Il Venezuela bolivariano nella tempesta
Passata, almeno temporaneamente, anche la bufera dei giorni scorsi, con un nuovo colpo di stato tentato e di nuovo fallito, in pochi hanno sottolineato che la prima vittima di questa strategia della tensione permanente è tutto il popolo venezuelano, sottoposto a continui “stress test”, come li ha giustamente definiti Gennaro Carotenuto sul suo blog, caratterizzati da crescenti ondate di violenza per ribaltare l’ordine costituzionale. Stavolta, pare che il fallimento dell’Operación Libertad e lo scarso successo dell’appello ai militari da parte dell’autoproclamato presidente Juan Guaidó abbia molto deluso gli Stati uniti, aldilà dell’appoggio ricevuto su twitter ai golpisti da parte dei vari Donald Trump, Mike Pence, Mike Pompeo, ecc… . Lo stesso tentativo di prendere la base aerea La Carlota, che inizialmente aveva fatto pensare al buon esito del colpo di stato, per la presenza di un gruppo di militari (poi rivelatisi in numero esiguo) pronti a passare all’opposizione, con la benedizione del senatore Usa Rubio, del presidente colombiano Duque e del segretario Osa Luis Almagro, si è pian piano ridimensionato.
Ciò che invece non accenna a diminuire è la virulenza della campagna che indica il chavismo come unico responsabile del tracollo del paese, dimenticando le sanzioni economiche che, almeno a partire dal 2017, sono state messe in atto dagli Stati uniti. La ristrutturazione del debito di Pdvsa, l’impresa petrolifera venezuelana di stato, in corso di rinegoziazione, è stata interrotta unilateralmente, mentre a Citgo, proprietaria di migliaia di distributori di benzina negli Usa, è stato impedito di trasferire le rimesse in Venezuela. Da gennaio 2019 gli Stati uniti hanno interrotto l’acquisto del petrolio venezuelano e, in questo contesto, è stato facile accusare Maduro di totale incompetenza nella gestione economica del paese.
Queste sono solo alcune delle sanzioni economiche imposte a Caracas, da cui è scaturita l’impossibilità di acquistare medicine e molti generi di prima necessità. Secondo l’Encuesta Nacional de Condiciones de Vida (Encovi), condotta da alcune università venezuelane, tra il 2017 e il 2018 il tasso di mortalità nel paese è cresciuto del 31% come risultato della guerra economica condotta contro il Venezuela per indurre la popolazione a sollevarsi secondo le modalità tipiche delle cosiddette “rivoluzioni arancioni”. Chissà se il solerte segretario Osa Luis Almagro, cacciato dal suo partito, il Frente Amplio uruguayano, per aver sposato l’aggressione degli Usa al Venezuela in tutto e per tutto, è a conoscenza che l’Organizzazione degli stati americani, nel suo statuto, proibisce l’ingerenza negli affari interni di un altro paese e la presa unilaterale di misure coercitive contro terzi. Non solo. Sul quotidiano La Jornada dell’8 maggio scorso, Alejandro Nadal fa notare come sia la stessa legge statunitense sulle emergenze nazionali a sancire che, per essere applicata, deve concretizzarsi una grave minaccia nazionale proprio contro gli Stati uniti, ma niente di ciò che sta accadendo negli Usa rappresenta una minaccia per Washington.
Le sanzioni contro Miraflores non solo dimostrano il totale disinteresse degli Stati uniti per il negoziato, ma sono fatte appositamente per esasperare la popolazione, ridurla alla fame e spingerla alla rivolta. Tuttavia, sono in pochi a definire questa politica “criminale” poiché, anche a livello comunicativo, hanno fatto breccia nell’opinione pubblica le dichiarazioni di Guaidó e di López, secondo molti ritenuto il vero cavallo su cui puntano gli Stati uniti dopo aver mandato allo sbaraglio l’autoproclamato (senza alcuna elezione) presidente del Venezuela.
Sulle sanzioni imposte dagli Stati uniti al Venezuela è interessante leggere l’intervista, su Democracy Now!, di Amy Goodman al celebre economista Jeffrey Sachs, che insieme al collega Mark Weisbrot ha pubblicato per il Center for Economic and Policy Research il rapporto “Sanzioni economiche come castigo collettivo: il caso del Venezuela”, in cui affermano come il paese sia stato condotto al collasso al solo fine di rovesciare Maduro.
In attesa del prossimo stress test, il Venezuela bolivariano, per ora, cerca di resistere, preparandosi alle nuove, probabili aggressioni.
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