Latina

Il paese è caduto in una profonda crisi politica ed economica. Nessuno spazio per i diritti umani

Il Guatemala nelle mani della criminalità e di politici corrotti

Il presidente Jimmy Morales dichiara guerra alla Commissione internazionale contro la corruzione e l’impunità (Cicig)
16 gennaio 2019
David Lifodi

protesta contro l'allontanamento della Cicig

Sembra un paradosso, ma il presidente guatemalteco Jimmy Morales, che il 25 ottobre 2015 aveva vinto le elezioni grazie ai suoi proclami anticorruzione, approfittando degli scandali da cui erano stati travolti il suo predecessore Otto Pérez Molina e la vice Roxana Baldetti, intende smantellare la Commissione internazionale contro la corruzione e l’impunità (Cicig), che pure aveva rivestito un ruolo di primo piano nello svelarne l’appropriazione indebita di oltre 130 milioni di dollari con l’aiuto delle mafie.

Organo indipendente appoggiato dall’Onu, la Cicig vedrà il suo mandato scadere nel 2019, poiché è certa la decisione di Morales di non rinnovarne il mandato. Ex comico ed esponente del partito di ultradestra Frente de Convergencia Nacional (composto da molti ex militari veterani della guerra sporca che negli anni Ottanta ha causato il genocidio maya), Morales è arrivato alla guida del paese ripetendo all’infinito lo slogan Ni corrupto, ni ladrón, ma risulta evidente che, a sostenerlo, è proprio quell’elite al cui interno prosperano corrotti e criminali e il cui fine principale è quello di dissolvere lo stato di diritto. Di recente, Morales ha ordinato l’allontanamento di undici membri della Cicig, concedendo loro soltanto 72 ore di tempo per fare i bagagli, pena l’espulsione dal paese con la forza.

In Guatemala, non da adesso, i diritti minimi della democrazia sono calpestati grazie alla crescente impunità di cui godono sia il presidente sia gli uomini di sua fiducia. La loro strategia è quella di fare terra bruciata (proprio come fecero negli anni ’80 i militari a danno degli indigeni maya) di qualsiasi forma di opposizione.

Jimmy Morales ha fatto precipitare il paese in una profonda crisi politica, economica ed anche morale, come dimostra quanto accaduto il mese scorso. Il 9 dicembre ricorrevano sia la Giornata internazionale delle vittime di genocidio sia la Giornata internazionale contro la corruzione, mentre il 10 dicembre si commemoravano i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti umani. Tuttavia, su queste ricorrenze, da parte del governo guatemalteco non è stata pronunciata nemmeno una parola e le tre giornate sono trascorse nella più completa indifferenza, nonostante i guatemaltechi siano molto sensibili a queste tematiche, in particolare a quella attinente al genocidio, visto che hanno provato sulla propria pelle le atrocità del conflitto armato interno e, soprattutto, il terrorismo di stato delle squadracce di Ríos Montt e Lucas García.

Quanto alla Giornata internazionale contro la corruzione, questo aspetto non solo è costantemente umiliato dalla vera e propria persecuzione politica contro la Cicig, ma anche dal legame tra le reti criminali e del narcotraffico e gli alti vertici dello Stato, come testimoniato dalla dilagante corruzione nel settore pubblico e dalla sempre più frequente partecipazione di uomini dello Stato (poliziotti, funzionari e politici) alle attività della criminalità comune. All’oligarchia interessa rendere la popolazione ignara dei propri diritti, far cadere nell’oblio la memoria del genocidio maya e istituzionalizzare la corruzione. Tutto ciò, del resto, non è una novità. Fin dalla sua campagna elettorale per la presidenza, Morales aveva più volte minimizzato il genocidio, spingendosi fino a dichiarazioni apertamente negazioniste, musica per gli orecchi di quei veterani di guerra che, a differenza di altri paesi latinoamericani, non sono nemmeno mai stati scomodati per essere condotti in tribunale.

Di fronte alla violenza sociale endemica, alla malnutrizione infantile e alla tolleranza verso il narcotraffico, l’attuale governo, come del resto quelli precedenti (da Berger a “Mano Dura” Pérez Molina passando per Colom), si è preoccupato soltanto di favorire economicamente le multinazionali. Imprese statunitensi, canadesi, spagnole e italiane da tempo hanno ottenuto l’autorizzazione per derubare il paese delle proprie risorse naturali, approfittando di una legislazione favorevole che non si cura della miseria a cui sono ridotte le comunità indigene e l'intera popolazione, private di tutto. Nel corso del solo 2018 sono state centinaia le aggressioni ai dirigenti indigeni comunitari, oltre ad una ventina di omicidi di leader sociali e ad un numero indeterminato di arresti sommari.

La recente visita di una delegazione del Parlamento europeo ha testimoniato che il governo viola apertamente il diritto dei popoli indigeni ad essere consultati a proposito della costruzione di centrali idroelettriche e miniere sui propri territori (dove peraltro già vivevano da ben prima della nascita dello stato guatemalteco) e che la corruzione è dilagante.

Questo è il Guatemala nel 2019, un paese dove lo Stato non esiste ed un ristretto gruppo di personaggi dalla pessima reputazione governa soltanto per il proprio tornaconto personale e in società con la criminalità organizzata.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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