Latina

Honduras, il popolo del comune di El Triunfo resiste e lotta contro progetti minerari

“Il mio compito è la liberazione del mio popolo”

Padre Florentino Hernández (nella foto) ha 51 anni ed è parroco a El Triunfo. Ha accompagnato la lotta della popolazione contro i progetti minerari. Nel 2015 il suo vescovo decise di trasferirlo ma Padre Florentino si dichiarò obiettore di coscienza e rifiutò il obbedire.
4 novembre 2019
Giorgio Trucchi

Padre Florentino Hernández (Foto G. Trucchi | Rel-UITA)

L’Honduras ha più del 35 per cento del territorio dato in concessione per progetti estrattivi ed energetici. Le concessioni per l’esplorazione e lo sfruttamento minerario sono 302, 110 delle quali nel sud del paese. Nel caso specifico del comune di El Triunfo, a pochi chilometri dalla frontiera col Nicaragua, il popolo organizzato è riuscito a frenare almeno nove progetti che mirano a sfruttare circa 19 mila ettari del territorio su cui sorgono 11 villaggi e 136 comunità.

Nel dicembre dello scorso anno, con l’appoggio di organizzazioni locali e di alcuni settori della chiesa cattolica, la popolazione di El Triunfo ha realizzato una consultazione popolare che ha coinvolto quasi 9 mila persone. Il risultato non lascia dubbi: il 97,9 per cento ha votato contro le miniere, in particolare contro il progetto dell’azienda canadese Minera Los Lirios la quale, offrendo opere sociali, ‘comprando’ coscienze e seminando divisione, aveva inutilmente tentato di far partire il progetto estrattivo.

La decisione della popolazione è il risultato di quasi 20 anni di duro lavoro di coscientizzazione popolare e di organizzazione comunitaria in difesa del territorio e dei beni comuni.

Non si può rimanere neutrali

Padre Florentino Hernández ha 51 anni ed è parroco a El Triunfo. Per diversi anni ha accompagnato la lotta della popolazione contro i progetti minerari.

Nel 2015 monsignor Guido Charbonneau, vescovo di Chuloteca, decise di trasferirlo in una parrocchia di Nacaome, a quasi 100 chilometri da El Triunfo. Padre Florentino si dichiarò obiettore di coscienza e rifiutò il trasferimento. La decisione di sfidare il potere gerarchico per rimanere a fianco del popolo non solo gli causò molti problemi, ma mise a rischio la sua stessa vita.

“Mi identifico con la liberazione dei popoli. Sono una persona tollerante e di solito non prendo le cose di petto, ma in questo caso non posso accettare il trasferimento”, ha detto padre Florentino alla delegazione di Cofadeh e Rel-UITA che ha visitato la zona.

Racconta il sacerdote che in più di un’occasione alcuni dirigenti dell’azienda canadese sono andati a visitarlo in parrocchia e gli hanno chiesto di mantenere un atteggiamento neutrale. Sono arrivati addirittura a chiedergli di sostenere la proposta di sfollamento e ricollocazione della popolazione in un’altra zona per lasciare spazio ai lavori di escavazione. Tutto a cambio di lavori di ristrutturazione della chiesa e del finanziamento delle attività della parrocchia

 “La mia posizione è sempre stata molto chiara: in un territorio così popolato come il nostro, avviare progetti d’estrazione mineraria sarebbe un disastro umano, una tragedia. Non regge nemmeno il discorso della creazione di posti di lavoro di qualità, perché si sa che non è vero. Il mio compito è stare con la gente, accompagnarla e difendere la vita. Non posso rimanere neutrale”.

Persecuzione

Tutte le lotte hanno il loro prezzo e padre Florentino ha provato sulla propria pelle cosa significhi opporsi ai potenti. Nove anni fa degli sconosciuti assassinarono Faustino López, il suo braccio destro. Il delitto è rimasto impunito.

Sono arrivate anche le pressioni da parte della gerarchia cattolica e di quei settori che, di fatto, controllano la politica e l’economia del paese. Ma il sacerdote non è solo. Con lui c’è tanta popolazione che lo protegge e non lo lascia mai solo.

“Mi accusano di disobbedienza e vogliono trasferirmi, pensando che in questo modo risolveranno il problema e calmeranno le acque con le aziende minerarie e col potere politico ed economico che promuove questi progetti estrattivi. Le attività della parrocchia sono state sospese così come tutto il personale. Il vescovo ha bloccato tutte le attività e ha tagliato i finanziamenti. Non posso nemmeno entrare in altre chiese, né altri sacerdoti possono venire a visitarmi”.

E questo è niente.

“Sono arrivati al punto di sospendere e delegittimare tutti i delegati diocesani che mi sono rimasti fedeli - che sono la maggior parte - e di militarizzare la zona mentre celebravo la messa. E’ stato solamente grazie alla presenza della gente che è accorsa in chiesa se non mi hanno arrestato”, ricorda padre Florentino.

Il sacerdote continua a rifiutare il suo trasferimento e si appella all’obiezione di coscienza.

“La popolazione ha preso coscienza, ha preso le redini della lotta ed è rimasta graniticamente unita. Ha deciso che non ne vuole sapere delle miniere e che non ci sono margini di ripensamento. Nonostante ci stiano impietosamente e vergognosamente boicottando non abbandonerò il mio popolo”.

 Testo originale Rel-UITA (spagnolo)

Note: Traduzione: Giuliana Mattone

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