Latina

Pandilleros e narcos si sostituiscono ai governi

Covid-19 in America latina: stati deboli e criminalità forte

I cartelli della droga distribuiscono beni di prima necessità e colmano il vuoto della politica
2 giugno 2020
David Lifodi

Covid-19 in America latina: pandilleros e narcos distribuiscono generi di prima necessità

L’emergenza sanitaria legata alla diffusione sempre più preoccupante del Covid-19 in America latina ha finito per impattare anche sulla criminalità e sulla già conosciuta debolezza degli stati nazionali. Dalle pandillas centroamericane ai narcotrafficanti, il corona virus ha creato le condizioni per temporanei cessate il fuoco e sospensione di alcune delle attività criminali.

Addirittura, nel Brasile del presidente Bolsonaro, che ancora oggi insiste nel negare la pandemia, il Comando Vermelho, che esercita un controllo de facto sulla Cidade de Deus, la favela di Rio de Janeiro dove è stato registrato uno dei primi casi di contagio nel paese, ha minacciato le persone affinché non uscissero di casa. In altre favelas del Brasile, i gruppi criminali hanno distribuito sapone e gel disinfettante agli abitanti. Lo scorso 9 aprile, l’ex ministro della sanità di Bolsonaro, Luiz Henrique Mandetta, che poi ha abbandonato l’incarico, aveva rivelato di aver cercato il dialogo con un gruppo criminale in una favela di cui non è stato reso noto il nome. In Guatemala, i pandilleros di Barrio 18, che opera soprattutto nella capitale, hanno sospeso la riscossione del pizzo dai piccoli commercianti e dagli abitanti delle baraccopoli sulle quali pretendono di esercitare protezione, mentre in El Salvador, la Mara Salvatrucha ha anch’essa minacciato di utilizzare la violenza se le persone avessero disobbedito alle direttive del governo del presidente Bukele a favore della quarantena.

Come interpretare tutto ciò? Una prima interpretazione plausibile può riguardare la volontà, da parte della criminalità, di imporre un ulteriore controllo sulle comunità e far passare il messaggio che sono loro, anche in tempi di emergenza sanitaria, a mantenere il potere su ampie porzioni delle città e dei quartieri più poveri di molte metropoli e megalopoli latinoamericane. Se i gruppi criminali non avessero la capacità di ergersi alla stregua di governi informali, non si sarebbero dati da fare per invitare la popolazione, pur se con metodi violenti, non solo a rispettare la quarantena, ma a rivolgersi a loro per ottenere mascherine, guanti, alcool e gel disinfettanti. Per narcos e pandilleros rivestire una funzione di controllo sociale significa inviare un messaggio chiaro ai governi della regione: dove non arriva lo Stato giunge la criminalità che, in questo modo, ha l’opportunità di promuovere sempre di più le proprie azioni illegali.

A questo proposito le pandillas che operano nei quartieri di Medellín risolvono dispute tra le comunità, regolano le attività di estorsione esercitate da più gruppi criminali e finiscono inevitabilmente per essere più presenti nelle strade e nei quartieri del governo. In Brasile sono stati i messaggi propagati su whatsapp dalla criminalità organizzata a far capire che, se il governo non avesse preso alcuna misura, come è effettivamente accaduto, avrebbero pensato loro a far rispettare la quarantena e a venire incontro alle esigenze dei favelados, occupando così decenni di vuoto statale mai colmati dalle istituzioni, ma solo dai narcotrafficanti, anche se a modo loro. Al tempo stesso, sono gli stessi gruppi criminali a stabilire cosa si può fare o meno in tempi di quarantena, come è successo in Colombia lo scorso aprile, quando i narcotrafficanti di Niquia-Camacol hanno celebrato per le strade di Medellín il funerale del leader della banda, Edgar Pérez Hernández, alias "El Oso".

Per contro, nel corso della pandemia sono anche cresciuti i numeri degli omicidi di cui si sono resi responsabili i narcotrafficanti. Già all’inizio di aprile, il Messico registrava il più alto numero di esecuzioni commesse dai cartelli della criminalità degli ultimi 13 anni. A Ciudad Juárez, nello scorso mese di marzo, i morti ammazzati dal narcotraffico erano già 153, la cifra più alta dal 2018, tanto da costringere i media messicani a parlare di una “seconda epidemia”.

Sempre in Messico, dove ha sollevato grande sconcerto la stretta di mano tra il presidente Obrador e la madre del narcotrafficante Chapo Guzmán, il cartello Jalisco Nueva Generación ha consegnato cibo e materiale sanitario alla popolazione di Cuautitlán ed episodi simili sono avvenuti anche negli stati di Tamaulipas e Michoacán.

Più in generale, la rapida e abbastanza efficace gestione dell’emergenza sanitaria da parte della criminalità organizzata di certo è servita per far aumentare la loro popolarità tra gli strati sociali più poveri del paese e legittimarsi, molto più degli Stati, di fronte alle persone. La forza di presentarsi in maniera convincente da parte di narcotrafficanti e pandilleros è tale che molte comunità, in tutto il continente, finiranno per seguirli, di fronte al conseguente abbandono da parte dei governi. Sostituire lo Stato è molto semplice, come hanno dimostrato i cartelli messicani di Sinaloa o del Golfo, che hanno distribuito beni di prima necessità alle persone spingendosi fino a stampare sugli aiuti consegnati alla popolazione il logo del rispettivo gruppo criminale.

Tutto ciò fa pensare che dalla crisi del Covid-19 molto probabilmente le autorità statali finiranno per uscirne ancor più indebolite a vantaggio della crescente popolarità della criminalità organizzata.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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