Colombia: accordo tra Ejército de Liberación Nacional e governo
Il cessate il fuoco dovrebbe protrarsi fino al 12 gennaio, ma molto dipenderà anche da come andranno le trattative tra le parti in questo lasso di tempo, anche perché ancora non si è parlato di abbandono o consegna delle armi da parte della guerriglia che, fin dall’inizio, ha rifiutato il metodo del presidente Juan Manuel Santos, basato solo ed esclusivamente sull’imposizione dello Stato e già messo in atto all’inizio del dialogo con le Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia). Per risolvere gli eventuali contrasti che potrebbero verificarsi tra Eln ed esercito nei territori dove maggiore è l’influenza dei guerriglieri (Catatumbo, Chocó, Valle e Arauca), diversi vescovi hanno offerto la loro disponibilità per un’eventuale mediazione che comunque sarà monitorata anche dall’Onu. Da parte sua, l’Eln si è impegnato ad interrompere i sequestri a scopo estorsivo, i sabotaggi (tra cui gli attentati alle infrastrutture petrolifere), a non seminare mine in territori dove la popolazione civile possa correre dei rischi e a non reclutare tra le sue fila minori di 15 anni di età.
Al tempo stesso, l’Eln ha chiesto allo Stato colombiano di rispettare una serie di impegni precisi, tra cui quello di bloccare la proliferazione delle bande paramilitari e gli omicidi dei leader sociali. Su questo punto, finora, Juan Manuel Santos e il suo governo hanno lasciato molto a desiderare, nonostante al presidente colombiano sia stato assegnato, un po’ troppo frettolosamente e assai immeritatamente, il Nobel per la Pace. In particolare, l’Eln ha chiesto espressamente la deroga di un decreto del 2002 che sancisce l’obbligo, per il Ministero dell’Interno, di porre subito in atto tutte le necessarie misure di protezione per gli attivisti sociali che ricevono minacce. Su quest’ultimo aspetto, se pensiamo alle responsabilità di Santos all’epoca del suo mandato di ministro degli Interni, quando era ancora il delfino di Uribe ed ebbe enormi responsabilità nel caso dei falsos positivos, non c’è da essere molto ottimisti. E ancora, la guerriglia ha chiesto che il governo si attivi per il miglioramento delle condizioni di vita dei prigionieri politici, a partire dal trasferimento in carceri più vicine ai luoghi dove vivono i loro familiari.
Il momento, per la Mesa de Conversaciones di Quito, sembra propizio, hanno scritto diversi analisti politici, sottolineando anche la contemporanea trasformazione delle Farc nel partito politico Fuerza Alternativa Revolucionaria del Común. Al tempo stesso, si tratta della prima volta che l’Eln raggiunge un cessate il fuoco bilaterale di questo tipo con il Governo, ma a tutto ciò i mezzi di comunicazione mainstream non hanno dato spazio, insistendo soprattutto sui riferimenti del Papa, in occasione della sua recente visita, all’uccisione del vescovo Jesús Emilio Jaramillo da parte dell’Eln, avvenuta per mano della guerriglia nel 1989 e per la quale la formazione armata ha più volte chiesto perdono. Del resto, non si può negare la profonda influenza che ha avuto la Teologia della Liberazione sull’Eln, grazie alla presenza di figure storiche come Camilo Torres, il sacerdote guerrigliero caduto in battaglia nel 1966, e dei religiosi spagnoli Domingo Laín e Manuel Pérez Martínez, quest’ultimo comandante della guerriglia per vari anni. Durante la visita papale è passata l’idea che la guerriglia delle Farc e dell’Eln fosse il male assoluto, mentre lo Stato non si è assunto alcuna responsabilità per i crimini di cui è stato protagonista, a partire dall’omicidio selettivo di esponenti dei movimenti sociali, di campesinos, delle comunità indigene, degli uomini e delle donne delle comunità di pace, tra cui quella di San José Apartadó, fino allo sterminio, alla metà degli anni Ottanta, dei militanti di Unión Patriótica e ai ripetuti tradimenti degli accordi di pace all’epoca delle presidenze di Pastrana e Uribe.
Dal buon esito di questa prima negoziazione tra Eln e Governo e dal proseguimento degli accordi di pace tra le Farc e lo Sato colombiano, attualmente in una fase di stallo sotto diversi punti di vista (tanto che i comandanti della guerriglia hanno invitato più volte Palacio Nariño a rispettare i patti), dipenderà il futuro di una pace che è messa continuamente a rischio da un paramilitarismo mai contrastato con sufficiente efficacia.
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