Prove di autogolpe
Le immagini di sabato e domenica scorsa che mostravano militari e poliziotti, ma soprattutto militari, che prima circondavano e poi facevano irruzione nel Parlamento (Asamblea Legislativa) salvadoregno, ha riportato di colpo il paese a un passato di violenza e terrore che ancora scuote la memoria, i ricordi di milioni di persone.
Di un popolo eroico che ha provato sulla propria pelle gli orrori della guerra, dei massacri -molti di essi ancora impuniti- perpetrati dai corpi scelti dell'esercito, finanziati da Washington per frenare l'espansione del "comunismo" in Centroamerica.
Se gli Accordi di Pace di Chapultepec del 1992 e quasi tre decadi di ricerca instancabile di pace, verità e di giustizia hanno in parte lenito il dolore, il presidente Nayib Bukele è riuscito, in un colpo solo, a risvegliare gli spettri di un passato nemmeno tanto lontano e a fare tabula rasa di un percorso difficile ed accidentato.
Volere imporre al Parlamento l'approvazione di un prestito milionario da usare per la terza fase di un piano operativo di sicurezza, militarizzando l'emiciclo e minacciando un'insurrezione popolare contro quei deputati che non voteranno come vuole lui, è tipico di un personaggio che governa attraverso le reti sociali, che si scuda dietro il sostegno indiscusso di Washington e che non perde occasione per mostrare una spavalderia da bullo di paese.
È inoltre un grave errore politico e un evidente attacco al principio della separazione dei poteri, ma non solo.
Senza il controllo del Parlamento - le elezioni legislative si svolgeranno il 28 febbraio 2021 e fino ad allora dovrà fare i conti con un'opposizione che controlla i due terzi dei seggi - Bukele sembra volere forzare i tempi, creando le condizioni per un autogolpe legislativo.
Contro la decisione di Bukele di convocare una sessione straordinaria del parlamento, di militarizzare l'aula e di minacciare apertamente i deputati si sono schierati in molti, tra cui l'Istituto Iberoamericano di Diritto Costituzionale e la Sala Costituzionale della Corte Suprema di Giustizia.
Quest'ultima ha emesso un comunicato nel quale ordina al presidente Bukele di "astenersi da usare le Forze armate per fini che non sono quelli stabiliti nella Costituzione" e al Consiglio del Ministri di "porre fine agli effetti della convocazione a una sessione straordinaria del parlamento per l'approvazione di un prestito (...)".
Ancora più dura la risoluzione approvata ieri da 65 deputati (più del 77%) con la quale si condanna energicamente "l'irruzione e l'occupazione militare del Parlamento, per ordine del presidente Bukele, con l'obiettivo di intimidire deputati e deputate mediante l'ingresso di militari e poliziotti armati di fucili".Hanno inoltre chiesto a Bukele di "desistere dalle minacce, ultimatum e dall'uso della forza per dissolvere questo parlamento".
Intanto il gruppo parlamentare del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN) ha presentato una denuncia contro il presidente Bukele per il delitto di sedizione.
Nonostante gli indici di gradimento sull'operato di Bukele continuino a essere molto alti -almeno fino a sabato scorso- questa volta sembra che il presidente 4.0 abbia fatto il passo più lungo della gamba, mostrandosi al paese e al mondo per quello che è veramente.
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