“Sono necessari cambiamenti strutturali”
A novembre dell'anno scorso, il Guatemala fu scosso nuovamente da forti proteste. La gente scese in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Alejandro Giammattei, di ministri e deputati, per aver approvato furtivamente una legge di bilancio di quasi 13 miliardi di dollari che faceva schizzare il debito pubblico, tagliava sanità, istruzione, fondi per la difesa dei diritti umani e per la lotta contro la povertà e beneficiava élite economiche e funzionari corrotti.
Una nuova rivolta popolare contro il cosiddetto 'patto dei corrotti', contro il saccheggio delle casse dello Stato, contro la gestione inadeguata, improvvisata e incompetente della pandemia e contro l'incapacità e l’indifferenza del governo nell’affrontare l’arrivo degli uragani Eta e Iota.
Mobilitazioni, presidi, blocchi stradali per opporsi agli attacchi sistematici contro chi difende la terra e i beni comuni, contro uomini e donne che tutelano i diritti umani, contro l'irrefrenabile violenza di genere.
Il Guatemala continua a essere uno dei Paesi più pericolosi per chi pratica la difesa dei diritti umani e l'attività sindacale. Dall’inizio di quest’anno sono già 28 le donne vittime di femminicidio, 6 di esse assassinate in un solo giorno. Sono almeno 4 le donne che ‘spariscono’ ogni giorno.
Una situazione drammatica (cinque su dieci bambini e bambine minori di cinque anni soffrono di denutrizione cronica, il 60% della popolazione in generale e l’80% della popolazione indigena vive in povertà) che affonda le sue radici nell’implacabile introduzione e inasprimento di un modello economico neoliberista ed estrattivista, che comporta la depredazione e militarizzazione dei territori, così come la criminalizzazione e assassinio di uomini e donne che li difendono.
“È una situazione molto complicata, che ha ora l’aggravante della pandemia e dei disastri causati dai due uragani. Il nuovo anno inizia in condizioni molto difficili per i popoli che storicamente subiscono le stangate di questo modello politico ed economico imposto dalle oligarchie”, afferma Leiria Vay García, membro della direzione politica nazionale del Comitato di sviluppo contadino (Codeca).
“Ciò che ci preoccupa maggiormente è l'espansione dei progetti estrattivi. La loro proliferazione incontrollata è stata fonte di violazione dei diritti umani, incremento della violenza contro le comunità, causa di divisioni e conflitti. Tutto questo va di pari passo con una classe politica volta a garantire gli interessi di pochi, dei grossi capitali nazionali e multinazionali, ai danni della stragrande maggioranza della popolazione”.
Diritti umani
Nel suo ultimo rapporto (dicembre 2020), l'Unità di protezione delle difensore e difensori dei diritti umani del Guatemala, Udefegua, ha documentato un totale di 1004 casi di aggressioni. Si tratta della maggior quantità di aggressioni contro persone, organizzazioni e comunità che tutelano i diritti umani, registrata dalla suddetta organizzazione.
“Il governo di Alejandro Giammattei ha promosso il consolidamento dell’autoritarismo e la chiusura di spazi di partecipazione democratica; di conseguenza ha attivato una politica repressiva contro tutti coloro che si oppongono ai suoi interessi.
L'attuale governo - continua Udefegua - ha smantellato tutte le istituzioni che si occupano di pace e diritti umani, così come i pochi e deboli meccanismi di protezione esistenti. A loro volta le aggressioni registrate e documentate testimoniano che questo periodo (di pandemia) è stato utilizzato per reprimere, praticare violenza e/o aggredire coloro che tutelano i diritti umani nel Paese”, segnala lo studio.
Del totale dei 1004 casi di aggressione, il 33,66 % (338) sono avvenuti contro donne che difendono i diritti umani, il 52,87 % (530) contro uomini che difendono i diritti umani, il 13,54% (136) contro collettivi, organizzazioni e comunità. Sono stati registrati anche 15 omicidi, 22 tentati omicidi e 313 atti di criminalizzazione contro persone che difendono i diritti umani.
Udefegua ha denunciato anche la repressione, abuso di autorità, brutalità poliziesca e criminalizzazione del diritto di riunione e manifestazione pacifica esercitato dalla popolazione.
“Per questo governo i diritti umani non sono una priorità e il regresso è evidente. Pandemia e disastri naturali sono giunti ad acutizzare una crisi che è profonda e che sta facendo affondare il Paese, aggravando la situazione di povertà e disoccupazione tra la popolazione”, sostiene Leiria Vay.
In poco più di due anni, 19 membri del Codeca sono stati assassinati in assoluta impunità.
Cambiamenti strutturali
Per la dirigente indigena e contadina è necessario che la popolazione cominci a mobilitarsi con l’obiettivo di generare cambiamenti strutturali nel Paese.
“Non è facile. Vorremmo che la popolazione non si accontentasse di reazioni emotive di fronte agli eccessi di politici corrotti, ma che cominciasse a far pressione per ottenere trasformazioni strutturali del modello.
Abbiamo bisogno di mobilitazioni di massa che colpiscano gli interessi economici delle oligarchie nazionali e delle multinazionali. Dobbiamo canalizzare questo scontento popolare per generare cambiamenti profondi.
Puntiamo a un cambiamento del sistema attraverso un'assemblea costituente originaria che ci faccia avanzare verso la costruzione di uno Stato plurinazionale", conclude Vay.
Fonte: LINyM
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