Nuove minacce contro il Venezuela bolivariano
Ad ingolosire gli Stati uniti, aldilà della scusa di giustificare l’intervento in Venezuela con il pretesto di ristabilire una presunta democrazia, ora che anche la stessa credibilità del presidente de facto Guaidó sembra ai minimi termini anche sul versante anti-chavista, quelle ricchezze minerarie e petrolifere a cui mira l’oligarchia Usa, al pari di quella colombiana. Anche il narcotraffico, del quale il Venezuela è accusato, rappresenta un vero e proprio paradosso, soprattutto se a puntare il dito è il governo colombiano, visti i noti legami con i narcos e i paramilitari del duqueuribismo. Come è noto, lo stesso Duque, per raggiungere la presidenza del paese, ha potuto contare sui voti del narcotraffico.
Eppure, la presenza, ancora una volta, di truppe di mercenari al confine tra Colombia e Venezuela, fa capire che il chavismo è di nuovo sotto attacco. All’ennesimo progetto di transizione politica verso la democrazia proposto dal segretario di Stato Usa Mike Pompeo, il cancelliere venezuelano Jorge Arreaza ha risposto che la sovranità del Venezuela non è in discussione. “Le decisioni sul futuro del Venezuela si prendono a Caracas, non a Washington”, ha replicato Arreaza, il quale ha insistito sugli sforzi compiuti dal governo bolivariano nel corso del dialogo con l’opposizione nonostante i tentativi di sabotaggio degli emissari di Trump.
Dall’Unione europea, per ora, è arrivata invece una sollecitazione affinché governo e opposizione trovino un accordo, soprattutto adesso nel pieno dell’emergenza per il coronavirus. Tuttavia, anche dal vecchio continente non è giunta nemmeno una parola di biasimo per l’opera sotterranea di destabilizzazione che sta conducendo la Colombia, nonostante le poco credibili smentite di esercitazioni militari alla frontiera con il Venezuela da parte dell’esercito. Sui social network circola infatti un video che ritrae soldati colombiani scendere da un elicottero modello Black Hawk, ma si è trattato, secondo il Ministro della Difesa di Palacio Nariño, soltanto di manovre volte a stroncare il narcotraffico. Come mai, però, la Colombia non si occupi di dare la caccia ai narcos sul proprio territorio, invece di ammassare truppe alla frontiera, non è dato sapere.
Segnalato dalla senatrice colombiana di Unión Patriótica Aida Avella, il video rappresenta per la stessa sinistra colombiana una chiara provocazione nei confronti del Venezuela bolivariano. Il messaggio della senatrice, sotto al video, è chiaro e facilmente traducibile: «Se escala provocación y amenaza de agresión contra Venezuela; si hay Dignidad hay que levantar con fuerza la consigna de no a la guerra».
Anche Trump ha inviato militari verso il Venezuela, lo scorso 1° aprile nell’ambito delle indagini che stanno conducendo gli Stati uniti sulle presunte accuse di narcotraffico rivolte e Maduro. La giustizia Usa ha addirittura messo una taglia di 15 milioni di dollari a coloro che siano in grado di fornire informazioni utili per poter legittimare l’arresto del presidente venezuelano. 10 milioni è la taglia che pende invece sul presidente dell’Assemblea nazionale costituente Diosdado Cabello e altri dirigenti bolivariani di primo piano. L’accusa di narcoterrorismo contro Maduro riguarderebbe il suo presunto piano per rifornire di cocaina il mercato statunitense, ma come ritenere veritiere queste voci quando si moltiplicano le dichiarazioni di trame per fare cadere il Venezuela bolivariano provenienti sia dalla Colombia sia dagli Stati uniti?
Si lavora, instancabilmente, a trovare un pretesto per imporre un cambio di governo in Venezuela: il rifiuto di Duque, denunciato dalla vicepresidente venezuelana Delcy Rodriguez direttamente all’ Organización Panamericana de la Salud, di accettare aiuti da parte di Caracas affinché la Colombia possa fronteggiare al meglio l’emergenza Covid-19 fa capire quanto siano caduti in basso gli antichavisti, disposti a tutto pur di cambiare l’inquilino di Miraflores.
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