Latina

Le organizzazioni criminali godono dell’impunità concessa da istituzioni spesso compiacenti

Messico: la necromacchina di Guanajuato

A cercare i desaparecidos sono soprattutto le donne, le Madres Buscadoras.
26 dicembre 2023
David Lifodi

Messico: la necromacchina di Guanajuato

Lo stato di Guanajuato, dal 2018, è quello dove si registra il maggior numero di desaparecidos di tutto il Messico. Sono circa 3.800 le persone scomparse che ogni giorno sono ricercate dai propri familiari, come ha scritto il giornalista italiano Fabrizio Lorusso, uno dei maggiori esperti della storia e dell’attualità messicana, nell’articolo pubblicato sul quotidiano La Jornada del 27 novembre scorso dal titolo Un lugar para la memoria en Salvatierra.

Da alcuni anni si è costituito il collettivo “Proyecto de Búsqueda”, il cui scopo è far pressione sulle istituzioni affinché sia fatta giustizia, ma, a livello statale, poco è stato fatto e, anzi, una parte significativa degli scomparsi, soprattutto nel periodo primavera-estate di quest’anno, è purtroppo composta anche da adolescenti.

A schierarsi in prima persona, rivolgendosi apertamente ai cartelli della droga di Guanajuato, vi sono anche le Madres Buscadoras, attive in seno al gruppo “Hasta Encontrarte”: più volte hanno chiesto alle organizzazioni criminali di far tornare a casa i loro cari supplicandoli di non uccidere né loro stesse né i loro familiari. Inoltre, è stato realizzato anche il video Volverte a ver, un ulteriore tentativo per evitare che il caso dei desaparecidos di Guanajuato finisca nell’oblio.

Nel disinteresse delle autorità, accusate dalle Madres di muoversi soltanto a parole, l’appello ai narcotrafficanti è chiaro: desiderano solo che i loro figli tornino a casa sani e salvi, non vogliono vendette né cercano colpevoli (“Que sepan que no buscamos culpables, no queremos tener problemas, lo único que queremos es regresarlos a casa. Les pedimos que no nos maten”). Secondo il collettivo “Hasta Encontrarte”, la responsabilità della situazione è delle istituzioni dello stato, in un contesto di sempre maggiore insicurezza e violenza che attraversa non solo Guanajuato, ma tutto il Messico.

Nello stato di Guanajuato sono molti i gruppi di ricerca formatisi spontaneamente per sostenere le famiglie che hanno almeno una persona desaparecida, in particolar modo nelle città di Celaya e Irapuato. In particolare, di fronte alla scarsa mobilitazione delle autorità, i collettivi di ricerca incollano le foto dei desaparecidos di fronte alla sede della Fiscalía Regional con alcuni dati che possano servire ad identificare gli scomparsi, a partire da una minuziosa descrizione dell’abbigliamento che indossavano il giorno della sparizione.

A lottare contro l’indolenza delle istituzioni sono principalmente le donne, la cui sfida però spesso è stata pagata cara: alcune di loro sono state uccise, tra cui Teresa Magueyal, lo scorso mese di maggio, mentre altre hanno dovuto fare i conti con frequenti minacce di morte. È stato grazie alle brigate di ricerca indipendenti che, nell’ottobre 2020, è stato individuato una sorta di centro di reclusione clandestino da cui sono emersi i resti di 80 persone provenienti da 65 sepolture illegali. La presenza, a fianco delle famiglie, di organizzazioni come Serapaz, Universidad Iberoamericana León Coalición Internacional de Sitios de Conciencia, purtroppo, serve soltanto come opera di sensibilizzazione tra la popolazione, ma non a smuovere le istituzioni.

È lo stesso Fabrizio Lorusso, sempre su La Jornada, il 6 maggio scorso, nell’articolo Guanajuato es una fosaa sottolineare le connivenze tra chi dovrebbe indagare e il crimine organizzato, dalla polizia locale a quella federale, la collusione di alcuni amministratori con i gruppi coinvolti nel traffico di esseri umani e addirittura la criminalizzazione delle vittime e dei loro familiari, utilizzando un termine significativo, la necromáquina, di cui i principali artefici sono le autorità stesse e il crimine autorizzato, oltre che organizzato, dallo Stato, per far sparire le persone nella più totale impunità.

Articoli correlati

  • Chiapas: padre Marcelo Pérez, un omicidio annunciato
    Latina
    Il sacerdote tsotsil è stato assassinato il 20 ottobre scorso dalla criminalità organizzata

    Chiapas: padre Marcelo Pérez, un omicidio annunciato

    Ispirato dalla Teologia della Liberazione, da sempre schierato a fianco degli oppressi e delle comunità indigene e contadine, aveva denunciato il legame tra narcotraffico e istituzioni e denunciato più volte paramilitari e multinazionali estrattiviste.
    26 ottobre 2024 - David Lifodi
  • Messico: Claudia Sheinbaum a Los Pinos
    Latina
    La candidata del centrosinistra diviene la prima donna alla guida del paese

    Messico: Claudia Sheinbaum a Los Pinos

    Doppiata la sua sfidante, Xóchitl Gálvez, esponente delle destre
    3 giugno 2024 - David Lifodi
  • Paraguay: Martín Almada, il cacciatore dei repressori
    Latina
    Se ne è andato a 87 anni, l’uomo che svelò gli “Archivi del terrore” e il Plan Cóndor

    Paraguay: Martín Almada, il cacciatore dei repressori

    Prigioniero della dittatura stronista dal 1974 al 1978, ha dedicato la sua vita a smascherare i torturatori che tra la metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, uccisero un’intera generazione di lottatori sociali in America latina. Grazie a lui, la memoria non si cancella.
    29 aprile 2024 - David Lifodi
  • Una motosega sull'Argentina
    Latina
    I primi mesi della presidenza Milei sono un incubo

    Una motosega sull'Argentina

    Milizie parapoliziesche, aggressioni, negazionismo in tema di diritti umani e indulto per i repressori. Lo denuncia, in un dossier, anche Amnesty International
    14 aprile 2024 - David Lifodi
PeaceLink C.P. 2009 - 74100 Taranto (Italy) - CCP 13403746 - Sito realizzato con PhPeace 2.7.26 - Informativa sulla Privacy - Informativa sui cookies - Diritto di replica - Posta elettronica certificata (PEC)