Latina

Ancora una volta si è scatenata la bestia in Honduras

I ‘gorilla’ reprimono la protesta contro la privatizzazione della sanità e l’istruzione.
Arresti e feriti nella capitale e in altre città
2 maggio 2019
Giorgio Trucchi

Parco Morazán, Tegucigalpa (Foto G. Trucchi | LINyM)

Ancora una volta in Honduras si è scatenata la bestia. L'abbiamo visto tante volte negli ultimi dieci anni, dopo il colpo di stato e la rottura dell'ordine costituzionale e democratico.

L’abbiamo visto mentre massacrano i contadini nel Bajo Aguán, mentre attaccano e uccidono le popolazioni indigene e nere, mentre reprimono gli studenti e gli insegnanti, mentre criminalizzano la diversità sessuale.

L'abbiamo visto mentre le mani assassine, armate dal grande capitale colluso con la politica corrotta, ammazzavano Berta senza pietà.

L’abbiamo visto durante l’inesorabile offensiva estrattivista che criminalizza, mette sotto processo e reprime fisicamente la protesta sociale e popolare.

L’abbiamo visto sul volto di ogni donna vittima di violenza e femminicidio, sul volto di famiglie intere in fuga dalla violenza, la povertà e la mancanza di opportunità.

L’abbiamo visto negli occhi di lavoratori e lavoratrici sfruttate, di bambini, bambine e giovani oltraggiati, nello sguardo indomito di difensori della terra e dei beni comuni, assediati, traditi, assassinati.

L’abbiamo visto ogni volta che le comunità organizzate protestano contro questo modello violentemente neoliberale, razzista e patriarcale, che cerca di imporre progetti di morte.

L’abbiamo visto tra le piantagioni di palma africana dell’Aguán, nei villaggi garifuna, tra le montagne di Intibucá, lungo i fiumi e i territori Lenca, nelle piantagioni di banane, meloni e canna da zucchero del sud, bagnate di sudore e lacrime.

L’abbiamo visto a Reitoca, Ahuas, Pajuiles, Guapinol, Río Blanco, El Triunfo, Zacate Grande, Barra Vieja y Santa Fe.

L’abbiamo visto nello sguardo opulento di politici senza scrupoli, di dirigenti sindacali che hanno perso la bussola e si trasformano in carnefici della classe lavoratrice, di gerarchi religiosi, sacerdoti e pastori fuori dalla realtà e ben lontani dai bisogni della gente.

L’abbiamo visto nella vergognosa ‘ragion di Stato’, nel sostegno ipocrita di governi ‘democratici’ ad autorità imposte con la frode elettorale, nel ‘due pesi e due misure’ degli organismi multilaterali e di chi fa affari coi diritti umani.

L’abbiamo visto nel sangue di quel lavoratore di Yoro colpito dalle pallottole di infiltrati nella protesta, nella brutale repressione di medici, maestri, studenti e gente comune, stanchi di privatizzazioni e di servizi che non funzionano, che dicono ‘no’ al draconiano piano di ristrutturazione di sanità e istruzione.

L’abbiamo visto infine nei milioni di dollari spesi per le armi, le bombe lacrimogene, la creazione della polizia militare, mentre negli ospedali non ci sono medicine e le sale operatorie sono chiuse, mentre le scuole cadono a pezzi e gli studenti sono usati come carne da macello dalla criminalità organizzata.

Una prima vittoria è stata ottenuta. Governo e deputati hanno dovuto ritirare i due decreti che davano il via alla ristrutturazione - leggi privatizzazione - del sistema sanitario ed educativo in Honduras.

Questo Primo Maggio, lavoratori e lavoratrici hanno sfilato godendosi questo risultato, perché la lotta paga. Li abbiamo visti esigendo diritti, lavoro degno e salari giusti.

In molti sanno però che l’unica strada possibile è quella di passare dalla rivendicazione settoriale all’aggregazione di tutti quei settori che combattono il modello economico, politico e militare imposto dal governo Hernández.

A meno di due mesi dal decimo anniversario del colpo di stato civile-militare, è lecito chiedersi per quanto tempo ancora questa popolazione ferita, bistrattata, tradita e violentata, profondamente degna, sopporterà questo stato di cose?

Originale LINyM

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