Latina

Il paese è al collasso sanitario, ma il governo prosegue la repressione contro i movimenti sociali

Paraguay: la protesta non si ferma

La temporanea sparizione mediatica del presidente Abdo non ha placato la rabbia contro i colorados
6 aprile 2021
David Lifodi

Paraguay: la protesta non si ferma

A fine marzo il presidente paraguayano Mario Abdo Benítez ha rotto il silenzio, dopo quasi un mese di proteste e scontri di piazza, per fare il punto sulla situazione sanitaria del paese, da tempo al collasso soprattutto a causa della gestione irresponsabile della pandemia.

Marito, come lo chiamano ironicamente i movimenti sociali, ha garantito sia il dialogo con coloro che lo contestano sia l’impegno del governo per arrestare la crescita dei contagi da Covid-19.

Quanto ai vaccini, il presidente si è limitato a scaricare sull’Oms le colpe per i ritardi nella distribuzione ed ha auspicato che entro il 7 aprile, la giornata mondiale della salute, sia vaccinato tutto il personale medico, oltre a mostrarsi ottimista in relazione ad un’ipotetica immunità di gregge. Infine, in relazione ai fondi stanziati nell’ambito della Ley de Emergencia Sanitaria per far fronte all’emergenza dovuta alla mancanza di strumenti medici di prima necessità negli ospedali, ha annunciato che tutto sarà reso trasparente e messo a disposizione della cittadinanza sul sito web del ministero delle Finanze.

Un po’ poco per soddisfare le richieste di un paese che è ormai stanco dei maneggi e delle furbate di Mario Abdo, il quale, da parte sua, insiste nel sostenere che agisce per il bene della nazione e che gli eventuali errori sono stati commessi in buona fede, insieme ad altre parole vuote pronunciate pochi giorni prima di Pasqua: “Espero que este tiempo de pascua nos ayude a encontrar un camino común, que reflexionemos con nuestras familias, que podamos tener un espíritu de reconciliación y que la resurrección de Jesús que venció a la muerte pueda servir de motivación para un reencuentro en esta segunda etapa. Ojalá que sea la etapa final de esta pesadilla que está viviendo la humanidad y nuestro país”.

Nelle oltre tre settimane in cui il presidente era sparito dalla vita pubblica del paese, l’ultima volta che Abdo si era rivolto ai suoi concittadini era stato lo scorso 6 marzo tramite un video registrato, sui social aveva spopolato l’hashtag #DóndeEstáMarito poiché la prima carica del paese rifiutava interviste alla stampa, non rispondeva più alla cittadinanza e si spostava solamente in elicottero. Dopo aver sentito commenti come rotundo fracaso sulla gestione della pandemia, Abdo aveva promesso che avrebbe adottato misure più restrittive, ma soprattutto si è dedicato alla repressione delle proteste di piazza dello scorso marzo con buona pace delle dichiarazioni pubbliche all’insegna dell’ipocrita slogan “la paz es el camino” e le altrettanto poco credibili promesse di dialogo.

Inoltre, la momentanea sparizione mediatica di Abdo non ha dissuaso il suo governo dall’insultare e diffamare la missione argentina per i diritti umani impegnata nel chiedere giustizia per Lilian e María Carmen Villalba, le due ragazzine di origine argentina in visita ai loro genitori, militanti storici dell’Ejército del Pueblo Paraguayo (Epp), uccise lo scorso mese di settembre in un’operazione antiguerriglia e per Carmen Elizabeth Oviedo Villalba, la figlia quattordicenne di Alcides Oviedo e Carmen Villalba, prigionieri politici dell’Epp, scomparsa lo scorso 30 novembre.

La Coordinadora Nacional de Organizaciones Campesinas e Indígenas, il Movimiento Agrario y Popular e l’Organización de Lucha por la Tierra, insieme agli studenti medi e universitari, sono rimasti comunque sul piede di guerra e continuano a chiedere le dimissioni di Mario Abdo e del vicepresidente Hugo Velázquez, soprattutto a seguito della misura di prisión preventiva adottata nei confronti di alcuni giovani manifestanti accusati di aver appiccato il fuoco alla sede dei colorados ad Asunción.

Secondo i movimenti sociali misure di questo tipo erano state adottate anche all’epoca della dittatura stronista per reprimere la protesta sociale. I tre giovani studenti, Vivian Genes, Luis Trinidad e Pedro Areco sono stati incarcerati “siguiendo las órdenes del patrón“, ha denunciato la loro avvocata Liliana Boccia, insistendo sul fatto che non è stata seguita la procedura ordinaria per incarcerarli, ma sono stati sbattuti in prigione senza prove certe e soprattutto senza alcun dibattimento processuale.

“Vi siete messi contro la generazione sbagliata”, hanno ripetuto i movimenti sociali, urlando al governo questo stesso slogan già risuonato nelle piazze di Cile, Colombia, Ecuador, Perù e Guatemala. Se Marito pensa di essere riuscito, solo grazie ad una breve sparizione mediatica, di aver superato la bufera, probabilmente si sbaglia di grosso.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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