Paraguay: nelle urne ritorna lo stronismo
La vittoria di Mario Abdo Benítez, già presidente del Senato, era comunque nell’aria, anche se non con un margine così risicato. I sondaggi assegnavano al leader dei colorados circa 20 punti percentuali in più rispetto al suo avversario. L’unica consolazione, per l’opposizione, è che lo scarso margine che ha permesso a Mario Abdo Benítez di guadagnare la presidenza del paese, lo costringerà comunque a negoziare con il centrosinistra, ma la sua campagna elettorale, che ha goduto del sostegno dell’oligarchia terrateniente, è stata all’insegna della criminalizzazione dei campesinos e dei movimenti sociali.
Pur essendo uno dei paesi più piccoli del Cono Sur, il Paraguay riveste da sempre un’importanza strategica fondamentale, tanto che l’agenzia di stampa Alainet ha scritto che il risultato delle presidenziali avrebbe interessato soprattutto i potenti e i più grandi paesi confinanti, l’Argentina e il Brasile, per via dei trattati stipulati rispettivamente sulla centrale idroelettrica di Yacyretá e Itaipú, entrambi a svantaggio di Asunción. Inoltre, preoccupano gli accordi sottoscritti all’epoca della presidenza Cartes, che di certo non saranno disconosciuti da Mario Abdo Benítez, sempre con Brasile e Argentina, per l’installazione di una base militare alla Tripla Frontiera, rilanciando così quella dottrina di sicurezza nazionale inaugurata dal regime stronista e che isolò il paese per oltre 30 anni. Considerando che alla guida di Brasile e Argentina ci sono Temer e Macri, l’alleanza con Mario Abdo Benítez non farà altro che consolidarsi ulteriormente.
Quanto ad Efraín Alegre, si è trattato di una sconfitta sotto certi aspetti annunciata, anche per via della discutibile strategia politica attuata dal centrosinistra. Ganar (Gran Alianza Nacional Renovada), questo il nome dell’alleanza che sosteneva Alegre, è sorta dall’unione tra liberali e sinistra, già andata in frantumi nel 2012, quando il vicepresidente dell’ex monsignore Fernando Lugo, Federico Franco, ordì un colpo di stato ai suoi danni che poi ha spalancato la strada a Cartes e ai colorados. Già nel 2013 Cartes aveva sconfitto Alegre. Il Frente Guasù, il partito di Fernando Lugo, aveva presentato come vice di Alegre Leo Rubin, per dimostrare che Ganar era realmente un’alleanza rappresentata da un tandem che condivideva il legame tra liberali e centrosinistra, ma tutto ciò non ha convinto fino in fondo gli elettori. Tra gli impegni assunti da Alegre in caso di vittoria, il recupero della sovranità energetica, un aspetto che aveva suscitato diverse discussioni con il Brasile anche in epoca lulista, la sanità pubblica gratuita e un maggior impegno per sconfiggere corruzione e crimine organizzato.
In quattro anni di presidenza Horacio Cartes, tra le altre cose molto chiacchierato per via dei suoi presunti legami con il narcotraffico, aveva spalancato le porte al capitale straniero e si era reso responsabile della violenta repressione scatenata più volte nei confronti dei movimenti sociali, a partire dalle proteste del 31 marzo 2017 contro il tentativo di introdurre un emendamento costituzionale affinché fosse rieletto. Inoltre, sotto Cartes, è cresciuta la corruzione, la povertà è raddoppiata ed il paese ha conosciuto più volte lo stato d’assedio, imposto per combattere la guerriglia dell’Ejército del Pueblo Paraguayo, incolpato a prescindere di qualsiasi crimine viene commesso nel paese.
La vittoria di Mario Abdo Benítez, secondo molti analisti politici, non fa che rafforzare la dittatura del Partido Colorado in Paraguay, che governerà all’insegna dei progetti conservatori-neoliberali promossi da Cartes, a partire dalla contestata Ley de Alianzas público-privadas e dalla legge che permette alle forze armate di intervenire in questioni di sicurezza interna. La primavera democratica del Paraguay, interrotta nel 2012 da un discusso colpo di stato parlamentare sfruttando un cavillo della Costituzione, non tornerà a breve.
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