Latina

Il presidente Andrès Manuel López Obrador non ascolta la società civile

Messico: le grandi opere della discordia

Nuovi aeroporti, centrali termoelettriche e Tren Maya provocano la militarizzazione del paese e rendono più vulnerabili i lottatori sociali
8 maggio 2019
David Lifodi

contestazioni alla termoelettrica nel Morelos

Inutile girarci intorno: da Andrès Manuel López Obrador ci si aspettava un cambio di passo a proposito delle grandi opere. Al contrario, sono arrivate, nell’ordine, la centrale termoelettrica nell’ambito del Proyecto Integral Morelos (Pim), il Tren Maya e l’ampliamento della base militare di Santa Lucía, che sembra destinata a trasformarsi in un nuovo aeroporto, senza dimenticare le opere di ammodernamento dello scalo internazionale della capitale Città del Messico, Benito Juárez, di quello di Toluca e l’intenzione di costruirne un altro nel municipio di Tizayuca (stato di Hidalgo).

Ogni volta che il governo sostiene un nuovo megaprogetto, gli attivisti e i movimenti sociali finiscono per essere ancora più vulnerabili poiché i gruppi paramilitari e legati alla criminalità si infiltrano nella costruzione delle grandi opere e si sentono legittimati ad agire per fare gli interessi di imprese, costruttori, multinazionali e più in generale di un sistema politico che, nonostante l’arrivo di Amlo alla presidenza del paese, resta fortemente corrotto e colluso con il sicariato e il narcotraffico.

È in questo contesto che è avvenuto, il 20 febbraio scorso, l’omicidio di Samir Flores, lottatore sociale contrario alla costruzione della centrale termoelettrica di Huexca, militante dell’Asamblea Permanente de los Pueblos de Morelos che solo dieci giorni prima di essere ucciso era stato costretto a sorbirsi la reprimenda di Amlo che aveva definito “conservatori” i “radicali di sinistra” contrari al Pim. Ovviamente, non va ricercato nella presidenza Amlo il mandante dell’omicidio di Samir, ma è evidente come il governo della cosiddetta “Cuarta Transformación”, che aveva suscitato grandi speranze anche tra le organizzazioni popolari sorte in difesa dei territori, deve cambiare rotta. Ad Amilcingo, la città di Samir Flores nello stato di Morelos, sono in molti a condividere l’amara constatazione del Movimiento Agraria Indígena Zapatista: “Nel centenario dell’assassinio di Emiliano Zapata, l’attuale amministrazione ha tradito gli interessi dei nostri popoli, militarizzando il territorio e dando ampio spazio alle megaopere”.

In campagna elettorale, Andrès Manuel López Obrador aveva garantito che avrebbe ascoltato le ragioni delle popolazioni contrarie alle centrali termoelettriche nella comunità di Huexca (Morelos), per questo aveva destato grande sorpresa il suo appoggio al Pim, tanto da ricevere una lettera da Teresa Castellanos, attuale portavoce dell’Asamblea Permanente de los Pueblos de Morelos, in cui il presidente veniva accusato, con il suo comportamento, di aver offeso i popoli del Morelos. “Siamo contro Amlo perché il presidente è contro di noi”, ha ribadito Teresa Castellanos. Inoltre, la gente dello stato di Morelos si sente tradita anche per un altro motivo. Il delegato di Amlo nel Morelos è Hugo Eric Flores, uomo molto vicino ai paramilitari che, nel dicembre 1997, uccisero 45 indigeni in quella che è conosciuta come la strage di Acteal (Chiapas).

Una traiettoria simile a quella del Proyecto Integral Morelos il governo l’ha disegnata anche a proposito della costruzione del nuovo aeroporto internazionale nei pressi del lago di Texcoco (stato di México), che avrebbe avuto conseguenti devastanti sia per l’ambiente sia per i popoli indigeni di Atenco. Il progetto è stato sventato solo grazie all’ostinazione del Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra, che è riuscito a convincere Amlo, nell’ottobre 2018, a convocare una consultazione popolare dove la maggioranza dei cittadini si è espressa per il no all’aeroporto, anche se questo non è servito a far desistere il presidente dal procedere sulla trasformazione in scalo aeroportuale della base militare di Santa Lucía. E ancora, lascia perplessi la volontà di insistere con il Tren Maya nella penisola dello Yucatán, in un momento in cui i difensori dei diritti umani continuano ad essere nel mirino delle bande criminali.

Durissimo con Amlo anche il poeta Javier Sicilia. Portavoce del Movimiento por la Paz con Justicia y Dignidad, Sicilia ha perso suo figlio nel 2011, assassinato insieme ad altri sei giovani nello stato di Morelos. “Amlo è un traditore e ha voltato le spalle alle vittime della violenza”, ha dichiarato il poeta. In realtà Amlo aveva espresso la sua disponibilità ad ascoltare i familiari dei desaparecidos e delle vittime di violenza, per questo, ancora una volta, ha sorpreso che lo scorso 21 febbraio, il giorno successivo alla morte di Samir Flores, il governo avesse approvato la costituzione di una Guardia nazionale militarizzata, per quanto sorta per lottare contro il crimine organizzato.

Le stime del governo, limitate all’ultimo decennio, parlano di 230.000 omicidi, oltre un milione di vittime della violenza e 40.000 desaparecidos. La valutazione sulla nascita della Guardia Nacional è negativa poiché a molti ricorda la fallimentare militarizzazione del paese all’epoca della presidenza Calderón (2006-2012), conclusasi con la sconfitta dovuta all’impotenza dello Stato verso i narcos, ma anzi, con un ulteriore passo indietro in relazione ai diritti umani. L’esercito nelle strade ha significato infatti un alto numero di morti civili, spesso un “danno collaterale” della lotta alla criminalità nonostante Calderón si fosse adoperato il più possibile per dimostrare che tutti coloro che erano stati uccisi dai militari fossero delinquenti. Anche in questo caso, emerge quindi come Amlo parli in un modo ed agisca in un altro. Che cosa ne è, ad esempio, dello slogan della campagna elettorale más abrazos y meno balazos?

La mancanza di ascolto della società civile (130 associazioni avevano firmato un manifesto di rifiuto della costituzione della Guardia nazionale indicando le forze armate come responsabili di un gran numero di omicidi, torture e sparizioni forzate) rischia di far perdere definitivamente ad Amlo il contatto con quel suo popolo che riponeva in lui grandi speranze.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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