Colombia, la nave scuola spacciava droga
Triste destino quello del veliero «Gloria», fiore all'occhiello della Marina militare colombiana, rovinosamente decaduto a metafora della corruzione dilagante del narcotraffico nel paese sudamericano. Grazie ad un'improvvisa perquisizione realizzata giovedi scorso nel porto di Cartagena, in un serbatoio della sala macchine è stato scoperto un carico di 16 chili e mezzo di eroina e dieci di cocaina, pronto a essere smerciato nelle città costiere degli Usa e dell'Europa dove «Gloria» avrebbe dovuto approdare nella prevista prossima crociera di sei mesi. Irritato da questo ennesimo scandalo legato alla droga, Alvaro Uribe ha optato per la linea dura, sospendendo tutto l'equipaggio formato da 75 uomini, tra ufficiali, sottufficiali, marinai e personale civile. E ovviamente ordinando di mettere i sigilli alla «Gloria», fino alla conclusione dell'inchiesta giudiziaria.
Attraverso un comunicato ufficiale il governo ha fatto sapere di «preferire che il veliero marcisca in rada piuttosto che vedere marcire la dignità nazionale». Indirizzando i sospetti su tre sottufficiali della nave, dei quali non è stata ancora rivelata l'identità,il comandante della Marina, ammiraglio Mauricio Soto Gómez, ha cercato pateticamente di trovare del positivo nell'episodio, affermando che «se èvero che il narcotraffico si è infiltrato in molte istituzioni, come la nostra, è anche vero che è stato scoperto e che quindi le istituzioni sono sane».
Per non imbarazzare ulteriormente Alvaro Uribe, ieri il presidente peruviano Alejandro Toledo, in viaggio ufficiale in Colombia per concordare, guarda caso, la «comune attività contro il flagello della droga», ha disdetto la prevista visita a Cartagena, che si sarebbe dovuta concluderecon una cerimonia ufficiale proprio a bordo del veliero incriminato.
I vertici civili e militari colombiani, che da decenni fanno uno spregiudicato uso politico della droga assimilando soprattutto i ribelli delle Farc ai narcos, sono screditati da scandali ormai quotidiani. Mercoledi scorso, ad esempio, Jaime Londoño, il capo militare del Cartello del Nord del Valle (ormai l'unico gruppo mafioso con una struttura organizzata rimasto in Colombia), è statocatturato nella sede del Circolo Sottufficiali di Bogotà, dove risiedeva tranquillamente da tempo. La settimana prima, invece, un reparto militare del battaglione «Boyacà» aveva massacrato, con un'esecuzione spietata,undici tra poliziotti e informanti paramilitari, che trasportavano un carico di coca nella zona montagnosa di Guaitarilla, nella regione meridionale del Nariño. Un episodio di barbarie e corruzione sul quale le autorità statali, in lotta tra di loro, non sono ancora riuscite a fornire all'opinione pubblica una versione sufficientemente credibile. Secondo il deputato progressista Gustavo Petro, ex guerrigliero dell'M-19, il caso del «Gloria» conferma la decomposizione sociale e morale del paese: «E' un fatto simbolico, ma è anche la punta dell'iceberg di quanto i narcos e i paramilitari si siano impadroniti del potere».
Nonostante i sondaggi telecomandati, affidati a Gallupp e ad altre imprese del genere, continuino ad attribuirgli una grande popolarità, Uribe appare come un pugile frastornato, incapace di sconfiggere non solo la guerriglia,ma anche la corruzione, come si era impegnato a fare solennemente quando erastato eletto presidente. Manca solo che qualcuno gli giochi uno scherzo simile a quello organizzato al suo predecessore Ernesto Samper nel 1996, quando vennero scoperti quattro chili di eroina nel bagagliaio dell'aereo presidenziale pronto a decollare per New York, dove l'allora presidentedoveva parlare ad un'assemblea generale delle Nazioni Unite. Sbarcato negli Usa, Samper riuscì a fare dell'ironia sostenendo di «esserearrivato con qualche chilo di meno». Difficile immaginare che l'arrogante Uribe possa dimostrarsi, in un caso del genere, altrettanto spiritoso.
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