Araucanía: violenza razzista di Stato contro i mapuche
Da tempo le comunità mapuche si sono mobilitate per denunciare le pessime condizioni dei penitenziari di Temuco e Angol, dove sono reclusi gran parte dei prigionieri politici e chiedere con forza che possano almeno scontare le pene nelle loro comunità. Il machi Celestino Córdova è stato protagonista di un coraggioso sciopero della fame protrattosi per quasi tre mesi e i suoi compagni hanno seguito il suo esempio nelle carceri di Lebu e Angol. Le loro condizioni sono critiche.È in questo contesto che i mapuche hanno accusato il ministro degli Interni Víctor Pérez di voler scatenare una guerra civile nei loro confronti, come dimostrano gli arresti a senso unico a seguito dei tentativi di metter fine con la violenza alle occupazioni dei municipi.
I mapuche, rivendicando i loro diritti politici, all’insegna dello slogan Libertad a todos los presos políticos mapuche! Fuera forestales , hidroeléctricas y empresas extractivistas del territorio ancestral!, hanno evidenziato il razzismo del governo, che ha preferito soffiare sul fuoco della guerra per venire incontro, ancora una volta, agli interessi dei latifondisti e dell’ultradestra. Lo sgombero violento dei municipi di Curacautín, Ercilla, Traiguen e Victoria, le cui tomas erano state promosse dai familiari dei prigionieri politici, è stato caratterizzato da vere e proprie cacce all’uomo da parte di gruppi di facinorosi, composti soprattutto dai grandi proprietari terrieri, dai loro figli e dalle famiglie più in vista di queste città che hanno cercato di penetrare all’interno delle municipalidades nel tentativo di appiccare il fuoco agli edifici, agli stessi mapuche e picchiando con violenza i comuneros che si trovavano al loro interno. L’attacco era stato organizzato nei dettagli e in maniera simultanea. Testimoni hanno riferito di aver udito gli aggressori dire che “a Curacautín il lavoro era stato già fatto”. Ad aggredire i mapuche (compresi donne e bambini) e ad assaltare i municipi pare che sia stata l’“Asociación para la Paz y la Reconciliación en la Araucanía”, gruppo di estrema destra che ha goduto della completa e totale complicità dei carabineros.
Una cosa è certa: nel pieno dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, la repressione contro i mapuche non solo non si è arrestata, ma è cresciuta di intensità. A testimoniarlo le parole del sindaco di Victoria Javier Jaramillo, il quale ha denunciato il provocatorio atteggiamento del ministro degli Interni Víctor Pérez, che in occasione della sua recente visita in Araucanía aveva rifiutato di incontrare i sindaci delle città della provincia di Malleco dove erano in corso le occupazioni, minacciando il governatore provinciale Juan Carlos Beltrán per gli eventuali episodi di violenza che poi si sarebbero puntualmente verificati, anche se non per iniziativa dei mapuche.
Peraltro, sottolineano ancora i mapuche, anche il governo provinciale di Malleco, al pari del ministero degli Interni, ha dimostrato di non essere assolutamente interessato al dialogo.Quanto al ministro Pérez, appena insediatosi, dichiarò che la sua priorità sarebbe stata quella di risolvere il conflitto in Araucanía ricordando sotto certi aspetti l’allora presidente messicano Fox quando affermò con arroganza che avrebbe risolto la questione zapatista in dieci minuti. Peraltro, come ammesso dallo stesso Pérez, il suo interesse a risolvere il conflitto era dovuto al desiderio di “far vivere i cileni in pace e in tranquillità”. Per lui “allontanare i violenti” rappresentava la soluzione migliore, se non fosse che per “violenti” intendeva i mapuche e che gli stessi mapuche meritino di vivere in pace. La riconciliazione del ministro, in pratica, consiste soltanto nel tutelare gli interessi neoliberisti in Wallmapu con il sostegno dell’ultradestra. Infine, a negare l’esistenza di prigionieri politici mapuche ed andare a braccetto con i gruppi paramilitari e i terratenientes che nei municipi di Victoria, Collipulli, Galvarino, Angol, Curacautín e Traiguén hanno danneggiato le infrastrutture comunali e dato vita a dei veri e propri linciaggi al grido di “El que no salta es Mapuche”, Pérez non ci fa certo una bella figura. Alcune testimonianze hanno raccontato di attacchi ai mapuche in stile Ku Klux Klan.
Nel frattempo, la condizioni di salute dei prigionieri politici mapuche preoccupano ogni giorno di più come testimonia l’appello di oltre 170 medici affinché il governo cileno si assuma le proprie responsabilità: “Nel contesto della pandemia dovuta al Covid-19”, spiegano, “ per nessuno dei comuneros in carcere sono state prese misure orientate a prevenire il contagio, segno dell’evidente opera di discriminazione dello Stato nei loro confronti”. Esprimendo la loro preoccupazione umana e professionale, i medici invitano il governo a muoversi rapidamente, ma considerando che il ministro degli Interni Víctor Pérez è vicino alla tristemente nota Colonia Dignidad di ispirazione nazista, difficilmente la situazione si risolverà in maniera pacifica.Infine, va sottolineato, una volta di più, il gioco sporco del governo che cerca di far passare, di fronte all’opinione pubblica, l’idea di un contrasto alla prova dei fatti inesistente tra cileni e mapuche, ma in realtà sono terratenientes, latifondisti ed ultradestra ad essere responsabili di quelle disuguaglianze sociali che hanno reso il Cile uno dei paesi dove è sempre maggiore la forbice tra i pochi che sono padroni di tutto e i molti che non hanno niente. La rivolta contro il presidente Piñera, scoppiata lo scorso autunno, ha come bersaglio quella minoranza privilegiata che vuol difendere i propri interessi.
I mapuche chiedono semplicemente di essere riconosciuti come Nación Originaria nel segno di uno stato plurinazionale che gran parte delle istituzioni cilene hanno rifiutato con sempre maggiore arroganza, soprattutto a partire dal periodo storico pinochettista.
I video e le foto dell'assalto ai mapuche sono visibili su Resumen Latinoamericano:
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