Latina

Uno dei suoi assassini nel condominio del presidente poco prima dell’omicidio

Brasile: il clan Bolsonaro coinvolto nell’omicidio di Marielle Franco

Amnesty International esorta il Planalto a fare chiarezza
6 novembre 2019
David Lifodi

Marielle Franco

È  il 14 marzo 2018 quando Marielle Franco, consigliera municipale del Partido Socialismo e Liberdade (Psol) a Río de Janeiro, viene uccisa da una raffica di colpi di pistola insieme al suo autista Anderson Gomes, nel centro della città, all’uscita da una riunione con giovani donne nere. A distanza di quasi un anno e nove mesi dall’accaduto spunta il coinvolgimento dell’attuale presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, per giunta su segnalazione del Journal Nacional in onda su Tv Globo, un canale non certo con simpatie progressiste e colonna portante dell’oligopolio mediatico del paese.

Programma tra quelli con maggior audience in tutto il Brasile, il Journal Nacional pochi giorni fa ha mandato in onda un servizio in cui il portiere del complesso residenziale di Barra de Tijuca della città carioca, dove abitano sia Bolsonaro sia il poliziotto in pensione Ronnie Lessa (sospettato di aver esploso i colpi di arma da fuoco contro Marielle Franco), sostiene che l’altro indagato per l’esecuzione della donna, Élcio Vieira de Queiroz, a sua volta espulso dalla polizia militare ed autista dell’auto dal quale è partita la sparatoria contro l’esponente del Psol, poche ore prima dell’assassinio sarebbe entrato nel condominio annunciando di essere diretto proprio verso la casa dello stesso Bolsonaro. Tutto ciò è emerso a seguito dell’accesso della polizia di Río de Janeiro al registro delle visite a Barra de Tijuca. Addirittura, pare che alla domanda del portiere al domicilio per chiedere se Élcio Vieira de Queiroz potesse entrare, abbia risposto il presidente in persona dichiarando di essere Jair.

Tuttavia, i registri della Camera dei rappresentanti, di cui allora faceva parte Bolsonaro, sembrerebbero testimoniare la presenza del futuro presidente a Brasilia e non a Río. Al tempo stesso, è nota non solo la simpatia del presidente per i gruppi paramilitari, ma anche il legame con questi ultimi di uno dei suoi figli, Flavio. Peraltro, nel corso della trasmissione Journal Nacional, il tg di Tv Globo molto seguito dai brasiliani, si voleva sottolineare la contraddizione tra quanto affermato dal portiere e i registri della Camera che confermano la presenza di Bolsonaro a Brasilia, ma tutto ciò non è servito a placare l’ira del presidente, il quale si è scagliato violentemente non solo verso il programma, ma anche contro il governatore di Rio de Janeiro Wilson Witzel, del suo stesso partito, in una furibonda diretta facebook  dall’Arabia saudita, dove si trovava, insultando i redattori della tv con gli epiteti di “canaglie” e di “infami”.

Per coinvolgere realmente Bolsonaro servirebbe un’autorizzazione del Supremo Tribunale Federale, l’unico a poter consentire l’eventuale inizio di indagine, ma ha già provveduto il Pubblico Ministero a derubricare il caso per l’inconsistenza delle rivelazioni del portiere. Per evitare fastidi il presidente ha comunque incaricato il ministro della Giustizia Sergio Moro, l’ex giudice tra i principali fautori della farsa giudiziaria contro Lula, di dare mandato alla polizia federale affinché si occupi di risolvere il problema, fingendo di dimenticare che tale compito non spetta né a lui né al suo ministro, bensì alla Corte suprema.  

Sull’omicidio di Marielle Franco sono ancora molti i misteri da chiarire, ma aldilà del coinvolgimento o meno di Bolsonaro in persona, le amicizie della sua famiglia con i paramilitari sono conosciute, tanto che lo stesso figlio Flavio è coinvolto in un’inchiesta per dei versamenti sospetti elargiti ad un parente di Élcio Vieira de Queiroz. Inoltre, è innegabile che l’omicidio di Marielle Franco preoccupi non poco tutto il clan Bolsonaro, fino a fare credere al presidente che il suo compagno di partito Wilson Witzel approfitti del caso per fargli le scarpe in vista delle prossime elezioni presidenziali non tutelandolo come vorrebbe.

Intanto Amnesty International Brasile ha lanciato un appello esortando il Planalto a fare chiarezza: “Le ultime rivelazioni riportate dai media brasiliani sollevano nuove allarmanti domande in un’indagine che dura da quasi 600 giorni. La fuga di notizie con il contagocce  e le divulgazioni imprecise non fanno che aggravare la sofferenza di coloro che restano in attesa di risposte. Speriamo che questa non sia una strategia per ritardare ulteriormente la risoluzione di questo crimine. La famiglia di Marielle Franco, la società brasiliana e la comunità globale pretendono una risposta definitiva:  chi ha ordinato l’uccisione di Marielle e perché?”

Lottatrice sociale per i diritti della comunità lgbti, dei favelados, dei neri, militante per la giustizia sociale e quinta consigliera municipale più votata a Río de Janeiro con 46.502 voti, Marielle Franco aveva deciso di impegnarsi in prima persona dopo aver perso un’amica, vittima di una bala perdida a seguito di una sparatoria tra narcotrafficanti e polizia nella favela di Maré, dove anche lei è nata e vissuta. La donna, 38 anni, aveva iniziato il suo mandato nel 2017. Il suo obiettivo principale era quello di battersi affinché in Parlamento non sedessero più solo uomini bianchi e rappresentanti dell’oligarchia, per questo la sua presenza istituzionale già rappresentava una rivoluzione.

Per la sua famiglia, Marielle oggi non è più soltanto loro, spiegano la sorella Anielle e la madre Marinete da Silva, ma appartiene al mondo.   

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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