Movimento ambientalista esige giustizia
“La Costa Rica è un paese che si autodefinisce all’avanguardia nella conservazione della natura, ma che però si rifiuta di adottare misure per proteggerla davvero”, denuncia l'organizzazione Bloque Verde in un comunicato.
Per diverse ore, i volti di Yehry Rivera, Sergio Rojas, Diego Armando Saborío, Jairo Mora, Kimberley Blackwell, David Maradiaga, Jaime Bustamante, Oscar Fallas, María del Mar Cordero, Jorge Aguilar, Óscar Quirós, Antonio Zúñiga e Olof Wessberg, hanno illuminato le grigie pareti del parlamento.
Secondo i dati forniti da Bloque Verde, negli ultimi tre decenni ci sono stati almeno 25 attacchi contro chi difende la terra e l'ambiente, con un saldo di 13 persone assassinate.
In occasione del 49° anniversario della Dichiarazione delle Nazione Unite sull’ambiente umano, il movimento ambientalista ha chiesto giustizia “per le aggressioni e gli omicidi di chi difende la natura, gli ecosistemi e i popoli che ci abitano”, ribadisce Bloque Verde .
Della difficile situazione ambientale in questo paese dell’America Centrale ha parlato il sostituto procuratore dell’ambiente Luis Diego Hernández.
“Abbiamo registrato un aumento della partecipazione della criminalità organizzata ad attività distruttive, legate principalmente all'agrobusiness, al traffico di specie selvatiche, alla costruzione di piste (narco) all'interno di aree protette e all'espansione immobiliare”.
Una situazione che per il movimento rappresenta “un importante fattore di rischio per le persone che difendono la natura”.
La decisione di proiettare i volti di chi è stato ucciso perché impegnato nella difesa della terra e i beni comuni, risponde alla necessità di dimostrare che la legislazione costaricana non contiene strumenti chiari ed efficaci per proteggere la vita di coloro che difendono gli ecosistemi.
“Sono tredici omicidi politici contro attivisti ambientalisti e contro chi lotta per recuperare le terre ancestrali, sottratte da usurpatori senza scrupoli. A parte i casi di Yehry Rivera e Sergio Rojas, che con estrema fatica e grazie alla pressione delle famiglie e di organizzazioni e movimienti nazionali e internazionali sono ancora aperti, tutti gli altri sono rimasti impuniti”, spiega Henry Picado della Federazione costaricana per la conservazione dell'ambiente (Fecon).
Porre fine a tanta impunità e garantire verità e giustizia alle persone assassinate sono gli obiettivi che insegue il movimento ambientalista ed ecologista. È quindi necessario che il parlamento ratifichi quanto prima l'Accordo di Escazú[1], entrato ufficialmente in vigore il 22 aprile.
Ad oggi, solo 12 dei 46 paesi e territori dell'America Latina e dei Caraibi lo hanno fatto. I paesi identificati come i più pericolosi per chi difende la terra e i beni comuni (Colombia, Brasile, Honduras e Guatemala) non sembrano intenzionati a fare questo passo. E per ora non sembra disposta nemmeno la Costa Rica, che nell’immaginario collettivo è percepita come “paese verde”, mentre nella realtà investe ingenti risorse in marketing per nascondere verità impresentabili, molto poco ‘paradisiache’ e impregnate di sangue, pesticidi e distruzione ambientale.
Fonte Rel UITA | LINyM
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