Latina

Si vota il 25 ottobre: Daniel Scioli favorito per la pochezza degli altri contendenti

Argentina: poco entusiasmo per i candidati alla Casa Rosada. Regna l’incertezza

Il Frente de Izquierda spera in un buon risultato alla Camera e al Senato
20 ottobre 2015
David Lifodi

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Il 25 ottobre gli argentini andranno alle urne per eleggere il nuovo presidente del paese e rinnovare Camera e Senato, tuttavia, a pochi giorni dal voto, regna un certo disincanto, misto all’incertezza su come agirà il prossimo inquilino della Casa Rosada.

La competizione per la presidenza del paese si svolgerà tra tre candidati provenienti dal peronismo di destra, pur se con delle differenze tra loro. Il Frente para la Victoria della presidenta uscente, Cristina Kirchner, presenta Daniel Scioli, attualmente governatore della provincia di Buenos Aires e ampiamente favorito secondo i sondaggi, Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires e leader di Propuesta Republicana nell’ambito dell’alleanza Cambiemos, e infine Sergio Massa, del Frente Renovador. A meno di una settimana dall’apertura delle urne, a Scioli viene attribuito circa il 38% dei consensi rispetto al 28% di Macri e al 23% di Massa: per conquistare la Casa Rosada al primo turno è necessario ottenere il 45% dei voti oppure il 40%, ma, in questo caso, con una differenza di almeno dieci punti sul secondo contendente.

Quanto a Scioli, è difficile poterlo identificare come un candidato di sinistra, nonostante sia stato anche vicepresidente durante l’era di Néstor Kirchner e, di conseguenza, poter definire un successo una sua eventuale affermazione. Forse Scioli potrebbe essere il meno peggio, soprattutto di fronte a Macri, noto per fomentare le pulsioni razziste delle sue squadracce che, nelle villas miserias della capitale, in passato hanno dato la caccia agli immigrati boliviani, peruviani e paraguayani, e per la sua ossessione securitaria. Tuttavia, Scioli non entusiasma. Di recente il candidato favorito alla Casa Rosada ha lodato pubblicamente l’ex presidente Carlos Menem, del quale è una sua creatura: fu lui, nel 1997, a facilitargli la carriera politica facendolo correre, all’interno del suo partito, come deputato nazionale. Non ci sarebbe stato alcun problema, se non fosse che Menem è noto per aver portato allo sfascio il paese con le iniezioni di neoliberismo selvaggio nella già disastrata economia argentina. L’ex presidente ha ricambiato evidenziando come Scioli sia il candidato che rispecchia maggiormente le sue idee. Non proprio un buon auspicio. Qualcuno già definisce Scioli un presidente di transizione in vista di una nuova candidatura di Cristina Kirchner nel 2019, ma i dubbi non si fermano qui. Se a livello internazionale Scioli sembra intenzionato a mantenersi sulle posizione cristiniste almeno per quanto riguarda il consolidamento del Mercosur e lo stretto legame con altri paesi del campo progressista, a partire dal Brasile (nonostante la crisi politica che sempre più sta coinvolgendo Dilma Rousseff e il suo Pt), a proposito della questione, ancora aperta, dei fondi avvoltoio, il candidato del Frente para la Victoria non pare propenso a muoversi con lo stesso impeto di Cristina e Néstor Kirchner. A livello interno, invece, Scioli è accusato per non porre particolare attenzione ai diritti umani. In un lungo reportage del sito di controinformazione Cosecha Roja, si parla delle carceri della provincia di Buenos Aires che verserebbero in condizioni disastrose, tra torture, violazioni dei diritti umani, furti e aggressioni, oltre a non avere i requisiti minimi di abitabilità. È in questo contesto che potrebbe inserirsi, almeno per guadagnare un buon numero di seggi alla Camera e al Senato, il Frente de Izquierda, che individua nello sciolismo un attacco ai diritti dei lavoratori ed un pericolo per lo sviluppo di una nuova crisi politica ed economica. Il Frente definisce Scioli, Macri e Massa come los jinetes del ajuste, dei cavalli di Troia utili allo stesso modo per l’oligarchia argentina, alla quale è servita su un piatto d’argento la possibilità di sfruttare ancora di più la società.

Se Scioli intende quantomeno garantire un percorso di continuità nel segno dell’integrazionismo latinoamericano, Macri e Massa sostengono esattamente il contrario, ma non hanno delle grandi proposte. Il sindaco di Buenos Aires si limita ad invocare il voto utile a scapito di Massa per battere Scioli, mentre l’esponente del Frente Renovador batte esclusivamente sul tasto della sicurezza, dall’aumento delle forze armate per proteggere le frontiere allo sradicamento del narcotraffico nelle villas miserias sull’esempio del Messico, le cui politiche per contrastare il sempre crescente traffico di droga e i cartelli da anni risulta essere fallimentare. Date queste premesse, ma anche la mancanza di proposte allettanti tra le destre peroniste esterne e interne al kirchnerismo, tutte rivolte soprattutto a mantenere fuori dalla vita politica del paese la classe lavoratrice, è difficile prevedere cosa attenderà l’Argentina, indipendentemente dal candidato che uscirà vincitore dalla contesa elettorale. Scioli, che si presenta sulla scia della ex presidenta Cristina, probabilmente vincerà sfruttando i risultati ottenuti dai coniugi Kirchner (prima Néstor e poi la moglie) nell’ambito dei diritti umani, grazie ai processi contro i militari che agivano per conto della dittatura, dei diritti civili e ad un welfare orientato a politiche di redistribuzione della ricchezza, per quanto in chiave assistenzialista come del resto è avvenuto in Brasile.

Dalla pochezza dei candidati, scrive il giornalista argentino Guillermo Almeyra per La Jornada, potrebbe rinascere quella lotta di classe che i tre candidati hanno dichiarato inesistente. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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