Messico: Claudia Sheinbaum a Los Pinos
La vittoria di Claudia Sheinbaum, non è esclusivamente quella del suo partito, e nemmeno soltanto del suo predecessore, Andrés Manuel López Obrador (Amlo), che peraltro ha giocato un ruolo senza dubbio fondamentale, perché il successo deriva dallidentificarsi nella continuità, spesso sottolineata da entrambi, del progetto politico obradorista, ma rappresenta, più in generale, la visione di un paese dove non è emerso alcun personaggio come Milei o Bolsonaro, solo per citare i nomi di due tra i più impresentabili presidenti che l’America latina abbia mai avuto.
Sigamos Haciendo Historia, la coalizione di Claudia Sheinbaum che ha vinto anche in cinque stati (Chiapas, Veracruz, Puebla, Tabasco, Morelos e Yucatan), lasciando alla coalizione di destra, Fuerza y Corazon, solo lo stato di Guanajuato (il Movimiento Ciudadano ha conquistato lo stato di Jalisco) ha trionfato in un paese fortemente militarizzato a causa della presenza, sempre più minacciosa, della criminalità organizzata.
Il candidato sindaco di un municipio del Guerrero è stato ucciso durante l’atto di chiusura della sua campagna elettorale, in Chiapas 73 seggi non sono stati aperti perché non era possibile garantire né la sicurezza dei votanti né quella degli scrutatori e, più in generale, dall’inizio del 2024, in tutto il paese, sono stati ben 37 i candidati ad una carica statale o municipale caduti sotto il fuoco delle pallottole. Raggiungere la pacificazione del paese sarà, senza dubbio la sfida principale per la presidenta. Il sessennio di Andrés Manuel López Obrador, che si chiuderà ufficialmente il prossimo 1° ottobre, è stato segnato dalla sparizione di oltre 50.000 persone, secondo i dati riportati dal Registro Nacional de Personas Desaparecidas y No Localizadas. Si tratta di un’enormità per un paese di 130 milioni di abitanti che ha vissuto, e vive tuttora, sulla propria pelle, una costante militarizzazione, soprattutto all’epoca delle presidenze paniste e priiste, ma che non si è arrestata nemmeno nei sei anni di López Obrador a Los Pinos.
Violenza, impunità e corruzione cercheranno di bloccare il tentativo di consolidamento della IV Trasformazione e del cosiddetto Estado de Bienestar a cui ha sempre cercato di guardare l’obradorismo. Tuttavia, dalla parte di Claudia Sheinbaum ha pesato la sua fama di donna incorruttibile che proviene proprio da quel movimento di trasformazione stesso promosso dal suo predecessore.
Inoltre, in tutto il paese ha suscitato grandi speranze il fatto che sarà una donna ad occuparsi della violenza di genere, un fenomeno anch’esso in spaventosa crescita, tanto grave, se non di più, della sparizione forzata e dell’aumento delle organizzazioni criminali. In questo senso, la vittoria di una donna nelle presidenziali si inserisce nel contesto di un paese che può vantare una delle legislazioni più avanzate in materia di parità di genere. Solo per fare alcuni esempi, l’Instituto Nacional Electoral è diretto da una donna, Guadalupe Taddei Zavala, al pari del Tribunal Electoral del Poder Judicial, guidato da Mónica Aralí Soto Fregoso, e lo stesso accade per Banco de México e Tesorería de la Federación, presieduti rispettivamente da Victoria Rodríguez Ceja e Elvira Concheiro Bórquez.
