Paraguay: Martín Almada, il cacciatore dei repressori
Nato in Paraguay nel 1937, Almada si è sempre battuto per quei diritti che la rete di dittature militari creata nel continente sudamericano voleva cancellare con qualsiasi mezzo. Héroe de la resistencia e luchador imprescindible e incansable sono solo alcune delle definizioni più calzanti per un uomo che, non solo ha combattuto in prima persona contro la repressione dell’interminabile regime stronista (al potere in Paraguay dal 1954 al 1989), ma il 22 dicembre 1992 entrò nel ventre del Cóndor: il suo ingresso nel commissariato di Lambaré, città paraguayana al confine con l’Argentina, accompagnato dalla stampa nazionale e internazionale, permise di rendere pubbliche tre tonnellate di documenti, quegli “Archivi del terrore” che portò immediatamente nelle aule di giustizia.
Tra quella mole di documenti, oltre 700mila pagine, vi erano anche le prove della carcerazione e tortura dello stesso Almada che il regime stronista aveva sempre negato. Il mondo tremò: negli Archivi del terrore emerse anche il coinvolgimento nel Plan Cóndor dell’ex segretario di Stato Usa Kissinger, ideatore, insieme al dittatore argentino Videla, non solo dei sequestri e delle torture, ma anche del furto dei neonati strappati ai loro genitori in carcere e affidati a famiglie che simpatizzavano con i regimi militari. È stato grazie ad Almada che sono state rese pubbliche le responsabilità di macellai come Bordaberry, Videla e Pinochet e che il Plan Cóndor era frutto di una vera e propria operazione coordinata di contrainsurgencia promossa dai regimi militari di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay e le rispettive forze armate per lo scambio di informazioni e sequestri di persona che iniziò ufficialmente a Santiago del Cile nel 1975.
Il patto criminale tra i regimi militari del Cono Sud, in dieci anni, dal 1975 al 1985, fece circa 100mila vittime. Nato nel 1937 nel Chaco paraguayano, Martín Almada fu maestro rurale e il primo paraguayano ad ottenere un dottorato in Scienze dell’educazione all’Universidad Nacional de La Plata (Argentina). Successivamente, nel 1974, Almada fu docente universitario di Agronomia e dette vita all’Instituto Juan Bautista Alberdi, creato insieme alla moglie Celestina Pérez per permettere l’accesso all’istruzione a tutti i suoi concittadini.
Arrestato dalla dittatura stronista, che lo definì un “terrorista intellettuale”, Almada rimase nelle mani dei militari, in un centro di tortura clandestino, dal 26 dicembre 1974 al 1978. Sua moglie fu obbligata ad ascoltare telefonicamente le urla di dolore del marito durante le sessioni di tortura e costretta a ricevere i suoi abiti insanguinati e ridotti a stracci dopo ogni violenza. Celestina Pérez morì di dolore dopo dieci giorni di torture ai danni del marito, quando la dittatura le fece credere che Almada era morto. A seguito di un durissimo sciopero della fame, grazie anche alla mobilitazione di Amnesty International, nel 1978 Almada fu liberato e da Panama, dove si recò in esilio, pubblicò il volume Paraguay: la Cárcel Olvidada, el País Exiliado.
Nel 1989 Almada denunciò la sua detenzione e le torture di fronte alla polizia paraguayana, la quale ignorò la sua istanza sostenendo che non era mai stato incarcerato, ma nel 1992, accompagnato dal giudice José Agustín Fernández, grazie ad una segnalazione anonima, tra le rovine del commissariato di Lambaré, trovò non solo gli atti che testimoniavano la sua prigionia, ma anche le torture commesse dallo stronismo nell’ambito del Plan Cóndor.
Quel 22 dicembre 1992, per Almada, non sarebbe stato possibile identificare gli “Archivi del terrore” se non fosse stato per la telefonata anonima di una donna che gli disse: “Sus papeles no están en la central de Policía, están fuera de Asunción”.
Almada trascorse 1.000 giorni in carcere, vide oltre 1.200 prigionieri arrestati e torturati con accuse addirittura più surreali di quelle che avevano causato il suo arresto. Ad Almada, per aver insegnato la pedagogia di Paulo Freire, che univa le pratiche del marxismo e del cristianesimo, fu praticato lo shock elettrico ai testicoli, gli vennero bruciati gli occhi e fu obbligato a cibarsi dei suoi stessi escrementi. Altri prigionieri furono torturati per esser stati trovati con una Bibbia in mano che, secondo i militari, avevano ricevuto da teologi della Liberazione.
Annullati fisicamente e psicologicamente, i prigionieri vittime delle dittature, grazie alla loro resistenza e al ritrovamento degli “Archivi del terrore”, hanno ricevuto una parziale giustizia perché nel nostro paese, in Spagna, Francia e, negli ultimi anni, nonostante un clima comunque molto pesante, si è iniziato ad investigare sul Plan Cóndor, ma in Paraguay, terminato lo stronismo, i funzionari della dittatura passarono ad essere funzionari della democrazia e gran parte dei torturatori di allora hanno goduto della più completa impunità.
Nel 1994, Almada, che aveva creato il ramo paraguayano dell’ Asociación Americana de Juristas, in qualità di avvocato, si adoperò per portare alla sbarra i repressori a partire dal Ramón Duarte Vera, che viveva tranquillamente in Bolivia, dove ricopriva l’incarico di ambasciatore paraguayano e riuscì a farlo condannare, dopo una lunga battaglia legale, a 16 anni di carcere. La dittatura stronista fece sparire 425 paraguayani e arrestò circa 20mila persone, ma solo una decina di torturatori ha pagato per i crimini commessi.
Nonostante in Paraguay i metodi dello stronismo non siano mai stati del tutto eliminati e i pericolosi rigurgiti neofascisti che percorrono il continente, dove l’attitudine delle destre resta quella di minimizzare, se non negare, il Plan Cóndor, incontrano un certo seguito, Almada merita di stare nel pantheon dei resistenti del continente: grazie alla sua scoperta degli “Archivi del terrore” la memoria è rimasta e non è finita nell’oblio come troppi, ancora oggi, vorrebbero.
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