Latina

Dietro allo spettacolare arresto di Lula (poi rilasciato) il potere giudiziario, la polizia federale, il latifondo mediatico e la destra politica

Brasile: prove di golpe alla venezuelana

L’operazione Lava Jato è stata trasformata in uno strumento ideologico per distruggere il Pt e Lula
7 marzo 2016
David Lifodi

internet

Aos amigos, tudo; aos inimigos, a lei: questa massima, particolarmente in voga tra i poteri forti brasiliani, evidenzia bene l’utilizzo della giustizia come una clava e si applica perfettamente all’arresto di Lula, poi rilasciato, nell’ambito della cosiddetta Operação Aletheia. Il mandato di condução coercitiva, che ha caratterizzato la spettacolare operazione di cattura dell’ex presidente brasiliano per la gioia della stampa mainstream, rappresenta un passo verso l’abisso: si tratta di un processo di destabilizzazione istituzionale e avvicina il Brasile a quanto sta accadendo in Venezuela, non a caso il Partido dos Trabalhadores parla di “venezuelizzazione” del paese.

La probabile candidatura di Lula per le presidenziali del 2018, per le quali sarebbe già indicato come favorito, ha velocizzato l’iter golpista della destra, che dopo aver fallito l’impeachment contro Dilma Rousseff, per ora, ha scelto di colpire l’ex presidente del paese sfruttando al meglio l’operazione Lava Jato, il sistema di mazzette e riciclaggio all’interno dell’impresa petrolifera statale Petrobras per la quale, secondo l’opposizione, figura il coinvolgimento sia di Lula sia di Rousseff. C’è da dire che, nonostante a carico della presidenta e di Lula finora non ci sia stata nessuna accusa provata, quanto piuttosto una campagna di stampa che da tempo cerca di associare entrambi allo sistema di corruzione interno a Petrobras, il Pt ha gestito tutt’altro che bene l’intera vicenda. Tuttavia, le modalità di arresto di Lula, come se fosse un pericoloso delinquente, non solo mirano a danneggiare l’immagine dell’ex presidente, ma soprattutto cercano di escluderlo dalla vita politica brasiliana, come da tempo si proponeva di fare la destra. Scrive Emir Sader: “Il destino del Brasile è adesso. O Lula viene eliminato per via giudiziaria oppure, se riesce a superare questo momento così complicato, diviene automaticamente il favorito per le presidenziali del 2018”. Ad essersi uniti contro Lula e, più in generale, contro le forze progressiste e il Pt (che peraltro nel corso del tempo si è progressivamente spostato verso un rosa sbiadito ed è stato più volte al centro di episodi di corruzione, anche per esponenti di primissimo piano), il potere giudiziario, la polizia federale, il latifondo mediatico e la destra politica, sconfitta alle ultime presidenziali. Accuse mai provate, attacchi pubblici e minacce per associare la corruzione a Lula e Dilma che fanno parte di un piano politico predefinito, un vero e proprio colpo di stato giudiziario. Alla via militare del 1964, quando fu deposto “Jango” Goulart e i carri armati giravano per le strade, la destra brasiliana preferisce oggi sistemi più sofisticati. La condução coercitiva si applica in casi molto particolari, ad esempio se si teme la fuga dell’indagato o se si ritiene particolarmente pericoloso, ma non si tratta certo del caso di Lula. L’ex presidente si sarebbe recato comunque a deporre di fronte al magistrato senza un gigantesco dispiegamento della polizia più adatto ad arrestare un boss del narcotraffico che non un ex presidente trattato come un delinquente al solo fine di umiliarlo. Inoltre, non casualmente, l’attacco giudiziario a Lula arriva pochi giorni dopo i festeggiamenti per i 36 anni del Pt, poiché era stato proprio in quell’occasione che l’ex presidente aveva fatto capire che sarebbe stato disposto a ricandidarsi e del resto, che l’arresto si configuri come una vera e propria aggressione allo stato di diritto, si capisce dal fatto che non è in corso nel paese una battaglia, anche a livello di opinione pubblica, relativa alla trasparenza e alla lotta contro la corruzione. E ancora, merita spendere due parole anche sul giudice Sèrgio Moro, il grande inquisitore di Lula. Già in un articolo scritto nel 2004, Consideração sobre Mani Pulite, il magistrato esortava alla sovversione dell’ordine costituito per via giudiziaria e con il sostegno della grande stampa. Guarda caso, proprio Rede Globo, tra i principali avversari di Lula, ne aveva già annunciato l’arresto alcune ore prima che avvenisse. Lo stesso Moro, nel suo articolo, esaltava la prigione preventiva, la delazione, la tortura e il ricatto per ottenere confessioni utili ad incastrare avversari politici. L’apparato giudiziario-mediatico-poliziesco che ha condotto all’arresto di Lula, supportato da potenti gruppi mediatici (oltre a Globo, Folha e Estado de São Paulo), rappresenta, secondo alcuni, dei tratti apertamente fascisti poiché l’operazione Lava Jato è stata trasformata in uno strumento ideologico per distruggere il Pt e Lula. Di fronte all’arresto di Lula la gente è scesa in strada, al pari dei settori più radicali della destra, in un paese che rischia di polarizzarsi politicamente come il Venezuela, per la gioia dei settori più reazionari e golpisti della società. Al pari della salida invocata per Maduro dagli oppositori della rivoluzione bolivariana in Venezuela, la destra brasiliana parla apertamente di saida e, con il sostegno della stampa borghese, ha trasformato l’arresto dell’ex presidente in un vero e proprio spettacolo politico. “Atto di forza” e “sequestro” sono i termini maggiormente utilizzati per denunciare la persecuzione politica nei confronti di Lula. Secondo lo scienziato politico Ruda Ricci, intervistato dal Correio da Cidadania, sono saltate le basi minime per una disputa politica civile.

Lo stato d'assedio politico imposto dall'opposizione assomiglia molto alle premesse che hanno portato alla sconfitta di Maduro in Venezuela e all'affermazione di Macri in Argentina. Se cade anche il Brasile, tutta l'America Latina rischia di compiere un ulteriore passo indietro.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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