Dopo Chávez. Come nascono le bandiere
A seguito della morte di Chávez, avvenuta il 5 marzo 2013, tutto l’apparato mediatico antichavista ha iniziato a delegittimare il suo successore, Nicolás Maduro. Ci hanno provato, ad ogni elezione, anche i vari sfidanti della Mud (Mesa de la unidad democrática), la litigiosa coalizione antichavista che è già un ossimoro nella sua denominazione, a sottolineare che Chávez non era Maduro. Hanno scelto di farlo operando una sorta di discriminazione di classe, per rimarcare che l’attuale presidente era un ex autista del metro di Caracas, e, di conseguenza, non certo in grado di amministrare un paese. Solo per dare l’idea della conoscenza, anche in Italia, dello scenario politico venezuelano, l’autrice racconta un gustoso episodio capitatole pochi giorni prima di partire per uno dei suoi tanti viaggi in Venezuela. Entrata in un negozio per acquistare una nuova valigia, una volta conosciuta la destinazione di Geraldina Colotti, la proprietaria le confida che vorrebbe andare anche lei in Venezuela, ma dei suoi amici imprenditori le hanno riferito che per ora non è il caso, almeno finché non si liberano di “Maburro” (così l’opposizione si appella al presidente, facendo leva sul gioco di parole tra Maduro e burro, termine spagnolo che designa l’asino), pensando che sia il vero nome del capo di stato venezuelano.
Se il livello di informazione sul Venezuela anche qui da noi è questo, si capisce bene il motivo per cui la stessa Assemblea nazionale costituente, per la quale si è votato lo scorso 30 luglio in un clima politico caratterizzato dalle violenze di un’opposizione che alla fine aveva stancato gli stessi antichavisti (stufi di vivere in un terrore perenne), sia stata definita frettolosamente come una farsa messa su da un dittatorello latinoamericano, senza che alcuno si sia mai stracciato le vesti per l’assenza reale di democrazia in paesi come Honduras, Paraguay e Brasile (dove sono avvenuti colpi di stato), nell’Argentina macrista (dove i diritti civili, sociali e politici sono sottoposti a continui attacchi) o nella Colombia dove il neoeletto presidente uribista Duque e il suo predecessore Santos si appigliano ogni giorno ad un pretesto diverso per mandare a rotoli il fragile accordo di pace con le Farc.
In un viaggio per fabbriche occupate, organizzazioni femministe, palazzi governativi e soprattutto nelle strade e nelle piazze di un paese costretto ad essere costantemente sotto assedio, grazie a Geraldina Colotti il Venezuela non assume più le sembianze di una sorta di Corea del Nord in versione latinoamericana, ma quelle di un popolo con una forte coscienza sociale. Sarebbe lungo nominare tutte le persone con cui ha interloquito l’autrice durante i suoi numerosi soggiorni in Venezuela, ma almeno tre meritano una piccola citazione.
La prima è per Ernesto Villegas, giornalista nominato di recente ministro della Comunicazione da Maduro. Nel suo libro Abril golpe adentro, dedicato al tentato colpo di stato dell’aprile 2002, Villegas pronuncia un vero e proprio atto d’accusa contro i grandi network di comunicazione privati, le sedi dove era stata pianificata la destituzione dello stesso Chávez mettendo in conto anche un eventuale alto numero di morti. Quella che, a Cuba come nell’attuale contesto politico del Venezuela non può far altro che essere definita “controrivoluzione”, da questo punto di vista non si è mai fatta alcuno scrupolo. A provarlo sulla sua pelle, tra gli altri, il giovane deputato Robert Serra, ucciso nel 2014 per aver osato indagare sui legami tra la destra venezuelana e gruppi paramilitari uribisti provenienti dalla vicina Colombia per far fuori Chávez.
La seconda menzione è per una donna. Se la stampa mainstream ha incoronato come (pseudo) combattente per la libertà Lilian Tintori, fake woman moglie del picchiatore fascista di Voluntad Popular Leopoldo López, golpista e animatore delle guarimbas della prima ora incarcerato dal governo, merita una citazione, tra le altre, Xiomara Alfaro, prima cittadina di Ciudad Caribia, città eco socialista voluta da Chávez, impegnata a far funzionare questo esperimento di potere popolare.
Infine, non si può far a meno di nominare Isaías Rodríguez, ambasciatore del Venezuela in Italia che all’epoca del tentato colpo di stato mise a repentaglio la sua vita e, in qualità di procuratore generale, organizzò una conferenza stampa internazionale per denunciare il sequestro di Chávez.
Quello di Geraldina Colotti è un affresco del Venezuela e della rivoluzione bolivariana, soggetta, come tutti i processi di questo tipo, a contraddizioni e imperfezioni, ma fedele al suo popolo e ai suoi ideali. Quanti, tra gli inviati della grande stampa italiana ed europea hanno girato il paese in lungo e in largo come ha fatto lei per conoscere davvero il chavismo, le conquiste, i progressi e le difficoltà del Venezuela bolivariano e lo hanno raccontato senza pregiudizi?
Dopo Chávez. Come nascono le bandiere
di Geraldina Colotti
Jaca Book
2018
€ 22
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.
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