Latina

Il segretario generale dell’Osa cacciato per le sue dichiarazioni bellicose contro il Venezuela

Uruguay: Luis Almagro espulso dal Frente Amplio

L’ex ministro degli esteri uruguayano era a favore dell’intervento militare per rovesciare Maduro
20 dicembre 2018
David Lifodi

Luis Almagro

“Un lupo travestito da agnello”: questa definizione di Luis Almagro, del vicepresidente frenteamplista José Carlos Mahía, ha sancito l’espulsione del segretario generale dell’Osa (l’Organizzazione degli stati americani) dal Frente Amplio, la coalizione uruguayana di centro sinistra alla guida del paese dal 2004. Da tempo si vociferava di un allontanamento dal Frente di Almagro, le cui dichiarazioni sulla complessa situazione politica venezuelana hanno fatto vergognare molti uruguayani e suscitato un certo malumore anche tra le fila dell’opposizione di destra, di certo non sospettabile di simpatie con la rivoluzione bolivariana.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata una dichiarazione rilasciata da Almagro in cui sosteneva che non poteva essere scarta alcuna opzione, nemmeno quella di un intervento militare, a proposito del Venezuela, ma ciò che ha infastidito il Frente Amplio e non solo è stata la sistematica e continua intromissione nella politica del paese del presidente Maduro nel tentativo di delegittimarlo in ogni modo. A scaricare il segretario generale dell’Osa anche una figura di peso come l’ex presidente uruguayano Pepe Mujica, il quale lo aveva designato come suo ministro degli Esteri nel periodo 2010-2015. “L’intervento militare in Venezuela non è la soluzione, il paese ha bisogno di pace”, aveva ribadito l’ex tupamaro, condannando le provocazioni di Almagro e ritenendole un insulto per tutti coloro che avevano appoggiato la sua candidatura all’Osa. Non solo. Mujica ha evidenziato anche la politica dei due pesi e delle due misure messa in atto da Almagro, ossessionato dalla situazione venezuelana, ma silente per ciò che è accaduto e sta accadendo in questo momento in altri paesi della regione, dal Guatemala ad Haiti, passando per il Paraguay e per l’agonizzante processo di pace in Colombia, fino ad arrivare al peggioramento delle relazioni diplomatiche tra Cuba e Stati uniti a causa del belligerante Donald Trump.

Eppure, Almagro non solo ritiene di essere nel giusto, ma ha cercato di controbattere colpo su colpo di fronte all’espulsione dal Frente Amplio: “Non siate ridicoli, difendete dittature, l’oppressione e coloro che torturano i prigionieri politici”, ha incalzato. Tuttavia, il gelido congedo di Mujica (te digo adiós) è servito per mettere la parola fine alla sua esperienza nel Frente Amplio, il quale, a sua volta, sostiene che con il suo atteggiamento il segretario generale dell’Osa in pratica si è autoescluso. Almagro ha finito per sposare in maniera del tutto acritica la linea intransigente e interventista degli Stati uniti sul Venezuela, al punto tale da preparare il terreno all’ex segretario di stato Usa Rex Tillerson, che circa un anno fa intraprese un viaggio in America latina per sondare quali fossero i paesi disposti a contrastare il Venezuela. Inoltre, in occasione delle presidenziali in Venezuela del 21 maggio 2018, che contrapponevano Henri Falcón a Maduro, Almagro cercò in ogni modo di boicottare lo sfidante del presidente bolivariano poiché riteneva, d’accordo con Washington, che le elezioni non avrebbero dovuto rappresentare lo strumento per far cadere la rivoluzione bolivariana. Per lui Maduro andava rovesciato, non sconfitto nelle urne. Tutto ciò gli è valso anche una dura critica da parte del conservatore Partido Nacional, che sottolineava l’illegalità di un intervento armato in un paese straniero, pur essendo politicamente lontanissimo da Maduro.

Falcón, per Almagro, rappresentava un ostacolo, per quanto possa sembrare paradossale. Già l’endorsement del segretario generale dell’Osa per un candidato a Miraflores rappresentava un’ingerenza inaccettabile nella politica estera di un altro paese, ma Almagro pretendeva di più: non gli bastava che Falcón avesse già predisposto un programma neoliberista gradito a Washington e al Fondo monetario internazionale, ma esigeva il rovesciamento di quella che lui considerava “una dittatura criminale legata al narcotraffico”, purtroppo per lui frutto in realtà del diritto dei popoli all’autodeterminazione e votata dalla maggioranza della popolazione venezuelana. A salvare Almagro dall’espulsione non sono bastate nemmeno le forti pressioni sul Frente Amplio dell’ambasciata statunitense in Uruguay.

Peraltro, già dal 2017 il Partito comunista dell’Uruguay chiedeva l’espulsione di Almagro dal Frente Amplio (coalizione di cui anche il Pcu fa parte) poiché la sua condotta, volta a sostenere la guerra contro un paese fratello (il Venezuela), violava i principi storici della politica internazionale uruguayana, la difesa della pace e della sovranità territoriale dei popoli.

Probabilmente Almagro continuerà nella sua attività di destabilizzazione del Venezuela, ma il tradimento dei principi legati alla solidarietà, alla cooperazione sud-sud e all’integrazionismo latinoamericano è stato finalmente smascherato.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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