Latina

Il 19 novembre ballottaggio con il peronista Sergio Massa

L'Argentina respinge Javier Milei

Al primo turno delle presidenziali il candidato di estrema destra non sfonda.
24 ottobre 2023
David Lifodi

L'Argentina respinge Javier Milei

Dopo il primo turno delle presidenziali argentine di domenica scorsa si può affermare, a buon diritto, che il pericolo è, almeno momentaneamente, scampato.

Javier Milei (La Libertad Avanza, destra radicale) non ha stravinto, come molti temevano, annunciando una sorta di tempesta perfetta sull’Argentina, ma si è fermato al 30% dei consensi, quanto basta per contendere la Casa Rosada al peronista di centrosinistra Sergio Massa (Unión por la Patria), protagonista di una clamorosa, quanto inattesa, rimonta che lo ha portato a guadagnare il 36% dei voti.

Saranno quindi Milei e Massa a sfidarsi al ballottaggio previsto il prossimo 19 novembre.

Molto staccata, nella sfida tra estrema destra e destra, la macrista Patricia Bullrich (Juntos por el Cambio), fermatasi al 23,84%, ma il cui elettorato potrebbe risultare decisivo in vista del secondo, e decisivo, turno.

Si trattava di elezioni molto temute soprattutto perché Massa, nonostante le evidenti differenze con Milei, a partire dal rifiuto di condividere slogan quali Sálvese quien pueda” e dalla netta opposizione al commercio libero delle armi più volte evocato dal candidato di ultradestra, era più un candidato della classe media che di quelle popolari, le quali, probabilmente, in mancanza di una figura di spicco della sinistra sociale (Miriam Bregman, del Frente de Izquierda y de Trabajadores-Unidad, ha raccolto il 2,65% dei voti e per la prima volta saranno ben 5 i deputati eletti al Congresso) si sono recate comunque alle urne con un sentimento comune, quello antifascista.

Un altro aspetto molto positivo riguarda la rielezione di Axel Kicillof nella provincia di Buenos Aires, dove l’ex ministro dell’Economia del triennio 2013-2015 già governava e che ha rappresentato un baluardo di fronte alla pericolosa avanzata di Milei.

Tuttavia, Javier Milei non si presenta al ballottaggio rassegnato a perdere. Oltre alle sue provocazioni contro il kirchnerismo, l’”anarco-capitalista” sa benissimo che gran parte dell’elettorato di Bullrich voterà per lui poiché appartiene ad una destra non moderata, come molti quotidiani, anche in Italia, hanno scritto, ma altrettanto pericolosa.

Nei giorni che ci separano da qui al 19 novembre, Milei farà di tutto per far dimenticare agli elettori di destra di Bullrich che, all’epoca della presidenza Macri, dal 2015 al 2019, fu il prestito di 44 milioni di dollari del Fondo monetario internazionale, il più alto mai concesso da questa istituzione, a mettere in ginocchio l’economia argentina.

Alcuni dati di queste presidenziali: nella provincia di Buenos Aires, Massa ha raggiunto il 43% dei voti contro il 26% di Milei e il 24% di Patricia Bullrich. Anche nel Conurbano bonaerense e nella Gran Buenos Aires Javier Milei non è riuscito a sfondare, grazie anche ai principi definiti non negoziabili da Kicillof e condivisi, almeno a parole, da Massa: «la dignidad no es un negocio», «los derechos no dependen de la ganancia», «la libertad solo se alcanza cuando hay igualdad de oportunidades», «nuestra vida no es un mercado» y «la patria no se vende».

L’esito del primo turno rappresenta, quindi, un buon viatico per Massa in vista del 19 novembre, soprattutto perché negli ultimi otto sondaggi realizzati nel mese di ottobre, prima del voto, sette indicavano Javier Milei come il più votato mentre, per l’ex ministro dell’Economia la strada sembrava essere tutta in salita, soprattutto perché veniva identificato come corresponsabile della crisi economica.

L’odio di Milei, caratterizzato dal mantra“Podemos sepultar al kirchnerismo”, condiviso dalla stessa Patricia Bullrich, la lady di ferro coinvolta, il 1° agosto 2017, nel caso della morte dell’attivista per la causa mapuche Santiago Maldonado quando era ministra della Sicurezza di Mauricio Macri e dietro la violenta repressione scatenata dalla polizia, ma accusata dal leader di La Libertad Avanza, di aver militato, in gioventù, nella guerriglia montonera, definendola “montonera tirabombas”, adesso dovrà rivolgersi verso altri bersagli, se vorrà ottenerne il sostegno.

Nonostante dichiarazioni ad effetto, compresa la provocazione sulla necessità di rompere le relazioni anche con il Vaticano, in caso di elezione alla Casa Rosada, e la sua costante volontà di proporsi come candidato anticasta, per vincere le presidenziali Milei seguirà probabilmente proprio la direzione opposta, quella di rivolgersi alla casta del paese.

Ecco spiegato l’improvviso interesse per Bullrich e il macrismo, tanto da utilizzare la somma dell’elettorato di La Libertad Avanza e quello di Juntos por el Cambio per sottolineare come due terzi degli argentini vogliano il cambiamento rispetto all’attuale kichnerismo, il mancato riconoscimento della vittoria al primo turno di Massa e, immancabile, la citazione biblica favorita: “La vittoria non dipende dalla quantità delle truppe, ma dalla forza che viene dal Cielo”.

A rimanere delusi, almeno per ora, dal mancato successo di Milei esponenti dell’estrema destra latinoamericana come la colombiana María Fernanda Cabal e la famiglia Bolsonaro. Massa ha chiamato alla costruzione di un governo di unità nazionale, ma, in attesa del ballottaggio, a soffrire della sempre più grave crisi economica dovuta anche all’indebitamento con il Fmi provocato da Macri sarà la maggioranza dei lavoratori a cui Milei cercherà di strappare il voto e, del resto, sarebbe sciocco ignorare come la rimonta di Massa sia dovuta più ad un fattore politico che economico.

Il timore per le minacce di Milei alla sanità e all’istruzione pubblica, la sua ostentata misoginia e le dichiarazioni di aperta simpatia con il regime militare, almeno in occasione del primo turno, non hanno avuto l’effetto del politicamente scorretto che aveva aiutato Jair Bolsonaro a vincere le presidenziali in Brasile, ma lo hanno zavorrato, comprese alcune candidature impresentabili che hanno fatto fuggire dei suoi simpatizzanti.

Se tutto ciò basterà per arginare l’arrivo dell’estrema destra alla Casa Rosada lo vedremo il 19 novembre.

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