Latina

L'organizzazione delle Bandas Criminales Paramilitarizadas è molto simile a quella mafiosa

Venezuela: i paramilitari dietro alla destabilizzazione del paese

Le cellule paramilitari si configurano come uno stato parallelo
18 luglio 2016
David Lifodi

internet

Tra i tanti sistemi che l'estabilishment utilizza per far cadere il presidente Maduro e affossare il processo bolivariano in Venezuela c'è il paramilitarismo. Non si tratta di una novità, poiché, già nel 2004, l'intelligence venezuelana arrestò 153 paras colombiani che intendevano progettare l'uccisione dell'allora presidente Chávez.

Oggi le Bandas Criminales Paramilitarizadas (Bcp) operano principalmente nella capitale Caracas, non più esclusivamente al confine con la Colombia, e possono vantare un'organizzazione capillare molto simile alle strutture mafiose. In pratica, le Bcp si configurano come uno stato parallelo dedicato al contrabbando, al ricilaggio di denaro sporco, ma anche all'organizzazione di forze di sicurezza alternative a quelle statali per garantire l'ordine pubblico in diversi quartieri della capitale. Si tratta di un lavoro territoriale completo che permette alle Bcp non solo di orchestrare le proteste e le azioni violente contro i militanti bolivariani, ma anche di proporsi come una vera e propria struttura criminale-imprenditoriale.
Nelle Bcp si possono ricoprire vari ruoli. Ad esempio, al gradino più basso, stanno i gariteros, giovani che entrano a far parte della rete criminale allo scopo di fare soldi facilmente e rapidamente. Si tratta di giovani tra i 17 e i 22 anni che provengono dai quartieri dove il consenso alle cellule paramilitari rappresenta la maggioranza degli abitanti del barrio. I gariteros hanno il compito di custodire le armi da fuoco delle bande, ma si occupano anche dello smercio della droga e spesso si trasformano in sicari su commissione. Il loro salario varia tra i 20 e i 40mila bolívares mensili. Al piano superiore stanno Los Avances, anch'essi sicari che però sono specializzati nell'utilizzo di armi ed esplosivi, oltre a far parte dell'entourage dei capi di ciascuna cellula. Un ruolo di primo piano lo svolgono anche i cobradores, impegnati nelle attività di estorsione, e las mamis, donne impiegate a svolgere un lavoro di controllo all'interno dei quartieri dove operano le Bcp. El Carro rappresenta la struttura di comando più vicina ai principales, i capi di queste cellule criminali, alcuni dei quali sono in stretto contatto con Álvaro Uribe, che, fin da quando era presidente della Colombia, ha cercato in ogni modo di destabilizzare il vicino Venezuela tramite una vera e propria guerra a bassa intensità. Inoltre, le Bcp si occupano anche del reclutamento di studenti e lavoratori che avvicinano attraverso le offerte più disparate: si va dall'offerta di un cellulare di ultima generazione a quella di poter guadagnare facilmente un mucchio di soldi tramite omicidi mirati. Ad esempio, uccidere un capitano della Guardia Nazionale Bolivariana vale almeno 500 dollari. Le Bcp hanno una vera e propria struttura imprenditoriale poiché utilizzano dei contabili per stipendiare i propri affiliati e compiere le operazioni di riciclaggio di denaro sporco, oltre ad essere in contatto con persone che li appoggiano dall'estero, come dimostra il deposito di alcuni conti a Panama. Lo scopo principale delle Bcp, in parte raggiunto, è quello di legittimarsi di fronte alla popolazione locale tramite il traffico di droga, di armi e sostituirsi così allo stato nei barrios di Caracas. Secondo l'intelligence venezuelana nel corso del tempo le cellule paramilitari hanno subito diverse sconfitte, tra cui l'arresto di numerosi esponenti di primo piano, ma al tempo stesso la loro capacità di utilizzare le reti sociali tramite messaggi criptati e l'abilità di sfruttare al meglio la tecnologia di ultima generazione fa capire che i paras sono tutt'altro che sconfitti.
Da quel 9 maggio 2004, quando nella finca Daktari fu sgominata una banda di paramilitari colombiani che voleva abbattere Chávez con il sostegno e l'approvazione, tra gli altri, di Robert Alonso (proprietario della finca, esponente della Coordinadora Democrática e poi fuggiasco a Miami al fallimento del colpo di stato), di Gustavo Zing Machado (imprenditore dello stato di Zulia e finanziatore dei paras, anch'esso rifugiato a Miami in fuga dalla giustizia venezuelana) e di Orlando Urdaneta (vicino al capo delle Autodefensas Unidas de Colombia, Salvatore Mancuso), è passato molto tempo, ma i piani di destabilizzazione si sono susseguiti da un anno all'altro. Nel 2008 l'ex presidente venezuelano José Vicente Rangel denunciò la presenza, nello stato di Zulia, di paramilitari colombiani pronti a compiere un'incursione in Venezuela per poi rientrare prontamente in Colombia con il sostegno di Manuel Rosales, in lizza per Miraflores nelle presidenziali del 2006, ma sconfitto da Hugo Chávez. Infine, nel 2014-2015, le guarimbas di Leopoldo López e Antonio Ledezma, entrambi legati ad Álvaro Uribe per mettere in pratica La Salida, il piano per estromettere politicamente Maduro.

La recente uccisione di Elizabeth Aguilar, dirigente della Unidad de Batalla Bolivar Chavez, fa capire che il ruolo dei paramilitari nella guerra a bassa intensità sferrata contro Maduro e la rivoluzione bolivariana è tutt'altro che di secondo piano e avviene nel segno di una politica di paramilitarizzazione dei territori che sta prendendo sempre più piede non solo in Venezuela, ma in tutta l'America Latina. Modello di guerra irregolare finanziata fin dagli anni Novanta dal grande capitale (vedi la contra antisandinista in Nicaragua), il paramilitarismo attualmente è assai diffuso in Colombia, Messico e in tutto il Centroamerica.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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