Latina

Alle presidenziali vince Pablo Kuczynki, già ministro dell'Economia di Alejandro Toledo

Perù: Fmi, banche e multinazionali amministrano il paese

Minime le differenze con Keiko Fujimori, sconfitta al ballottaggio
22 giugno 2016
David Lifodi

internet

Lo scorso 5 giugno, in Perù, si è consumato un tristissimo ballottaggio presidenziale tra due candidati significativamente definiti deplorables. Da un lato Keiko Fujimori, figlia di Alberto, che ha guidato il Perù per un decennio contribuendo a farlo sprofondare, dall'altro Pablo Kuczynki.

Ad imporsi è stato Pablo Kuczynki, (Peruanos para el Kambio) uomo di fiducia del Fondo monetario internazionale, volto di una destra conservatrice che, si spera, possa essere leggermente migliore di quella fujimorista, nemica giurata dello stato di diritto e fin troppo vicina all'ideologia paterna, nonostante il tentativo di smarcarsi di Keiko Fujimori, avvenuto soprattutto nella campagna elettorale per il secondo turno. Nel mezzo, Veronika Mendoza, la candidata di sinistra che è riuscita a riunire una parte del frammentato elettorato progressista peruviano, ma non tutti. Ad esempio, l'instancabile lottatore sociale Hugo Blanco ha espresso perplessità sul Frente Amplio che comunque, al primo turno, ha conquistato quasi 20 seggi al Congresso. Non male, considerando che l'attenzione dei media era focalizzata esclusivamente sulla sfida tra Kuczynki e Fujimori, definita anche una contesa tra un modello capitalista liberale (incarnato dal primo) ed un sistema capitalista autoritario (propugnato dalla seconda). Sotto inchiesta per riciclaggio di denaro sporco, Keiko Fujimori ha comunque ottenuto un risultato che permetterà al suo partito, Fuerza Popular, di controllare buona parte del Congresso, con 73 seggi su 130. Tuttavia, la differenza tra Kuczynki e Fujimori è minima e non si discosta molto, in termini di credo neoliberista, da altri due presidenti che hanno concluso i loro mandati con bassissime percentuali di gradimento: Alejandro Toledo e Alan García. Kuczynki, dal canto suo, probabilmente è riuscito ad aggiudicarsi la contesa elettorale grazie alla sua capacità di presentarsi come l'uomo in grado di garantire comunque l'agibilità politica e democratica rispetto a Keiko Fujimori, con cui peraltro condivideva la stessa formazione politica all'epoca dell'opposizione al presidente uscente Hollanta Humala. Un particolare da non sottovalutare: proprio Kuczynki, nel 2006, accusava le comunità indigene andine “di non avere abbastanza ossigeno nel cervello”. Il programma del nuovo mandatario del Perù, in ogni caso, non desta alcuna sorpresa: promette di dare impulso a megaprogetti per quanto riguarda la costruzione di nuove dighe e l'estrazione mineraria e, proprio per questo motivo, Hugo Blanco, da sempre impegnato a contrastare tutto questo, non ha gradito il realismo politico di Veronika Mendoza che, al ballottaggio, ha indicato Kuczynki come il male minore. La campagna di Mendoza, principalmente all'insegna dello slogan No a Keiko, ha avuto comunque il merito di rappresentare un'alternativa concreta alle due destre. Il peso politico della trentacinquenne frenteamplista è cresciuto proprio nelle ultime settimane prima della corsa presidenziale ed ha riunito una buona parte dei movimenti sociali, anche se, a proposito della frammentata sinistra peruviana, già si parla di Frente estrecho invece che di Frente Amplio. Su Le Monde Diplomatique, a proposito delle difficoltà della sinistra, nel suo articolo Perù: destra contro destra, Amanda Chaparro ha scritto: “La debolezza della sinistra ha diverse ragioni. Intanto la difficoltà di rinnovare il discorso marxista-leninista dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Gli anni di violenza, nei decenni 1980 1990, non hanno certo aiutato. <<L'ambiguità di alcune organizzazioni di sinistra rispetto al movimento maoista Sendero Luminoso ne ha rovinato stabilmente l'immagine, mentre il fujimorismo ha mandato in frantumi le sue strutture e i suoi agganci locali, con la persecuzione di leader politici e sindacali>>, spiega la politologa Stéphanie Rousseau”. Una cosa è certa: la propensione di Kuczynki  all'estrazione mineraria e alla costruzione di nuove centrali idroelettriche non potrà che acuire i conflitti ambientali già esplosi, e repressi duramente, sotto la presidenza Humala, che aveva raggiunto la presidenza schierandosi contro la svendita delle risorse naturali del paese per poi procedere in direzione diametralmente opposta e perseguitare i movimenti sociali. Preoccupa anche il sostegno di cui continua a godere Keiko Fujimori. Se il padre Alberto, che adesso sta scontando in carcere 25 anni di reclusione per l'utilizzo del pugno di ferro (per sconfiggere non solo Sendero Luminoso, ma anche l'Mrta di Néstor Cerpa Cartolini) tramite gruppi paramilitari responsabili di efferati massacri, la sterilizzazione forzata di decine di migliaia di donne (principalmente indigene) e , più in generale, per le continue violazioni dei diritti umani, Keiko in più di una circostanza ha ribadito che la presidenza paterna è stata la migliore nell'intera storia del paese, con buona pace dei tentativi di prenderne le distanze negli ultimi giorni della campagna elettorale. Nel migliore dei casi, il paese sarà amministrato per interposta persona dalle multinazionali, oltre che essere infestato dalle sette evangeliche di destra in combutta con la stessa Keiko Fujimori.

Dopo l'illusione di Hollanta Humala, che quando salì al potere era riuscito a  spacciarsi come un presidente popolare, trascorrerà molto tempo prima che le forze progressiste tornino alla guida del Perù. Ha scritto Amanda Chaparro: “L'orizzonte politico ed economico del paese non dovrebbe cambiare nei prossimi anni. Si tratta solo di sapere se sarà autoritario oppure no”.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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