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Al vertice in programma a Lima il 13 e 14 aprile parteciperanno paesi che non hanno l’autorità morale per attaccare il Venezuela

Cumbre de las Américas: a picco la credibilità del Gruppo di Lima dopo le dimissioni di Kuczynski

Il nuovo presidente peruviano Martín Viczarra è a sua volta indagato
31 marzo 2018
David Lifodi

internet

Il 13 e 14 aprile a Lima si terrà la Cumbre de las Américas, che avrebbe dovuto sancire, una volta di più, l’isolamento del Venezuela, ritenuto apertamente un ospite non gradito. Invece, la rinuncia a proseguire l’incarico presidenziale del peruviano Pedro Pablo Kuczynski, travolto dallo scandalo per corruzione legato al caso Odebrecht, ha sollevato ancora una volta la doppia morale dei paesi latinoamericani alleati di Washington, in prima linea nel condannare il Venezuela bolivariano, ma con una scarsa credibilità. Non a caso, Nicolás Maduro commentava sarcasticamente: “Chi verrà a ricevermi al mio arrivo a Lima?”

Le dimissioni di Kuczynski non solo hanno delegittimato la credibilità dell’autodenominato Gruppo di Lima, una sorta di cartello fantoccio chiamato a fare la guerra contro il Venezuela per conto della Casa Bianca, ma provocato anche un polverone nella già disastrata congiuntura politica peruviana. Prima di presentare le sue dimissioni, accettate con 105 voti di approvazione, Kuczynski ha chiesto che fosse cancellata dalla risoluzione di abbandono dell’incarico la parte di testo in cui era definito come “traditore della patria”. A sostituirlo sarà Martín Viczarra, fino al 21 marzo, il giorno delle dimissioni, ambasciatore in Canada, ma soprattutto a sua volta indagato all’epoca in cui era ministro dei Trasporti per il caso dell’aeroporto internazionale di Chinchero. Tuttavia, considerando che la Cumbre de las Américas ha come obiettivo principale quello di rafforzare la lotta contro la corruzione, il Perù e i paesi che condividono con Lima l’avversione nei confronti del Venezuela non ci fanno una gran bella figura, vista la vicenda di Kuczynski e i guai con la giustizia dello stesso Viczarra, il quale per mantenersi alla guida del paese sarà comunque costretto a venire a patti con il fujimorismo.

Anche la bancada fujimorista, però, non è esente dagli scandali. Keiko Fujimori, figlia di Alberto “el Chino” Fujimori, che fino al 2000 ha governato il paese tramite la politica del pugno duro e del terrore, è indagata per riciclaggio di denaro sporco sempre in relazione al caso Odebrecht. Quanto a Kenji Fujimori, il suo gruppo di parlamentari a fine dicembre aveva scelto di astenersi sull’impeachment al presidente Kuczynski per via dello scandalo per corruzione che vede come protagonista la multinazionale del settore edile Odebrecht e, in cambio, era arrivato il favore del presidente: l’indulto per motivi di salute al dittatore condannato a 25 anni di carcere. Anche Kenji, tuttavia, insieme ad altri due suoi fratelli, è coinvolto, in attività di riciclaggio di denaro sporco nel tentativo di far crescere il capitale di una società intestata a loro nome. Nel 2013, a seguito di una perquisizione della polizia nei magazzini della ditta, furono rinvenuti circa 91 chilogrammi di droga.

È evidente che parlare di governabilità democratica e corruzione alla Cumbre del 13-14 aprile sembri quantomeno paradossale,  ma non per le facce di bronzo corrispondenti ai presidenti di Messico, Honduras, Colombia, Argentina, Brasile, Cile e Panama, dove abbondano casi simili a quello peruviano. Il messicano PeñaNieto si appresta a lasciare un paese nelle mani del narcotraffico e dove la sparizione delle persone è frutto non solo dei cartelli della droga, ma anche dello stato, in Honduras Juan Orlando Hernández si è confermato alla guida del paese a seguito di un’evidente frode elettorale e a Panama la sovranità territoriale è stata svenduta ai militari Usa che fino a luglio faranno esercitazioni, ma soprattutto il loro scopo è quello di fare pressione su Cuba e Venezuela. Quanto al golpista brasiliano Temer, all’argentino Macri, che fa della repressione la sua politica principale e al colombiano Juan Manuel Santos, Nobel per la pace mentre nel paese ogni giorno si registrano nuovi casi di omicidio ai danni dei leader dei movimenti sociali, si capisce il motivo per cui non debbano essere ritenuti degni di un gran credito.

Inoltre, il Gruppo di Lima è responsabile di aver violato i principi di non minacciare né violare o aggredire paesi terzi, come indicano l’Organizzazione degli stati americani (Osa, istituzione anch’essa fortemente ambigua), l’Onu e il diritto pubblico internazionale, ogni volta che ha condiviso le bellicose dichiarazioni degli Stati uniti contro Caracas. Sul caso dell’eventuale intervento militare degli Usa in Venezuela, sostenuto più volte anche dal Perù, vanno ricordate le dichiarazioni del membro indipendente del Consiglio per i diritti umani Onu, Alfred-Maurice de Zayas. Il giurista e storico statunitense ha denunciato il fatto che la crisi umanitaria a cui si appella il Gruppo di Lima è “artificiale” e dovuta sia alla guerra economica scatenata contro Caracas dagli Stati uniti sia da un’opposizione violenta che mira a minare dall’interno le fondamenta del Venezuela.

Nonostante Alfred-Maurice de Zayas sia stato messo ai margini e ridicolizzato per quanto ha sostenuto, il Gruppo di Lima non può ergersi ad una sorta di Consiglio di sicurezza dell’Osa, né rappresenta la Celac (la Comunità di stati latinoamericani e del Caribe) né altri organismi regionali, per cui a Lima si terrà un vertice tra paesi che non hanno alcuna autorità morale per condannare il Venezuela o parlare di democrazia e anticorruzione.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it.
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