Latina

Nelle presidenziali del 30 aprile ha vinto Santiago Peña, noto per le sue simpatie filostroniste

Paraguay: i colorados restano al potere

Il Partido Colorado proseguirà nel fare gli interessi dei grandi proprietari terrieri e garantirà la continuità del modello neoliberista a scapito delle classi popolari. Un’opposizione troppo variegata non è riuscita ad intercettare il consenso degli elettori.
1 maggio 2023
David Lifodi

Paraguay: i colorados restano al potere

È Santiago Peña il nuovo presidente del Paraguay. Nelle presidenziali di ieri, 30 aprile, ha vinto largamente con oltre il 43% dei consensi rispetto al 27% di Efraín Alegre. I colorados continuano quindi a perpetuarsi al potere in Paraguay, dove governano da 76 anni, escluso l’intermezzo di Fernando Lugo, presidente dal 2008 al 2012 prima di essere spodestato da un colpo di stato.

Il Partido Colorado proseguirà nel fare gli interessi dei grandi proprietari terrieri, avrà il sostegno del latifondo mediatico e garantirà la continuità del modello neoliberista imperante a scapito delle classi popolari. In pratica, Peña risponderà esclusivamente all’oligarchia che, sebbene divisa al suo interno, ha vinto agevolmente sulle proposte del campo progressista, nonostante i suoi precedenti presidenti, Cartes e Benítez, abbiano lasciato dietro di loro soltanto macerie. Horacio Cartes, a causa dei suoi legami con il narcotraffico, era stato scaricato anche dagli Usa poiché era risultato indifendibile a causa dei suoi traffici nel riciclaggio di denaro sporco e per le attività di corruzione e contrabbando. Quanto a Mario Abdo Benítez, figlio del segretario privato di Stroessner all’epoca della dittatura, la sua presidenza è stata caratterizzata da una forte repressione nei confronti delle organizzazioni popolari.

Tuttavia, anche il principale competitor di Peña, Efraín Alegre, non rappresentava una vera e propria alternativa. La cosiddetta Concertación para un Nuevo Paraguay era infatti egemonizzata al suo interno dal Partido Liberal Radical Auténtico, espressione degli interessi della destra tradizionale, dei signori della soia e di una parte del grande latifondo. La Concertación ha diviso la sinistra poiché il Frente Guasú, ad eccezione di un gruppo dissidente, ha aderito al programma di Alegre senza riuscire a spostarlo a sinistra, ma, anzi, finendo per essere fagocitato a sua volta da un programma tendenzialmente conservatore. Di fronte ad un programma elettorale che guardava principalmente al modelo actual predador sojero- carnìcola, è evidente che promesse come la gratuità della salute pubblica o l’istruzione gratuita risultassero delle dichiarazioni poco credibili poiché in contraddizione con il pensiero e buona parte dell’elettorato della stessa Concertación o quanto meno del Partido Liberal Radical Auténtico, il cui credo è sempre stato l’austerità fiscale.

Inoltre, la Concertación aveva rifiutato fin dall’inizio tutte le proposte del Frente Guasú, incentrate su una maggiore democratizzazione della società paraguayana e questo ha contribuito a dividere ulteriormente il Frente al suo interno, rendendo sempre sempre più difficile la stesura di un programma di vero cambiamento sociale.

In un contesto così complesso, è molto probabile che in Paraguay continuerà a prevalere uno stato capitalista dove gran parte degli studenti non avrà la possibilità economica di proseguire con gli studi superiori, gran parte dei bambini continuerà a soffrire di denutrizione e, di conseguenza, non sembra esserci futuro per le giovani generazioni.

In Paraguay, gran parte della popolazione vive in una condizione di miseria, la disoccupazione è in crescita e, come accade in molti altri paesi dell’America latina, la concentrazione della ricchezza si trova in poche mani. Gli sgomberi violenti della terra ai danni dei poli indigeni e delle comunità contadine sono all’ordine del giorno, mentre, a livello ambientale, avanzano la deforestazione e l’avvelenamento del territorio soprattutto a causa dei sojeros.

Difficilmente Peña si discosterà dal modello economico liberista. Quanto ad Alegre, si tratta della sua terza sconfitta in occasione delle presidenziali. Nel 2013 aveva dovuto riconoscere la vittoria di Cartes e, nel 2018, quella di Mario Abdo Benítez. A lasciare perplessi era stata anche la scelta di Soledad Núñez come vice di Alegre poiché quest’ultima aveva già ricoperto il ruolo di ministra proprio con lo stesso Horacio Cartes pur essendo passata, di recente, al partito centrista Encuentro Nacional, ma guardata sempre con grande sospetto dai settori di sinistra del Frente Guasú.

La composita alleanza anti-colorados, che aveva tra le sue file, per la sinistra, sia l’ex presidente Fernando Lugo sia la senatrice Esperanza Martínez, definita con enfasi “la Messi della coalizione”, non ha avuto un buon risultato elettorale soprattutto a causa delle profonde differenze al suo interno. È stato così che Peña, fino al 2015 membro di quello stesso Partido Liberal Radical Auténtico di cui fa parte adesso Alegre, ha avuto vita facile, nonostante scivoloni clamorosi come le dichiarazioni contro gli argentini che arrivano in Paraguay “senza aver voglia di lavorare”.

In questa campagna elettorale, le rivendicazioni delle donne, dei popoli indigeni e delle comunità contadine sono rimaste ai margini, se non del tutto ignorate. A sottolinearlo, in numerose interviste, María Luisa Duarte, esponente dell’Articulación Nacional Indígena por una Vida Digna e che nel 2018 si era candidata come senatrice senza però riuscire ad essere eletta.

In un paese di sette milioni di abitanti come il Paraguay, a farla da padrone è l’estrema povertà. L’85% della terrà è di proprietà di meno del 2% della popolazione e prevale l’agronegozio, mai messo in discussione non solo dai colorados, ma anche dalla stessa Concertación.

Lo scorso mese di ottobre, è stato sottoposto al governo un piano per i diritti dei 19 popoli indigeni a partire dal diritto alla terra come punto centrale, comprensivo della tutela delle terre ancestrali e della richiesta di stop agli sgomberi forzati, ma è mancata, proprio da parte delle istituzioni, la volontà politica per accogliere le richieste di cui si è fatta portatrice l’Articulación Nacional Indígena por una Vida Digna.

Nelle elezioni che hanno eletto anche 45 senatori, 80 deputati, 17 governatori e oltre duecento membri delle giunte dipartimentali, le donne a partecipare in qualità di candidate sono state poco meno di tremila, più o meno la metà degli uomini.

Già funzionario del Fondo monetario internazionale ed economista laureato all’Universidad Católica Nuestra Señora de la Asunción, Peña, tra le altre cose, ha promesso 500.000 nuovi posti di lavoro in cinque anni, garantendo inoltre maggiore sicurezza in un paese caratterizzato da un alto tasso di violenza, un aspetto, quest’ultimo, su cui aveva scommesso anche l’interminabile dittatura stronista che si era installata nel paese nel 1954 e vi era rimasta per 35 anni.

I continui riferimenti ed elogi di Santiago Peña ad Alfredo Stroessner fanno capire in che mani, purtroppo, continua ad essere il Paraguay.

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