Honduras: Berta Cáceres, assassini alla sbarra
Sergio Rodríguez, direttore dell’area sociale, ambientale e di comunicazione di Desa, Mariano Díaz Chávez, maggiore dell’esercito e veterano delle forze speciali, Douglas Bustillo, luogotenente in ritiro dell’esercito ed ex capo di sicurezza di Desa ed Henry Hernández Rodríguez, sergente e tiratore scelto delle forze speciali, fanno parte di questo primo blocco. Roberto David Castillo Mejia, ex direttore generale di Desa, è in attesa del rinvio a giudizio.
Da anni il Copinh [1] - organizzazione della quale Cáceres fu coordinatrice - lotta con impegno per frenare il tentativo da parte di Desa e dell’impresa di stato cinese Sinohydro di realizzare il progetto. L’opera non è mai stata socializzata con le comunità della zona e genererebbe gravi impatti ambientali, in modo particolare al Rio Gualcarque, sacro per il popolo Lenca.
Questo lungo conflitto ha generato divisioni e scontri. La zona di Rio Blanco, Intibucà, è stata ripetutamente militarizzata e membri delle comunità locali lenca sono stati perseguitati, repressi, hanno subito attentati, la loro lotta è stata oggetto di criminalizzazione e persecuzione giudiziale. Gli attacchi contro le attiviste e attivisti del Copinh lasciano un saldo di varie persone ferite o assassinate. È in questo contesto di difesa dei territori e delle risorse comuni, di persecuzione e repressione, che Berta Cáceres fu assassinata la notte fra il 2 e 3 marzo del 2016 da un commando armato.
Mancano gli autori intellettuali
Sia il Copinh che i familiari della dirigente indigena assassinata assicurano che tuttavia lo Stato non ha voluto indagare sui mandanti del crimine. Bertha Zúniga, attuale coordinatrice del Copinh e figlia di Berta Cáceres, in un’intervista rilasciata a Radio Mundo Real [2] ha parlato dell’importanza del processo: “Non è il processo che vorremmo perché mancano gli autori intellettuali del crimine. Piuttosto è un gesto che il governo vuol fare di fronte alla comunità internazionale che sta esigendo giustizia. Nonostante questo sarà un processo storico che darà un segnale importante contro l’ingiustizia. Vogliamo - ha continuato Zúniga - che questo processo non sia solo “Giustizia per Berta”, ma contribuisca a produrre cambi strutturali nel paese. Che serva a denunciare e trasformare situazioni di fondo che accadono in Honduras, come assassinii, persecuzioni e repressione che rimangono nell’impunità” ha manifestato.
Purtroppo non sembrano essere questi i progetti delle autorità honduregne. Anzi, negli ultimi mesi si è scatenata un’offensiva mediatica tendente a denigrare tanto la figura di Berta Cáceres, come il lavoro investigativo indipendente. Allo stesso modo non si può considerare casuale che questo attacco si stia verificando ad un mese dall’inizio del processo contro gli accusati dell’omicidio della leader indigena.
Come distorcere la realtà
Desa, tramite il suo ufficio di difesa legale Amsterdam & Partners LLP, ha contrattato il penalista canadese Brian Greenspan per elaborare una relazione che discredita il lavoro investigativo [3] - sull’omicidio di Cáceres - realizzato dal GAIPE [4]. L’obiettivo sarebbe di mettere in dubbio il possibile legame fra l’impresa e il brutale assassinio. L’indagine del gruppo di esperti internazionali ha concluso che ci sono prove inconfutabili del coinvolgimento di alti dirigenti e impiegati di Desa, assieme ad agenti statali che sono coinvolti nella pianificazione, esecuzione e copertura dell’omicidio.
Nonostante le pesanti accuse, e la decisione delle banche europee FMO (olandese) e FinnFund (finlandese) di ritirarsi dal progetto Agua Zarca, Desa ha preferito non chiuderlo definitivamente, preferendo solo sospenderlo temporaneamente. Purtroppo la Banca Centroamericana di Integrazione Economica (BCIE) mantiene il suo finanziamento di 24 milioni di dollari.
"Desa mantiene l’illegale concessione di 50 anni sul fiume Gualcarque, il che significa che il progetto non si chiude, al contrario è sospeso aspettando che passi il tempo per riallacciare le operazioni. Ratifichiamo la nostra lotta permanente per l’espulsione definitiva del progetto Agua Zarca e denunciamo l’impresa criminale Desa, che ha le mani sporche del sangue delle nostre compagne e i nostri compagni assassinati”, ha spiegato il Copinh in un comunicato [5].
La decisione di non chiudere il progetto idroelettrico e di ingaggiare un esperto penalista internazionale per delegittimare il lavoro del GAIPE sarebbe parte di una strategia di attacco molto più ampio, “che include pseudobiografie di Berta Cáceres e testi che hanno il proposito di distorcere i fatti e creare nuove e dubbie piste d’investigazione”. Non si è nemmeno fermato “il lavoro di manipolazione e attacco contro le comunità di Rio Blanco” e il ”rafforzamento di strutture comunitarie parallele” per dividere la popolazione e mantenere vivo il conflitto, segnala il Copinh nella nota. L’organizzazione indigena lenca allerta anche sulla reiterata mancata consegna da parte del Ministero Pubblico delle informazioni sul caso ai rappresentanti legali della famiglia di Cáceres. In 35 occasioni i funzionari del PM hanno negato la consegna di queste informazioni.
