Latina

Alle radici della crisi il macrismo e Cambiemos

Argentina: emergenza economica e alimentare

Il 27 ottobre si vota per le presidenziali: favorito il peronismo progressista di Alberto Fernández e Cristina Fernández
25 settembre 2019
David Lifodi


proteste in Argentina

In Argentina i nuovi poveri che sono costretti a far fronte alla crisi economica e all'emergenza alimentare sono in continua crescita. L'edizione on line di Brecha riporta un episodio drammatico, avvenuto lo scorso 16 agosto a Buenos Aires, nel quartiere di San Telmo. Un pensionato di 68 anni aveva rubato da un supermercato un formaggio, due cioccolate e una bottiglia di olio d'oliva. Due commessi, accortisi del furto, hanno rincorso l'uomo e, dopo averlo raggiunto, lo hanno picchiato fino ad ucciderlo.


Rubare per mangiare. Il delitto di avere fame è il titolo che ha dato Brecha nel raccontare questa notizia. Episodi del genere, in Argentina, sono sempre più frequenti: scarseggiano i generi di prima necessità ed è in aumento il numero delle persone costrette a vivere per strada. Nel paese, e soprattutto a Buenos Aires, le politiche di criminalizzazione della povertà perseguite da Cambiemos, insieme alla crisi economica di cui è altrettanto responsabile il governo del presidente Mauricio Macri, ormai al termine del suo mandato, hanno provocato una crescita esponenziale di furti minori, di solito relativi al cibo o ad oggetti di poco valore con il fine di rivenderli.

Di fronte a questo preoccupante scenario, a cui però la comunità internazionale e gli altri stati latinoamericani non prestano l'attenzione dovuta né lanciano strumentali e allarmistici hashtag sui social del tipo #SosVenezuela, le organizzazioni popolari sempre più frequentemente scendono in piazza. Frente de Organizaziones en Lucha, Barrios de Pie, Polo Obrero, Coordinadora Sindacal Clasista e molti altri movimenti hanno scelto di prendersi le strade del paese nonostante le provocazioni della sempre più discussa e impresentabile ministra della Sicurezza Patricia Bullrich, esponente dell'ala più dura del macrismo e di Cambiemos.

Il 27 ottobre in Argentina si vota per le presidenziali e ci sono buone possibilità che Macri non sieda più alla Casa Rosada. Nelle primarie aperte, simultanee e obbligatorie (Paso) dell’11 agosto il presidente ha subìto una pesante sconfitta ad opera di Alberto Fernández e Cristina Fernández. Si tratta di un ottimo viatico in vista delle votazioni che si terranno tra poco più di un mese. Nei quattro anni di presidenza Macri l'erosione dei salari è stata drammatica. L'Observatorio del Derecho Social sottolinea, ad esempio, che nel quatriennio macrista i camioneros hanno visto ridotto del 19,5% il loro potere d'acquisto. Agli operai metalmeccanici è andata anche peggio, con una perdita del 21%, per non parlare dei giornalisti (32,4%). Tutti i lavoratori hanno dovuto fare i conti con una crisi economica che il governo ha imputato esclusivamente al kirchnerismo che lo aveva preceduto alla Casa Rosada. Prima i salari erano troppo alti e Cambiemos non ha potuto far altro che aggiustarli e livellarli verso il basso: così si sono giustificati gli economisti di Macri.

Per questo motivo, dalle primarie dell'agosto scorso, ritenute unanimemente una sorta di primo turno elettorale anticipato, è emerso un dato incontrovertibile: se i risultati delle presidenziali fossero questi Alberto Fernández e Cristina Fernández vincerebbero al primo turno poiché avrebbero dalla loro parte entrambi i requisiti della legge elettorale argentina, quali ottenere il 45% dei consensi o guadagnare il 40% dei voti con un distacco superiore ai dieci punti percentuali sulla coppia Macri-Miguel Ángel Pichetto.

L'eventuale successo della dupla F, così sono chiamati Alberto Fernández e Cristina Fernández, rappresenterebbe il ritorno del peronismo progressista nel paese e, pur con tutte le contraddizioni del caso, rappresenterebbe forse un segnale significativo per le sinistre di tutto il continente. Alberto Fernández è infatti sostenuto dal Frente de Todos, una coalizione costituita da ben 19 partiti, da alcune correnti del peronismo e da una parte dei movimenti sociali di base. Già ex capo di gabinetto di Néstor Kirchner, Fernández intende rinegoziare il debito con il Fmi, anche se la sinistra radicale lo guarda con scetticismo per la sua identificazione nel liberalismo progressista e per la sua titubanza a partecipare alla toma delle strade promossa dalle organizzazioni antagoniste e da partiti come il Fit – Frente de Izquierda y de los Trabajadores.

Inoltre, a livello continentale, Fernández potrebbe darsi da fare sia per rianimare Unasur, dopo che sia Macri sia il brasiliano Bolsonaro avevano preso una linea politica contraria all'integrazionismo latinoamericano, sia controbilanciare l'ostilità verso il Venezuela di Maduro promossa e appoggiata da gran parte dei presidenti della regione. A questo proposito, proprio a novembre, poco dopo le presidenziali, si terrà a Buenos Aires un incontro del Grupo de Puebla, la cui prima riunione si è tenuta proprio nella città messicana a Puebla lo scorso 12 luglio, con l'adesione, tra gli altri, di uomini dello staff di Fernández, degli ex presidenti Fernando Lugo, Rafael Correa, Dilma Rousseff e di Daniel Martínez, il candidato del Frente Amplio che punta alla presidenza dell'Uruguay, dove si terranno le elezioni il 27 ottobre come in Argentina.

Tuttavia, Macri spera di costringere Fernández al ballottaggio e chiama alla mobilitazione contro i rischi di un presunto “autoritarismo”, ma in molti pronosticano che il presidente uscente potrebbe fare la fine di Fernando de la Rúa, il quale nel dicembre 2001 fu costretto a fuggire a seguito delle proteste per la grave crisi economica che attanagliava il paese. Il percorso di Alberto Fernández e Cristina Fernández, da qui al 27 ottobre, non sarà comunque una passeggiata. L'appoggio di Trump e Bolsonaro servirà a Macri per intralciare il cammino alla dupla F.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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