Prosur affossa l’integrazionismo latinoamericano
La nascita di Prosur è stata benedetta soprattutto dal presidente colombiano Iván Duque e da quello cileno Sebastián Piñera, per la gioia dei loro colleghi Bolsonaro (Brasile), Macri (Argentina), Vizcarra (Perù), Moreno (Ecuador)e Abdo (Paraguay), i quali non perdono occasione per rilasciare dichiarazioni provocatorie verso il Venezuela bolivariano. In particolare, le giravolte di Moreno e di Almagro, che ha trasformato l’Osa (Organizzazione degli stati americani) in una sorta di gruppo di fuoco contro Caracas, si commentano da sole. L’ecuadoriano Moreno, eletto nel segno del centrosinistra, è passato armi e bagagli dalla parte di Washington e delle destre latinoamericane, mentre Almagro è stato espulso dal Frente Amplio uruguayano a seguito dei reiterati attacchi contro Maduro e il Venezuela.
Il Cile sarà il primo paese che presiederà Prosur, mentre l’anno prossimo sarà la volta del Paraguay. La credibilità di Prosur non è minata solo da personaggi come il presidente dell’Ecuador Moreno. Ad esempio, Piñera, che si dice preoccupato per la crisi venezuelana, è noto per le sue idee misogine, per le politiche razziste verso i migranti e per la repressione sistematica del popolo mapuche. Eppure, Prosur ufficialmente si presenta come un progetto di “integrazione pragmatica” tra i paesi latinoamericani, almeno stando alle dichiarazioni del cancelliere cileno Roberto Ampuero.
Tuttavia, è evidente che dietro alla presunta volontà di integrazione si nascondono sia il desiderio degli Stati uniti di distruggere i blocchi regionali sorti a seguito del socialismo del XXI, il cui vento era spirato in America latina soprattutto nei primi anni Duemila sia l’intento di favorire il legame tra le transnazionali e le destre del continente. Per il momento, tra i paesi che non hanno sottoscritto la Dichiarazione di Santiago vi sono Uruguay, Bolivia e Messico. L’ex segretario di Unasur ed ex presidente colombiano Samper ha bollato Prosur come un progetto che aumenterà le già forti divisioni nella regione, a partire da una forte identità ideologica. Non a caso, seppur con sfumature diverse, la visione dei vari Bolsonaro, Macri, Piñera, Duque, Vizcarra e Abdo coincide a proposito di un’America latina aperta al libero commercio e, proprio per fronteggiare tutto ciò, era nata l’Alianza bolivariana para los Pueblos de Nuestra América.
Il tentativo di cancellare Unasur è stato giudicato da molti analisti una proposta improvvisata, paventata timidamente in occasione della visita di Piñera a Trump e subito approvata dal presidente statunitense, preoccupato a seguito dei ripetuti fallimenti del Gruppo di Lima, la cui responsabilità più grande, per la Casa Bianca, è stata il non riuscire ad assestare la spallata definitiva a Maduro. Prosur rappresenta una rivincita per gli Stati uniti dopo il clamoroso rifiuto all’Alca, l’Area di libero commercio delle Americhe, culminata con il celebre Alca al carajo pronunciato da Chávez nel 2005 a Mar del Plata.
Prosur rappresenta un pesante attacco ai diritti conquistati da gran parte dei paesi latinoamericani attraverso dei faticosi processi di inclusione sociale nel segno della Patria Grande auspicata da Simón Bolívar e José Martí. Inoltre, non è un caso che il primo a parlare di Prosur sia stato il presidente colombiano Duque il 14 gennaio, dieci giorni prima che si scatenasse la nuova violenta offensiva contro il Venezuela, peraltro escluso a prescindere, ma con l’aggravante dell’invito a Juan Guaidó, il presidente autoproclamato pur senza alcuna legittimazione popolare. È per questo motivo che, nel motivare la mancata adesione uruguayana, il vice cancelliere Ariel Bergamino ha dichiarato che è impossibile aderire ad un qualsiasi spazio di integrazione che però prevede delle esclusioni a priori, come è il caso di Prosur.
Prosur rappresenta l’estremo tentativo Usa di riprendersi il continente latinoamericano approfittando del momento politico propizio, non caso questo organismo è stato ribattezzato significativamente ProNorte o ProTrump.
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