Latina

Il giornalista Maurice Lemoine spiega su Le monde diplomatique il sostegno dei due paesi centroamericani a Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico

Guatemala e Honduras scelgono Israele

Fin dagli anni '70 i militari israeliani hanno appoggiato la repressione di indigeni maya e contadini in Guatemala
10 gennaio 2018
David Lifodi

internet

Negli ultimi giorni del 2017 il conflitto tra Palestina e Israele è entrato prepotentemente nell'agenda politica dei paesi dell'America latina. Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, sbandierato platealmente e provocatoriamente da Donald Trump, seppur condannato dalla stragrande maggioranza dei paesi membri delle Nazioni unite, ha potuto contare sulla codarda astensione di Messico e Argentina, alleati di Washington per via di Mauricio Macri ed Enrique Peña Nieto, vassalli del presidente statunitense nel suo patio trasero, ma soprattutto sul sostegno entusiasta di Honduras e Guatemala.

Tuttavia, Jimmy Morales, il controverso presidente guatemalteco, ha deciso di compiere un'ulteriore provocazione, prendendo la decisione di trasferire l'ambasciata del suo paese da Tel Aviv a Gerusalemme. La mossa di Morales ha lasciato di sorpresa in molti, soprattutto il motivo per cui un piccolo paese come il Guatemala, con una classe politica corrotta e amministrata in pratica dai grandi cartelli della droga, messo in ginocchio dalle pandillas ed afflitto da estrema povertà, abbia deciso all'improvviso di entrare a gamba tesa nella questione mediorientale. Ci sono ragioni che portano alla dipendenza del Guatemala da Washington, a partire dal milione di migranti che risiede in maniera più o meno legale negli Stati uniti e che invia ogni mese le cosiddette remesas alle famiglie rimaste in Centroamerica. Almeno 40mila guatemaltechi sono stati rimpatriati a seguito della stretta sull'immigrazione imposta da Trump. E ancora, Jimmy Morales teme che proprio dagli Stati uniti venga l'ordine di abbandonarlo al suo destino. L'ex comico è indagato sia per esser stato scoperto nella sua opera di riscossione di tangenti mensili da migliaia di dollari dalle forze armate e per il finanziamento illegale di cui avrebbe goduto il Frente de Convergencia Nacional (il partito di estrema destra composto in gran parte da ex veterani responsabili della guerra sporca e del genocidio maya compiuto negli anni '80), che lo hanno condotto alla presidenza del paese.

Aldilà delle ragioni contingenti, il motivo delle "eccellenti relazioni" tra Morales e Netanyhau è spiegato nel dettaglio nell' articolo "Guatemala e Israel, una historia antigua y sangrienta", pubblicato sul sito web Rebelión dal giornalista di Le monde diplomatique Maurice Lemoine, il quale ha sottolineato come il Guatemala fu il secondo paese, subito dopo gli Usa, a riconoscere l'esistenza di Israele in territorio palestinese il 14 maggio 1948. Lemoine evidenzia che il sostegno militare di Israele al paese centroamericano ha avuto inizio negli anni '70, quando Tel Aviv forniva al Guatemala gli aerei Aravaet e altri tipi di armamenti per combattere le organizzazioni guerrigliere, dall'Ejército Guerrillero de los Pobres all'Organización Revolucionaria del Pueblo en Armas. Anche nell'offensiva sferrata contro l'Unidad Revolucionaria Nacional Guatemalteca (Unrg), che era sorta per unire le differenti organizzazioni che praticavano la lotta armata, c'è lo zampino di Tel Aviv, che non si è mai creata nessun problema a fare affari con il dittatore Ríos Montt e con il generale Benedicto Lucas, il quale utilizzò decine di consiglieri militari israeliani per affiancare l'intelligence guatemalteca. La costruzione di una fabbrica di armi, la Eagle Military Gear Overseas, in Alta Verapaz, la dice lunga sulle responsabilità di Israele non solo nel combattere la guerriglia, ma nella repressione condotta senza alcuna pietà contro le comunità indigene e contadine. Del resto, sempre Lemoine sottolinea che fu lo stesso Montt (condannato nel 2013 per crimini contro l'umanità e genocidio prima che il Tribunale costituzionale guatemalteco si affrettasse a dichiarare nullo il processo) a dichiarare al quotidiano spagnolo Abc: "Il nostro successo si deve ai nostri soldati, che sono stati addestrati da Israele". L'intervista risale al 1982, cioè in pieno conflitto armato, quando lo Stato si rese protagonista delle peggiori atrocità contro gli indigeni maya e i contadini, accusati di collaborare con la guerriglia.

La sfida portata contro la condanna delle Nazioni unite a proposito del trasferimento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, non ha avuto come protagonista in negativo soltanto il Guatemala, ma anche l'Honduras, un altro paese dove le ultime elezioni sono state caratterizzate dalla farsa che ha permesso a Juan Orlando Hernández di riconfermarsi alla guida del paese. Nonostante le piazze e le strade dell'Honduras si siano riempite di persone che protestavano contro la frode che ha dichiarato sconfitto Salvador Nasralla, il candidato del vasto fronte composto da movimenti sociali e organizzazioni popolari contro il regime di Joh, Donald Trump si è affrettato a riconoscere l'esito delle presidenziali e, da parte sua, il confermato mandatario honduregno non poteva far altro che allinearsi a Washington: riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele era il minimo che potesse fare per sdebitarsi. Ancora una volta è interessante riportare ciò che sostiene Maurice Lemoine: "Quando le lotte popolari trionfavano in Nicaragua e progredivano in El Salvador, il Guatemala si trasformò nel paese in cui il 30% delle armi israeliane acquistate venivano rivendute nella regione, in particolare alla contra nicaraguense.

Ecco perché Guatemala e Honduras si sono allineate, una volta di più, agli Stati uniti, fingendo di non sentire le ragioni dei palestinesi e schierandosi con i più forti, Tel Aviv e Washington.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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