“La mancanza di accesso alle informazioni si usa per nascondere la verità, per beneficiare i colpevoli della morte della nostra compagna Berta. Si sta usando per manipolare la realtà ed evitare che i massimi responsabili della sua morte affrontino la giustizia”, ha denunciato il Copinh la settimana scorsa.
Le informazioni che il Pm continua a nascondere sono quelle ottenute nelle perquisizioni all’impresa Desa, dove si evidenziano le azioni dell’impresa contro Cáceres e il Copinh. Si nascondono anche le informazioni delle perquisizioni realizzate alle persone coinvolte nell’omicidio, cosa che potrebbe rivelare possibili vincoli con i mandanti intellettuali del crimine.
Attività che uccidono
Lo stesso anno che assassinarono Berta Cáceres, l’Honduras è stato segnalato dall’organizzazione britannica Global Witness [6] come il paese più pericoloso del mondo per le persone difenditrici della terra e dei beni comuni. Due anni dopo, il nuovo rapporto dell’organizzazione britannica “A che prezzo?” [7] segnala che nel 2017 furono assassinate 207 persone per difendere la terra e i beni comuni. Si tratta del numero più alto mai registrato. Cifre raggelanti che, inoltre omettono una considerevole parte nascosta dovuta alla difficoltà di individuare, identificare e denunciare assassinii.
L’agroindustria risulta essere il settore di commercio più legato agli attacchi, seguito dal settore minerario e dall’industria estrattiva. C’è anche stato un aumento considerevole degli assassinii collettivi (massacri). Quasi un quarto delle persone assassinate nel 2017 si opponevano a progetti agricoli. Ciò rappresenta un aumento del 50% rispetto all’anno precedente.
L’America Latina è la regione più pericolosa. Il 60 % delle morti si sono verificate in questa regione. Brasile (57), Filippine (48), Colombia (24), Messico (15) e Congo (13) sono in testa alla tragica lista di omicidi. Il Messico è il paese che ha registrato il maggiore aumento del numero di vittime mortali nel 2016. Allo stesso modo, centinaia di persone nel mondo sono state attaccate, perseguitate, minacciate, stigmatizzate, criminalizzate e giudicate per avere il coraggio di parlare apertamente e denunciare gli attacchi contro le proprie comunità, il proprio modo di vivere e il proprio ambiente.
Nel caso dell’Honduras, il rapporto di Global Witness, evidenzia una diminuzione degli omicidi. “Cinque persone sono state uccise nel 2017, in confronto ai 14 omicidii del 2016. Tuttavia, la repressione contro chi difende la terra e i beni comuni è peggiorata”, si legge nel rapporto. La Missione di appoggio contro la corruzione e l’impunità in Honduras (Maccih) dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), sta investigando relazioni sospette fra membri del partito di governo (Partido Nacional) e imprese che hanno vinto i bandi per sviluppare progetti idroelettrici, incluso Agua Zarca. Il rapporto ha anche segnalato che la Red nacional de defensoras de derechos humanos de Honduras ha documentato 1.232 attacchi contro persone che difendono i diritti umani [8] in questo paese tra il 2016 e il 2017, un aumento significativo in confronto con anni precedenti [9] ha avvertito Global Witness.
Affari irresponsabili
Secondo l’organizzazione britannica, i governi e le imprese hanno fallito nell’agire con responsabilità, eticamente, o almeno, in accordo con la legge, il che li converte in un fattore generatore della lunga ripetizione di crimini contro attiviste e attivisti nello scorso anno. “Quando boschi tropicali sono rasi al suolo per seminare monocolture, quando si sfruttano le terre per le miniere, quando si accaparra la terra, si mette in rischio il futuro delle comunità vicine. Si tratta di commerci e investimenti irresponsabili, usati per soddisfare la domanda dei consumatori e massimizzare i benefici che, assieme ai governi corrotti o negligenti, fanno di tutto perché questo sia possibile”.
Governi complici
Global Witness ha potuto collegare alle forze di sicurezza del governo 53 degli assassinii, e alle forze non statali almeno altri 90 casi. “Man mano che la quantità di assassinii aumenta, alcuni governi, imprese e organizzazioni intergovernative hanno cominciato a riconoscere la gravità della situazione. Però il loro discorso e le loro promesse non si sono ancora tradotte in politiche convincenti e in cambi concreti”. Di fronte a questa situazione, Global Witness ha chiesto ai differenti attori di affrontare le cause fondamentali di violenza contro persone difenditrici, e fra le altre, la mancanza di consenso libero, previo e informato da parte delle comunità.
Ha anche richiesto appoggio e protezione par difenditrici e difensori a rischio, come anche di garantire le indagini, cattura e punizione per i responsabili degli attacchi. “Reclamiamo che le potenti istituzioni e organizzazioni che minacciano gli interessi delle persone difenditrici, delle loro comunità e del pianeta, che riconoscano le proprie responsabilità e che usino il loro potere per essere una forza per il bene. I governi e le imprese detengo il potere (finanziario, legislativo ed esecutivo, così come il dovere legale) per fare una grande differenza”, conclude il rapporto “A che prezzo?”.
Fonte: Altrenotizie
Note
[1] Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras
[2] https://rmr.fm/noticias/mil-voces-343/
[3] https://www.alainet.org/es/articulo/188982
[4] Grupo Asesor Internacional de Personas Expertas
[6] https://www.globalwitness.org/en/
[7] https://www.globalwitness.org/documents/19393/Defenders_report_spanish-7.pdf
[8] http://www.rel-uita.org/honduras/crecen-ataques-defensoras-derechos-humanos/
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