Argentina: calpestato il diritto all'abitare
La toma della terra da parte di circa duemila famiglie, una delle più grandi mai avvenute in Argentina in un momento di forte emergenza dal punto di vista abitativo, sociale ed economico, da tempo aveva scatenato le ire dei proprietari di quei terreni. Le istituzioni e la proprietà privata non si sono mai adoperate, dallo scorso luglio, per trovare una soluzione in grado quantomeno di venire incontro ad alcune delle richieste degli occupanti.
Inizialmente, il governo della Provincia di Buenos Aires aveva proposto di censire gli occupanti per giungere ad uno “sgombero ordinato” delle famiglie, ma poi aveva sottolineato che, di fronte all’ordine di abbandonare la terra emesso dalla giustizia, non era più possibile trovare una soluzione. E così, all’alba, cogliendo di sorpresa gli occupanti, oltre 4.000 agenti sono intervenuti con violenza reprimendo qualsiasi tentativo di resistenza dei comuneros, che pure si sono difesi, lanciando pietre, finché hanno potuto. Ad alcune case è stato appiccato il fuoco e Guernica è stata trasformata in un problema di esclusivo ordine pubblico.
Dopo aver visto Guernica ridotta ad un cumulo di macerie fumanti, gli occupanti hanno promesso: "vamos a volver". La caccia ai comuneros era iniziata intorno alle 4 della mattina, hanno raccontato i testimoni alla Red Nacional de Medios Alternativos.
L’occupazione, condotta a termine nella speranza di trasformare pian piano Guernica in una zona abitabile, era avvenuta il 20 luglio, da cui aveva preso nome la prima zona della comuna. La toma di Guernica si era completata con la nascita di altri tre quartieri: “San Martín”, “La Lucha” e “La Unión”. Poi, con il trascorrere dei giorni, sin techo e sin tierra hanno dovuto fare i conti con gli appetiti immobiliari della proprietà privata. Nemmeno il tentativo della vicepresidenta Cristina Kirchner, la quale aveva peraltro suggerito una improbabile conciliazione, che avrebbe comunque finito per avvantaggiare i proprietari del terreno occupato (la Sociedad Rural), è servita a niente.
Ha destato inoltre amarezza e sconcerto che l’ordine dell’azione poliziesca sia partito da quel Frente de Todos che molti degli occupanti avevano votato in occasione delle ultime presidenziali poiché uno degli slogan della campagna elettorale era stato proprio“primero los últimos”. Al contrario, gli interessi degli speculatori immobiliari hanno prevalso nei confronti delle istanze dei disoccupati, dei precari e di quelle fasce sociali del paese più deboli e da sempre rifiutate dalle istituzioni argentine.
Solo tre settimane prima dello sgombero lo stesso presidente Alberto Fernández, pur sottolineando di non essere d’accordo con l’occupazione di Guernica, aveva ribadito che la soluzione non era quella di cacciare gli occupanti tramite l’utilizzo della repressione da parte delle forze di polizia.
Purtroppo, i fatti di Guernica, oltre a lasciare letteralmente per strada famiglie che hanno perso anche quel poco che avevano costruito dallo scorso luglio, fanno emergere la differenza tra le promesse del Frente de Todos, che aveva suscitato enormi speranze, anche tra i più poveri, dopo gli anni del macrismo alla Casa Rosada, ed una realtà che non è, nei fatti troppo diversa, almeno in questo caso, per quanto riguarda i legami con l’oligarchia argentina.
Al termine di quello che i grandi media hanno definito come uno scontro tra la polizia (attrezzata e organizzata) e gli occupanti (una quarantina dei quali sono stati arrestati) difesisi come potevano da un attacco in grande stile preparato nei minimi dettagli dopo che il governo aveva deciso in maniera unilaterale di terminare i negoziati, il governatore Kicillof ha sostenuto di aver soltanto eseguito l’ordine della magistratura.che fissava, come termine limite per lo sgombero, il 30 ottobre.
Guernica era stata occupata nel mese di luglio al grido "No al desalojo, tierra para vivir" da famiglie che abitavano nei distretti provinciali di Almirante Brown, Lomas de Zamora, San Vicente, Florencio Varela, Ezeiza e Esteban Echeverría. Le 1.200 famiglie che avevano dato vita alla toma erano divenute nel corso del tempo quasi 2.000, provenienti dalle sterminate periferie urbane.
Lo sgombero di Guernica ricorda da vicino quanto accaduto il 17 dicembre 2010, quando il quartiere Villa Soldati, nella periferia di Buenos Aires, fu attaccato dalla Polizia Federale e metropolitana dell’allora governatore Mauricio Macri per cacciare dal Parque Indoamericano centinaia di famiglie migranti peruviane, boliviane e paraguayane.
All’epoca il kirchnerismo accusò Macri per quanto accaduto, ma lo stesso centro-sinistra, allora come oggi, non aveva a sua volta risolto la grave situazione di ingiustizia strutturale nel paese.
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