Il brutto risveglio dell’Uruguay
Questa domanda emerge con forza soprattutto a seguito della composizione del governo, che si insedierà ufficialmente il 1° marzo 2020, resa pubblica pochi giorni fa. Otto ministeri spetteranno al Partido Nacional, tre al Partido Colorado e due all’ultradestra di Cabildo Abierto, uno al Partido Independiente. In pratica, l’ultimo atto di Tabaré Vázquez, presidente uscente, è stato quello di non riconoscere la prima dittatura latinoamericana al femminile, quella di Jeanine Añez, la cui amministrazione è stata definita gobierno de facto, ma la golpista boliviana non se ne è curata troppo poiché a breve avrà modo di stringere una solida alleanza con il “conservatore”, ad essere benevoli, Lacalle Pou.
Certo, la sconfitta del Frente Amplio al ballottaggio è stata davvero minima, ma occorre chiedersi il motivo del calo di consensi verticale della coalizione di centrosinistra. Purtroppo, la dirigenza del Frente ha erroneamente sottovalutato Lacalle Pou, spesso definendolo come un candidato che non sapeva neanche di cosa stesse parlando su molteplici argomenti. Inoltre, sottolinea il fondatore di Telesur Tv Aram Aharonian, il Frente ha pensato di poter vincere facilmente poiché il centrosinistra, come del resto è successo anche in altri paesi latinoamericani, ha abbassato la povertà, aumentato i salari e raggiunto dei buoni livelli di redistribuzione della ricchezza. Il Frente Amplio, il suo candidato Daniel Martínez e i vertici del partito hanno ritenuto che il paese fosse un’oasi rispetto all’ondata di mobilitazioni avvenute in molti altri paesi del continente, sicuri che il buon andamento dell’economia bastasse per ritenere impensabile cedere la presidenza dopo 15 anni di buon governo.
La dura realtà da affrontare è quella, invece, di un presidente che non ha perso tempo a schierarsi a fianco del poco credibile golpista venezuelano Guaidó e che vanta tra i suoi più stretti alleati l’ex capo dell’esercito Guido Manini, leader del partito di estrema destra Cabildo Abierto. Alla dirigenza del Frente Amplio, quando hanno capito che la destra aveva delle reali possibilità di vincere le elezioni, non è bastato far leva sul voto all’insegna degli ideali antifascisti, così come non è stato sufficiente, per 15 anni, cercare una sorta di pace sociale, al posto del conflitto, con un esercito composto in gran parte da simpatizzanti del regime militare che ha governato il paese tra il 1973 e il 1985.
Un personaggio come Manini mette paura non solo perché è tra gli uomini più ascoltati della vittoriosa Coalición Multicolor, oltre che del suo partito, ma per il suo passato di militare torturatore, ed il fatto che una formazione politica come Cabildo Abierto possa parlare impunemente di politiche contro aborto, omosessuali, lgbt e all’insegna del più totale allineamento agli altri fascisti del continente, Bolsonaro in testa, fa capire quanto il Frente Amplio, la sua burocrazia e i suoi quadri di partito abbiano finito per perdere il controllo del paese. Lo stesso Lacalle Pou, prima di rispondere via Twitter allo sfidante Martínez che riconosceva la sua vittoria, anche se di misura, ha dimostrato di tenere di più ai vari Guaidó, Añez, Abdo e a tutta la peggior destra del continente.
Tra gli uomini più vicini a Lacalle Pou figurano Ernesto Talvi, futuro ministro degli Esteri, e Pablo Bartol, ministro dello Sviluppo sociale in pectore. Entrambi fanno parte della Red Atlas, finanziata da Usaid. Bartol, che tra le altre cose è anche membro dell’Opus Dei, ha già fatto discutere per alcune sue dichiarazioni in cui annuncia che nelle scuole occorre separare i maschi dalle femmine. Peraltro, ci aveva già pensato Lacalle Pou, con la nomina di sole 7 donne sui 47 componenti della squadra di governo (tra ministri, viceministri e sottosegretari) a creare sconcerto. Preoccupano anche le intenzioni del futuro ministro del Lavoro Pablo Mieres, il quale ha già promesso che nella concertazione tra lavoratori e imprenditori darà maggior risalto a questi ultimi in quanto “più deboli”. E ancora, fa discutere la posizione di Jorge Larrañaga, il nuovo ministro degli Interni desideroso di portare più polizia per le strade delle capitale Montevideo.
La strategia del Frente Amplio di collocarsi verso il centro per raccogliere più voti non solo non ha pagato, ma adesso servirà recuperare il sostegno delle basi popolari per far fronte ad una presidenza che si preannuncia fortemente aggressiva e che ha dalla sua il sostegno del Fondo monetario internazionale e delle destre meno presentabili di tutto il continente latinoamericano.
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