Sei anni... con Berta
L'omicidio della leader indigena e attivista sociale Berta Cáceres ha marcato uno spartiacque nella storia dell’Honduras. Gli oligarchi assassini, la mafia istituzionalizzata, hanno alzato la posta nei confronti dei popoli in resistenza nei territori e hanno lanciato un messaggio: da oggi più nessuno è intoccabile.
Però si sbagliavano. La lotta non si è fermata, anzi si è intensificata in tutto il paese e a livello internazionale. Sono stati molti i compagni e le compagne caduti sotto i proiettili assassini o finiti nelle mani di pubblici ministeri e giudici corrotti.
Se qualcosa ho imparato dal popolo honduregno è che la dignità non ha prezzo. La tenace difesa dei diritti, dei territori e dei beni comuni, insieme al fervore popolare per un cambiamento reale e radicale, sono stati più forti della paura.
Il voto del 2017 – brutalmente represso nelle strade – e quello del 2021 hanno assunto le sembianze di plebisciti. Il popolo honduregno è andato alle urne in modo massiccio e deciso e ha votato contro gli oppressori, i corrotti, gli assassini, coloro che hanno fatto sprofondare il paese e la sua gente nella miseria, nella violenza e nella disperazione.
Berta è qui
Questo sesto anniversario della “siembra”, la semina di Berta, che è tornata trasformata in milioni e che accompagna le cause e le lotte dei popoli nel mondo, si inserisce in un nuovo contesto di paese che, pur in condizioni molto difficili, genera aspettative, speranze.
Dopo la liberazione degli otto difensori dell'acqua e la vita di Guapinol e di altri detenuti politici, la messa al bando delle miniere a cielo aperto e l'inizio di una moratoria, l'abrogazione di leggi fatte per proteggere corrotti e garantire impunità, è ora il momento di andare avanti con forza per assicurare a Berta giustizia integrale e verità.
Il 4 aprile verrà letta la sentenza contro David Castillo, ex presidente della società Desarrollos Energéticos SA (DESA), titolare del progetto idroelettrico Agua Zarca, contro il quale si sono battuti Berta e il Copinh [1].
Nel luglio dello scorso anno, Castillo è stato riconosciuto colpevole come coautore dell'omicidio della leader indigena Lenca. Secondo i giudici avrebbe agito da collegamento tra gli autori materiali del crimine e i mandanti che hanno orchestrato e finanziato l’assassinio.
La famiglia di Berta e il Copinh chiedono di andare avanti con le indagini e processare le menti criminali. Solo così, assicurano, si potrà avere giustizia integrale per Berta e questo implica verità, riparazione e non ripetizione dei crimini fin qui commessi.
La promessa di "giustizia per Berta" fatta dalla presidentessa Xiomara Castro durante il suo discorso inaugurale del 27 gennaio genera speranza, anche se questo significherà scontrarsi frontalmente con gli interessi dei gruppi di potere e dover smantellare un sistema istituzionalizzato corrotto e impunito.
Berta vive, Copinh sigue
Durante le attività per il sesto anniversario di Berta e in ricordo della madre e guida spirituale del popolo Lenca, Pascualita Vásquez, il Copinh ha reso pubblico un comunicato carico di speranze e di esigenze[2].
Oltre a chiedere la cattura dei mandanti dell’omicidio di Berta Cáceres, esige il ritiro della concessione sulle acque del fiume Gualcarque e il riconoscimento del titolo ancestrale comunitario della comunità lenca di Río Blanco.
Chiede inoltre di indagare sulle responsabilità di quei funzionari pubblici e agenti di polizia che hanno perseguitato Berta e il Copinh, nonché sugli atti di corruzione da parte di quelle banche che hanno finanziato il progetto idroelettrico Agua Zarca.
Domanda infine la rifondazione del sistema di giustizia honduregno e l’apertura di un tavolo con la partecipazione delle vittime, del governo e della procura e l’accompagnamento dell’Ufficio dell’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e di esperti internazionali indipendenti.
Note
[1] Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell'Honduras
Fonte: Rel UITA (spagnolo)
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