Ecuador: autogolpe di Guillermo Lasso
«Un omicidio-suicidio, insomma, a cui, dall’approvazione, nel 2008, dell’attuale Costituzione, nessun presidente si era azzardato a ricorrere. Ma che intanto, per i prossimi sei mesi, gli consentirà di governare a colpi di decreti legge», aveva commentato solo pochi giorni fa sul quotidiano il manifesto Claudia Fanti ricordando che la muerte cruzada è stata applicata da Lasso senza alcuna base legale a meno che non possa essere considerato come tale lo scioglimento dell’Assemblea nazionale “per grave crisi politica e agitazione interna”.
In realtà, lo stato di agitazione della politica deriva dal dilagare della corruzione nell’ambito del contratto stipulato con la compagnia di trasporto petrolifero Amazonas Tankers in cui sembra essere coinvolto Lasso. L’applicazione della cosiddetta muerte cruzada, avvenuta il 17 maggio, fa seguito al processo di impeachment autorizzato dall’Assemblea nazionale il 9 maggio scorso.
L’autogolpe di Lasso è stato salutato con entusiasmo dal correismo. Lo stesso ex presidente Correa, ancora rifugiato in Belgio, ha definito la muerte cruzada un’occasione per sbarazzarsi di Lasso, ma la posizione del suo partito, l’Unión por la Esperanza, sembra essere un po’ troppo semplicistica. La strada della salida constitucional scelta da Lasso gli permetterà comunque di governare avendo le mani libere grazie alla convocazione di nuove elezioni entro sei mesi.
Lasso ha accusato l’Assemblea nazionale di essere ossessionata dalla sua presidenza, tacciandola di “voler destabilizzare la democrazia e lo Stato”, e ha sostenuto che la muerte cruzada rappresentava l’unica via d’uscita utile affinché la popolazione potesse tornare a decidere, nelle urne, il suo futuro. Lasso ha già avvisato che governerà, fino alle nuove elezioni, a colpi di decreti legge.
Definita come una frode democratica, la muerte cruzada ha rappresentato, per la politica ecuadoregna, una vera e propria bomba ad orologeria caratterizzata da Lasso, che, ancora di più, fino al 20 agosto, governerà secondo le prerogative di un presidente “forte”, in grado di disporre di un potere assoluto.
Dopo essersi allontanato anche dal suo partito, la destra del Psc (Partido Social Cristiano), Lasso sperava comunque di trovare, all’interno dell’Assemblea nazionale, un numero di parlamentari che lo sostenessero, ma aveva fatto male i conti.
Considerato dalla maggioranza della popolazione come un pessimo presidente, soprattutto per l’evidente assenza dello Stato nei campi della salute, dell’istruzione e del diritto al lavoro, con una crescente insicurezza dei cittadini di fronte al dilagare della violenza della criminalità organizzata, Lasso potrà approfittare comunque della situazione di desgobierno per governare con la mano dura e gettare le basi affinché, nelle urne, gli ecuadoregni votino per un uomo forte al comando, pronto a scatenare la repressione contro le organizzazioni sociali e ad attuare politiche che di certo non privilegeranno i più poveri.
Grazie all’applicazione della muerte cruzada Lasso è riuscito ad eludere il giudizio elettorale e, in un’intervista rilasciata al Washington Post si è affrettato a dire che non si ricandiderà a Palacio de Carondelet.
Tra i primi ad annunciare la candidatura in vista delle presidenziali del prossimo 20 agosto vi è stato Fernando Villavicencio che, in un video pubblicato su Twitter, ha garantito il suo impegno per la giustizia e la pace contro le mafie.
Sembra probabile anche la partecipazione di Yaku Pérez, candidato indigeno sul quale però, in occasione delle precedenti presidenziali che poi si conclusero con la vittoria di Lasso, l’opinione delle sinistre e delle stesse organizzazioni indigene era molto controversa.
Andrés Arauz, ex ministro di Correa, potrebbe di nuovo presentarsi alle presidenziali, pur avendo dichiarato che la sua priorità non è necessariamente la candidatura a Palacio de Carondelet, dopo aver perso le elezioni nel 2021 proprio a vantaggio di Lasso. Lo stesso potrebbe fare anche Carlos Rabascall, che sarebbe stato vicepresidente di Arauz nel 2021 nel caso in cui avesse vinto, ma, stavolta dovrebbe guardare più verso la Conaie, da tempo in rotta con il correismo.
E ancora, guardano alle presidenziali di agosto anche Daniel Noboa, figlio dell’imprenditore bananero Álvaro Noboa, già candidato presidenziale in sei precedenti elezioni presidenziali e Otto Sonnenholzner, vicino ad un altro ex presidente del paese la cui popolarità era arrivata ai minimi storici, Lenín Moreno, traditore delle istanze popolari. Una delle opzioni del Pachakutik, movimento politico della Conaie, potrebbe invece essere Salvador Quishpe.
Una cosa è certa: dal punto di vista politico, in Ecuador, i prossimi mesi si preannunciano molto movimentati.
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