Rivendicare diritti non può essere reato
Il 9 agosto, in occasione della Giornata internazionale dei popoli indigeni del mondo, una delegazione delle diverse etnie indigene honduregne, tra cui quella garifuna, accompagnata da organizzazioni sociali e popolari, ha raggiunto la sede centrale della Procura a Tegucigalpa.
Da oltre un anno, Ofraneh cerca senza risultato di riunirsi con il procuratore generale, per sottoporgli tutta una serie di richieste che sono state sistematicamente disattese.
Durante l'attività che si è svolta proprio di fronte alla Procura, Ofraneh ha condannato la mancanza di progressi nelle indagini sulla sparizione forzata di quattro giovani dirigenti garifuna [1].
Ha inoltre denunciato le aggressioni sistematiche subite dai membri di varie comunità, nonché l’usurpazione e il saccheggio dei territori ancestrali ad opera di compagnie nazionali e multinazionali e come conseguenza dell'imposizione di progetti estrattivi, turistici, di produzione di energia elettrica, e per l’espansione senza controllo delle monocolture estensive.
Per l’ennesima volta ha infine sollecitato il rispetto della sentenza della Corte interamericana dei diritti umani, che nel 2015 ha ordinato allo Stato dell'Honduras la restituzione dei territori usurpati alle comunità di Triunfo de la Cruz e Punta Piedra.
Anni di discriminazione e razzismo istituzionale
Da anni l'organizzazione denuncia il “razzismo istituzionale” di cui il popolo garifuna è vittima, così come la mancanza di volontà delle autorità giudiziarie di chiarire i numerosi attacchi subiti.
A meno di due settimane dalla mobilitazione, la Procura contro i crimini comuni e l'Agenzia tecnica per le indagini criminali, Atic, hanno reso noto che è stata aperta un'indagine penale nei confronti di Miriam Miranda, coordinatrice di Ofraneh, Luther Castillo, dirigente garifuna e attuale ministro delle Scienze e della Tecnologia, Edy Tábora, avvocato di Ofraneh, e di altri leader che hanno partecipato all'attività.
“Chiediamo che, con la stessa rapidità con cui agiscono contro il nostro popolo, indaghino sulle morti, le sparizioni e le aggressioni contro i popoli indigeni dell'Honduras e contro i loro territori”, scrive Ofraneh in un comunicato [2].
“La Procura si sbaglia di grosso se pensa di intimidirci con queste azioni criminalizzanti. Continueremo a lottare per la restituzione dei nostri diritti ancestrali e a chiedere che si indaghi per scoprire dove si trovano i nostri compagni scomparsi”, conclude.
“La giustizia in Honduras non è solo complice dei criminali, ma anche persecutrice di figure altamente trascendentali che hanno contribuito alla democrazia molto più di questa istituzione. Un popolo si solleverà se toccheranno Miriam Miranda. Se toccano una, rispondiamo tutte!”, assicura da Twitter, Bertha Zúniga, coordinatrice del Copinh.
Diverse organizzazioni, reti e articolazioni nazionali e internazionali hanno espresso la loro solidarietà alle persone ingiustamente indagate e hanno condannato con forza questo nuovo atto di criminalizzazione dei leader sociali.
Intanto, l’Osservatorio per la protezione dei difensori dei diritti umani ha lanciato un appello urgente, in cui si chiede di inviare una lettera prestampata alle autorità honduregna
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