Latina

Il 14 gennaio si è insediato Alejandro Giammattei, esponente della destra ultraliberista

Guatemala: nuovo presidente, vecchi problemi

Nella sua squadra di governo militari legati al conflitto armato
24 gennaio 2020
David Lifodi

Alejandro Giammattei, nuovo presidente del Guatemala

Lo scorso 14 gennaio il nuovo presidente guatemalteco, Alejandro Giammattei, si è insediato ufficialmente alla guida del paese.  Sarà l’ennesimo mero esecutore delle politiche ultraliberiste in un Guatemala rassegnato e già disgustato dal suo predecessore, l’ex comico Jimmy Morales con il quale, peraltro, Giammattei condivide il totale disinteresse, se non aperto astio, verso gli accordi di pace celebrati 23 anni fa, tanto da evitare qualsiasi celebrazione pubblica da parte del governo. Non per caso, nella sua squadra di governo figurano militari legati al conflitto armato.

Prima di Morales e Giammattei, la popolazione era scesa in piazza contro gli scandali che avevano travolto il ticket presidenziale Otto Pérez Molina e Roxana Baldetti. La mano dura che Jimmy Morales aveva promesso contro la corruzione non è stata mai attuata (anzi, due dei suoi familiari sono stati arrestati), ma utilizzata soltanto dal suo predecessore, il militare Pérez Molina denominato appunto “Mano dura” per il coinvolgimento nella guerra sporca e nel genocidio contro il popolo maya. Oggi il Guatemala è un paese svuotato, dove lo Stato non esiste, se non per fare da gendarme degli Stati uniti in Centroamerica, come sembrano dimostrare le prime mosse di Giammattei per bloccare il flusso di migranti verso gli Stati uniti e compiacere il potente vicino.

In uno scenario dove dominano corruzione (3 degli ultimi 5 presidenti sono in carcere), estrema povertà e malnutrizione, la sola a non risentirne è l’oligarchia del paese, felice che, al pari di Morales e Pérez Molina, Giammattei tuteli la libertà d’impresa, vada a braccetto con il fondamentalismo cattolico ed evangelico diffusosi anche in Guatemala (un tempo tra i paesi dove si era sviluppata la Teologia della Liberazione), all’insegna della famiglia tradizionale e non si curi dell’analfabetismo dilagante, di oltre metà della popolazione in stato di indigenza estrema e della crescita del narcotraffico e della criminalità organizzata.

Nel giorno del suo insediamento, Giammattei ha detto che temeva un attentato nei suoi confronti, chiedendo un rafforzamento delle misure di sicurezza per proteggerlo. Senza offrire altri dettagli, per ragioni di sicurezza, pare che l’ordine di ucciderlo sia arrivato da un carcere di massima sicurezza, quello di Pavón , a seguito della morte dell’ex congressista Manuel de Jesús Castillo Medrano, ucciso da un arma da fuoco lo scorso dicembre all’interno della prigione dove scontava una condanna a 203 anni dopo esser stato ritenuto colpevole dell’omicidio di alcuni deputati del Parlacen, il Parlamento centroamericano, avvenuto nel 2007.

Direttore di un istituto penitenziario per 12 anni, a sua volta in carcere per 10 mesi con le accuse, poi ritirate, che lo indicavano come responsabile della morte di 7 detenuti sotto la sua gestione, Giammattei ha condiviso con Morales la cacciata della Cicig, la Comisión Internacional contra la Impunidad, dal Guatemala, paese con un altissimo tasso di delinquenza, ma, a differenza del suo predecessore, pensa di sostituirla con una fumosa, per ora, Commissione anticorruzione nazionale.  Sempre a proposito della violenza dilagante del paese (il tasso di omicidi nel 2019 è stato del 21,5% su 100.000 abitanti), ancora una volta sembra prevalere la risposta militare, come del resto hanno fatto, senza grandi risultati, gran parte dei presidenti che sono venuti prima di Giammattei, almeno a partire da Óscar Berger.

Anche sul problema cronico della denutrizione del paese, Giammattei ha proposto la cruzada por la nutrición di fronte alla realtà di almeno un milione di piccoli guatemaltechi che fanno la fame, ma non ha illustrato passi concreti da fare, mentre dallo scorso agosto, dopo aver vinto le elezioni, il nuovo presidente ha già visitato almeno 12 paesi per favorire gli investimenti su suggerimento del nuovo ministro dell’Economia Antonio Malouf, dirigente della Confindustria locale.

Tra coloro che hanno partecipato all’insediamento di Giammattei, non a caso vi sono stati il presidente l’honduregno Juan Orlando Hernández, il vicepresidente del Paraguay Hugo Alberto Velázquez, la ministra brasiliana de la Mujer, la Familia y los Derechos Humanos Damares Alves, la ministra della Equidade de género cilena Isabel Plá, il rappresentante di Israele in seno all’Organizzazione degli stati americani Dani Danon, ancora soddisfatto per la mossa compiuta pochi anni fa da Morales, che, dopo il gesto provocatorio di Trump, decise anch’esso di seguirlo a ruota spostando l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme.

La tipologia di presenze istituzionali alla cerimonia che ha ufficialmente attribuito pieni poteri a Giammattei fa già capire quale futuro aspetta il Guatemala. Non roseo.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it.
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