Di fronte alla solidità di Claudia Sheinbaum, poco ha potuto Xóchitl Gálvez che, per confondere le acque, ha cercato di insistere sulle sue origini indigene e sulla sua provenienza dalla sinistra radicale in gioventù, ma in realtà la sua base culturale è sempre stata quella del peggior panismo che, insieme al priismo e, negli ultimi anni, al perredismo, ha cercato di bloccare il Messico per inchiodarlo ad un passato senza tempo e finendo, quindi, per essere sconfitta di fronte a quello che Geraldina Colotti, nel suo articolo La IV Trasformazione alla prova delle urne, ha definito come «un progetto solido, orientato a un progressismo conseguente, capace di rimettere in campo anche riforme di struttura a favore dei settori popolari. Capace, per questo, di contrastare i numerosi attacchi dell’estrema destra, ben foraggiati dai grandi media, dalle corporazioni giudiziarie, e dai think tanks di Washington, decisi a replicare anche in Messico (dove hanno organizzato vari convegni internazionali), l’onda nera che va per la maggiore. Ma senza successo».
A Gálvez, e al suo principale sostenitore, l’ex presidente panista Vicente Fox, non è riuscito nemmeno ribaltare i sondaggi, pur continuando a pubblicare sui canali social, alla vigilia del voto, durante il silenzio elettorale, messaggi che invitavano a non votare Sheinbaum, definita talvolta dalla sua avversaria anche come “narco-candidata”, e la coalizione Sigamos haciendo historia né a sfruttare al meglio il terreno che hanno cercato in tutti i modi di prepararle organizzazioni come Usaid, foraggiatrice di organizzazioni sorte sul modello di quelle antichaviste in Venezuela, quali “Mexicanos contra la corrupción”. E ancora, nulla ha potuto nemmeno una vera e propria macchina del fango che cercava di associare Obrador al crimine organizzato e far passare l’idea, in caso di vittoria di Sheinbaum, che si trattasse di una frode elettorale.
Detto questo, adesso per Claudia Sheinbaum si apre un percorso comunque complesso. Definito come la seconda economia dell’America latina il Messico è anche un paese profondamente diseguale. Proseguire nel solco della IV Trasformazione, probabilmente, significherà anche insistere su progetti assai controversi quali il Tren Maya, su cui Obrador ha investito gran parte delle sue energie, oltre che di denaro del paese, ma fortemente contestati dai movimenti sociali, che in Messico, da sempre, ricoprono un ruolo di primo piano.
Fin dal 1° gennaio 1994, quando l’Ezln è apparso sulla scena politica messicana, tutte le elezioni, in particolare quelle presidenziali, sono state apertamente contestate e messe in discussione dagli zapatisti perché nessuno dei candidati metteva in discussione lo status quo e si impegnava davvero per i diritti delle comunità indigene.
Sheinbaum ha sostenuto, a più riprese, che proseguirà il percorso di Obrador, pur aggiustando il tiro con aspetti propri della sua visione politica. In campagna elettorale, soprattutto nell’ultimo mese, l’ancora non presidenta, riferendosi ai diritti delle donne, ha pronunciato la frase “Mai più un Messico senza di noi”. Non poteva passare inosservato, soprattutto ai più attenti osservatori della lotta zapatista e al suo linguaggio, che quelle parole sono state pronunciate dalla comandanta Ramona nell’ottobre 1996 in occasione di un discorso storico tenuto nello Zócalo di Città del Messico in cui invitava, inascoltata, la politica a riconoscere i popoli indigeni.
Le stesse parole furono riprese dalla candidata zapatista Marichuy (María de Jesús Patricio) nelle presidenziali del 2018. Se Claudia Sheinbaum ha scelto di utilizzare queste parole, dovrà inevitabilmente tenere un atteggiamento diverso, rispetto a quello di Amlo, nei confronti delle organizzazioni popolari, con le quali i suoi rapporti, soprattutto nell’ultimo periodo, sono progressivamente peggiorati, soprattutto a seguito di una serie di dichiarazioni poco felici dell’ex presidente sui movimenti sociali a causa dell’opposizione alle grandi opere e ai megaprogetti che hanno caratterizzato il governo della IV Trasformazione.
Ad attendere un cambiamento di rotta, sotto questo aspetto, sono i familiari dei desaparecidos di Ayotzinapa, i movimenti ambientalisti e le comunità indigene: con Claudia Sheinbaum a Los Pinos, non ci dovrà più essere un Messico senza di loro.
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