattutto perché rappresenta un’ulteriore estensione del Pac di cui la stessa Rousseff e Lula sono promotori e sostenitori.
In definitiva, la marcia delle destre del prossimo 16 agosto e la campagna di odio promossa contro gli ultimi due presidenti, non è circoscritta al solo Brasile, ma rappresenta un duro colpo nei confronti di quegli ideali di giustizia sociale, sovranità territoriale e integrazionismo di cui il Planalto si è fatto promotore a livello continentale, pur con tutte le contraddizioni del caso. Se la cosiddetta offensiva “oligarchico-imperialista” passa in Brasile, ci sarà da preoccuparsi anche per gli altri governi “post neoliberisti” dell’intera regione.
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