Latina

Il presidente brasiliano ordina l’invio della polizia militare per decreto

Brasile: Temer dichiara guerra alle favelas di Rio

Si tratta di una sorta di stato d’assedio non dichiarato
27 febbraio 2018
David Lifodi

internet

Lo scorso 16 febbraio il presidente brasiliano Michel Temer ha firmato un discusso decreto che militarizza le favelas di  Rio de Janeiro imponendo la presenza dell’esercito. Saranno i militari a garantire la sicurezza nella seconda città del paese e nell’omonimo stato. Si tratta della prima decisione del genere da quando, alla metà degli anni Ottanta, è tornata la democrazia in Brasile. Il provvedimento è stato annunciato in pompa magna due giorni dopo il termine del Carnevale di Rio, caratterizzato da saccheggi di negozi e scontri tra le bande criminali e la polizia, ma è evidente che si tratta di una misura puramente propagandistica.

Tuttavia, il nuovo passo verso la crescente militarizzazione del paese suscita non poche preoccupazioni perché ancora una volta si fa ricorso alle forze armate, come già accaduto in precedenza in occasione della Coppa del mondo di calcio del 2014 e delle Olimpiadi del 2016, disputatesi proprio a Rio. La dichiarazione di guerra di Temer ai favelados, non si può infatti definire in altro modo un atto simile, secondo l’ex ministro della Giustizia della ex presidenta Dilma Rousseff, Eugênio Aragão, rappresenta una vera e propria licenza di uccidere concessa ai militari. Eppure, nonostante la mossa di Temer abbia ottenuto un forte appoggio da parte del Congresso anche se la sua squadra di governo perde progressivamente pezzi, Rio de Janeiro figura solo al decimo posto tra gli stati più violenti del paese e la presenza dell’esercito causerà una serie di rischi non solo per gli abitanti delle favelas, ma anche per gli stessi militari.

Tra i primi a sollevare delle perplessità l’ambiguo generale Eduardo Villas Bôas, che ha voluto mettere i suoi uomini al riparo da ogni rischio: “Prima ci chiamano a combattere contro i narcotrafficanti, ma se uno dei miei sottoposti uccide per legittima difesa viene incriminato e processato”. In parole povere, il generale ha rivendicato la mano libera per poter fare irruzione nelle case ed avere una giustificazione per un eventuale utilizzo del grilletto facile da parte dei suoi assimilando tutti i favelados ai criminali. Purtroppo nelle favelas, a partire da quelle di Maré o Alemán, in più di una circostanza hanno dovuto affrontare episodi del genere. L’ultimo è accaduto di recente nella favela Kelson’s, dove i militari hanno perquisito bimbi tra i 7 e i 12 anni prima dell’ingresso a scuola alla ricerca  alla ricerca di pistole e fucili da guerra. Le irruzioni nelle case in piena notte, effettuate nel corso degli anni, hanno provocato in tante persone attacchi di panico mai più scomparsi ed il collettivo Papo Reto ha dato una serie di consigli utili al milione e mezzo di abitanti che vive nelle circa 800 favelas di Rio de Janeiro, a partire dal portarsi sempre dietro un telefono cellulare per denunciare eventuali abusi della polizia. Tra gli altri suggerimenti, anche quelli di avere sempre un documento d’identità e il libretto di lavoro da mostrare ai militari in caso di un controllo.

La misura di Temer è stata bollata da molti giuristi come incostituzionale e foriera di violazioni dei diritti umani. Inoltre, la provocatoria dichiarazione di Villas Bôas, che non intende far giudicare i suoi uomini da una giustizia che non sia quella militare ha insita una contraddizione: se i militari agiscono per mantenere la pubblica sicurezza, il foro atto a giudicarli non può essere quello del loro stesso ordine, ma esclusivamente pubblico.

Il problema della sicurezza di Rio de Janeiro è cronico e tutti coloro che si sono adoperati per risolverlo lo hanno fatto soltanto in chiave repressiva. In quasi tutte le favelas sono presenti bande criminali che fanno sentire i militari in diritto di considerare intere comunità come territori ostili dove l’unica soluzione presa in considerazione è l’utilizzo della forza. Al tempo stesso, l’invio della polizia militare nelle favelas è ritenuto necessario per ristabilire il controllo dello stato in ampie zone della città dove l’autorità de facto è quella dei narcotrafficanti. Attualmente Rio de Janeiro è la dodicesima città brasiliana dove si registra il più alto tasso di omicidi ogni centomila abitanti. Si tratta di un dato di certo non roseo, ma nemmeno così allarmante, per il contesto brasiliano, da giustificare questa sorta di vera e propria dichiarazione di guerra alle favelas e ai suoi abitanti.

La Federazione municipale delle associazioni dei residenti delle favelas dello stato di Rio de Janeiro è stata la prima a stigmatizzare la decisione di Temer e del Congresso: “Siamo stufi di uno Stato che ci manda la forza bruta all’interno delle nostre case. La favela non è una zona ostile, ma uno spazio dove abitano donne e uomini che lottano ogni giorno per guadagnarsi da vivere onestamente”. E sui social degli abitanti delle favelas iniziano a circolare consigli e suggerimenti su come affrontare la polizia in caso di un’irruzione improvvisa nelle case o di perquisizioni delle automobili.

Nel frattempo, a Rio de Janeiro, lo stato di diritto viene calpestato ogni giorno di più.   

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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